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 2010  marzo 22 Lunedì calendario

MA IL "PAESE DEL SOLE" SAR COSTRETTO A COMPRARE ALL’ESTERO ENERGIA SOLARE?

Il business dell’energia pulita è una torta che in Italia ha superato i 15 miliardi di euro e continua a crescere mese dopo mese. Trainato dalla determinazione tedesca e dalla necessità di ridurre il rischio di disastro climatico, il mercato delle fonti rinnovabili si espande nonostante la mancanza di politiche di largo respiro e le incertezze del governo. Tanto che ormai è diventato impossibile ignorare una domanda di buon senso, soprattutto in tempi di crisi: continueremo a parlare d’altro, ipotizzando soluzioni incerte e lontane, proiettate nello scenario post 2020, lasciando che le economie vincenti occupino oggi il mercato italiano? O creeremo un quadro di stabilità legislativa e normativa che permetterà alle nostre industrie di competere sulla scena globale aumentando in modo significativo l’occupazione?
Sembrerebbe una domanda retorica ma non lo è. Contro ogni logica di mercato, il sistema italiano rischia di fallire il decollo nel momento cruciale per colpa del mancato coordinamento nazionale. Secondo un recente rapporto della Commissione dell’unione europea, l’Italia non riuscirà a raggiungere con le politiche fin qui adottate il target del 17 per cento di energia da rinnovabili entro il 2020: dovrà comprare all’estero.
Il paese del sole costretto a diventare importatore dell’energia solare? «Una scelta del genere sarebbe assurda», obietta Massimo Daniele Sapienza, il presidente di Asso Energie Future, l’associazione delle rinnovabili nata pochi mesi fa proprio per rilanciare il settore. «Non ha senso acquistare da altri paesi l’energia che si potrebbe produrre qui, a minor costo. Il 17 per cento è un obiettivo possibile, ma bisogna smetterla con la politica dello stop and go. Abbiamo un target europeo al 2020? Costruiamo un percorso che dia questo orizzonte temporale all’industria. Boicottare il processo virtuoso sostenendo che il fotovoltaico è troppo caro significa non vedere i grandi trend di sviluppo del mercato mondiale. E ignorare semplici considerazioni aritmetiche: gli incentivi al fotovoltaico costano 1,2 euro in bolletta e ci aiutano ad agganciare il treno europeo. Il Cip 6 costa 4 euro in bolletta e da oltre 15 anni alimenta sistemi vecchi, poco competitivi e molto discutibili sotto il profilo ambientale. Possiamo spendere di meno e ottenere di più».
Secondo uno studio commissionato da Asso Energie Future, il settore delle energie rinnovabili occupa già oggi 15 mila persone, grazie ai 16 miliardi di euro investiti dai privati per costruire e mettere in funzione oltre 6 gigawatt di potenza installata: lo sviluppo di una filiera consentirebbe di arrivare a oltre 200 mila posti di lavoro stabili e duraturi nel 2020. Una prospettiva che migliorerebbe anche la bilancia commerciale perché oggi si importa energia green per oltre 4 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti: sono 1,3 miliardi di euro a carico dei consumatori italiani che pagano lo sviluppo delle rinnovabili all’estero.
Qualcosa comunque si sta già muovendo e negli ultimi anni l’Italia ha recuperato parecchie posizioni. Solo il fotovoltaico ormai ha raggiunto un gigawatt di potenza e genera, come testimonia il rapporto del Gestore dei servizi energetici, energia sufficiente a illuminare una città come Palermo (800 mila abitanti). L’eolico ha una potenza installata cinque volte superiore. E le biomasse (oggi a 450 megawatt) potrebbero avere una buona espansione in tempi rapidi riutilizzando la materia prima prodotta vicino agli impianti.
Ma che quota di mercato può raggiungere il sistema italiano? Secondo l’analisi del Centro Europa Ricerche su 100 euro investiti in fonti rinnovabili solo 25 restano in Italia. Più ottimista sulle prospettive di crescita è Gilberto Gabrielli, presidente di Tolo Energia che, attraverso una joint venture italocinese, ha deciso di scommettere sul mercato italiano: «La quota italiana del mercato nazionale delle rinnovabili sta salendo e abbiamo la possibilità di crescere ancora rapidamente. E’ un’occasione storica da non perdere perché uscire oggi di scena significherebbe essere tagliati fuori da uno dei business che traineranno i prossimi decenni. Il nodo da sciogliere è il peso della voce relativa alle pratiche autorizzative. Mentre il prezzo dei moduli fotovoltaici continua a scendere grazie alla formidabile espansione della domanda a livello globale e al continuo aumento dell’efficienza, il costo della burocrazia resta fisso e ha ormai raggiunto una percentuale anomala dell’investimento complessivo. Episodi come il blocco delle autorizzazioni per gli impianti eolici in Sicilia mostrano quali sono i reali problemi in Italia: l’industria è pronta a fare la sua parte, ma ha bisogno di regole chiare, altrimenti si rivolgerà ad altri mercati».
Fiducioso sulla capacità tecnologica del sistema italiano è anche Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che ha appena ultimato una revisione dei dati per il Solar Energy Report che si terrà il 25 marzo a Milano. Da questi calcoli risulta che la quota italiana del mercato nazionale ha raggiunto il 33, 35 per cento e la capacità di attrarre investimenti è teoricamente molto alta anche grazie agli incentivi. Ma restano due problemi che rischiano di produrre un clamoroso autogol. Il primo è la mancanza di visione che premia gli investimenti mordi e fuggi e scoraggia quelli più lungimiranti. Il secondo problema è a livello regionale: i continui blocchi delle autorizzazioni e i rinvii dell’apertura dei cantieri hanno indotto alcuni industriali italiani a spostarsi all’estero. Un peccato perché in questo modo si perde un potenziale di occupazione molto importante specialmente in un momento in cui il paese deve accelerare l’uscita dalla crisi finanziaria ed economica.