MARCELLO SORGI, La Stampa 22/3/2010, PAGINA 9, 22 marzo 2010
CAMPANIA, ESAME INCROCIATO PER LA SECONDA REPUBBLICA
Regale di don Nicola»: una vocina maliziosa, accompagnata da sorrisetti tipici da commedia dell’arte, che a Napoli sono più eloquenti delle parole, da ieri si fa strada nella gran confusione della campagna elettorale della Campania, con Puglia e Calabria una delle tre regioni simbolo su cui si misurerà l’esito del voto del 28 marzo. La vocina sostiene che sabato pomeriggio, a riempire come ai vecchi tempi la piazza Plebiscito luogo simbolo dei primi anni radiosi del bassolinismo, sia stato anche Nicola Cosentino, il potente sottosegretario berlusconiano, che avrebbe dovuto guidare la riscossa del centrodestra dopo il ventennio di centrosinistra, ma è stato azzoppato da una vecchia inchiesta di camorra.
Si sa, non corre buon sangue tra il re di Napoli Bassolino e il candidato a riceverne l’eredità, discutere della quale, tra l’altro, in una città superstiziosa come questa, fa un certo senso, essendo il titolare in piena salute. Il sindaco di Salerno De Luca, per tutti Vicienzo, e don Antonio, da sempre padre padrone di Napoli e di una macchina di consensi inossidabile, che lo ha portato a vincere due volte come primo cittadino e due volte come governatore, se ne sono dette di tutti i colori prima di ritrovarsi insieme sul palco di piazza Plebiscito, davanti a centomila persone e nella stessa sera in cui Berlusconi a Roma ne dichiarava un milione a Piazza San Giovanni.
Combinazione, due giorni prima, la visita del premier a Napoli non era stata accompagnata dallo stesso successo. Anzi, alla Mostra d’Oltremare, la sala che doveva accogliere il Cavaliere era rimasta mezza vuota. Con grande «scuorno», come dicono qui, del premier, che tante energie ha dedicato alla città ed è riuscito d’impeto a ripulirla delle montagne di rifiuti dell’epoca Bassolino. E con una sgradevole coda di accuse tra le due anime e i due leader del Pdl campano: Cosentino, appunto, che al comizio del premier s’è affacciato, ma a quanto pare non s’è sbracciato per riempire con i suoi fedelissimi la sala che doveva accoglierlo. E Italo Bocchino, il vicecapogruppo alla Camera braccio destro di Fini, che è stato visto fotografare con il cellulare (e presumibilmente spedire in giro con mms) le foto delle poltrone vuote di fronte a cui il Cavaliere, furente, aveva dovuto parlare.
Certo, da questo a dire che Cosentino, in odio a Bocchino che ha silurato la sua candidatura alla Regione, intronando al suo posto l’esangue ex ministro Stefano Caldoro, possa arrivare a dare una mano al centrosinistra, ce ne corre. Ma il solo fatto che se ne parli, così come si dice che il sostegno di Bassolino a De Luca non sia affatto scontato, dà l’idea di cosa si muove dietro la partita di queste elezioni in Campania.
Sulla carta, Caldoro ha la vittoria in tasca. I voti delle liste dei partiti che lo sostengono bastano per assicurargli una larga maggioranza, anche se nel confronto diretto con De Luca il vantaggio si riduce, e il sindaco di Salerno lo insegue più da vicino. Se Caldoro vince, come tutti prevedono, i due astri della politica partenopea - quello declinante di Bassolino e quello fino a poco fa sorgente di Cosentino - tramonteranno insieme, simultaneamente. Se invece vince De Luca, sarà l’era Bassolino a chiudersi repentinamente dopo vent’anni, mentre Cosentino potrà godere della sconfitta insieme di Caldoro e Bocchino. In altre parole Bassolino e Cosentino hanno tutto l’interesse a trovare un accordo, conveniente per entrambi, che possa danneggiare i rispettivi (e sgraditi) candidati delle loro due parti e assicurare a loro stessi un futuro meno incerto.
Qui il gioco si fa interessante. Complice la legge elettorale locale riformata da Bassolino negli anni della sua gestione, gli elettori della Campania possono esercitare il panachage, votare cioè per una coalizione di un segno e per un candidato di un segno diverso, oppure scegliere, all’interno delle stesse coalizioni, candidature di bandiera o di disturbo. A sinistra, accanto a De Luca, corrono come aspiranti governatori il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero e Roberto Fico, esponente del movimento di Beppe Grillo. A Destra, con Forza Nuova (vicina alla Mussolini), c’è Michele Antonio Giliberti. Naturalmente non si tratta di sovvertire un risultato che in massima parte, è sperabile, saranno gli elettori a determinare. Ma di far sentire, con spostamenti di voti accorti, localizzati e riconoscibili sul territorio, che in Campania è impossibile vincere contro Bassolino e Cosentino. Non si potrà mai provare che, in questo, don Antonio e don Nicola abbiano stretto un patto. Ma se si metteranno di traverso, si vedrà, eccome, sia al momento dei risultati, sia dopo, quando Bassolino potrebbe candidarsi per la terza volta a sindaco di Napoli e Cosentino, superati i suoi guai giudiziari, riprendere il dominio effettivo della Regione.
Dopo tanto parlare, inutilmente, della Puglia come laboratorio, occorrerà dunque prestare attenzione, il 29 marzo, all’indomani delle votazioni, all’esperimento napoletano. Il futuro della Seconda Repubblica e del berlusconismo, e forse la loro fine prossima, passano di qui.