varie, 23 marzo 2010
CIBO BIOLOGICO
(Voce Arancio).
«Mangiare è un atto agricolo» (Wendell Berry).
Nel 2009, un italiano su due (56%) ha acquistato prodotti biologici almeno qualche volta (+4% rispetto al 2008).
Da uno studio pubblicato dalla rivista Vie del Gusto è risultato che il 67% degli italiani ha iniziato ad acquistare «bio» perché se ne parla spesso in Tv o sui giornali, cosa che lo ha reso in qualche modo «di tendenza». Solo il 17% sa definire con esattezza cosa sia il biologico. Il 19% e’ convinto che si tratti di alimenti per vegetariani, il 16% che siano prodotti per chi soffre di intolleranze alimentari e il 13% ritiene che contengano un più alto tasso nutritivo.
Sempre più persone sono propense ad acquistare "bio": il 37%, se ne ha la possibilità, sceglie sempre questi prodotti convinto di una loro maggiore salubrità (38%) e un sapore che in altri prodotti non si trova più (15%). Un intervistato su tre (31%) li ritiene un aspetto imprescindibile per uno stile di vita sano e il 23% li considera un vero e proprio strumento per tenersi in forma.
Sei consumatori su dieci vorrebbero più chiarezza sulla provenienza degli alimenti. Uno su due esprime il dubbio che sia veramente biologica e teme che a volte si possa trattare dell’ennesima frode alimentare. Uno su tre è convinto della sicurezza alimentare di questi prodotti. Scoraggiano l’acquisto bio anche la reperibilità dei prodotti, che non sempre si trovano nei normali supermercati (69%) e il loro prezzo, maggiore rispetto a prodotti non provenienti da agricoltura biologica (28%).
« inevitabile. Tutta la filiera è molto più cara. Far crescere la frutta e la verdura senza l´aiuto della chimica è più complicato e la resa è minore. La rete distributiva, per i volumi ancora scarsi, ha tariffe salate. In media direi che alla fine siamo almeno al 50% in più. In ogni caso negli ultimi anni i nostri prezzi si sono allineati verso il basso e comunque non sarà mai possibile far pagare un prodotto bio come uno tradizionale» (Fabio Brescacin, ad di Ecor NaturaSì).
«Mi preoccupa già da parecchio tempo la tendenza elitaria nel biologico […]. Ma in qualunque modo si arrivi alla produzione di buon cibo è sempre meglio che niente: quindi se i ricchi mangiano bene stanno comunque imparando qualcosa. Oggi ci piace il pane bianco perché l’elite lo ha imposto: possiamo solo sperare che l’elite in futuro inizi a preferire il pane integrale» ( Wendell Berry).
«Alla fine degli anni ’80, quando abbiamo fondato il gruppo Mother and Other for Pesticides Limits e lottavamo per introdurre cibi biologici e locali nei supermercati, quello che dicevamo era inconcepibile per tanta gente» (Meryl Streep).
Dal 16 Aprile al 16 Maggio Aiab organizza in tutta Italia Primaverabio 2010. Il tema di quest’anno sarà: la fiducia del consumatore verso il biologico.
La dicitura ”biologico” può essere utilizzata solo per alimenti con almeno il 95% degli ingredienti proviente da produzione biologica. Attualmente l’applicazione del logo UE è facoltativa, ma dal 1° luglio 2010 tutti gli alimenti biologici prodotti e commercializzati in Europa dovranno essere indicati obbligatoriamente con il nuovo simbolo UE: una Eurofoglia con dodici stelle bianche su fondo verde con al centro una cometa. Il nuovo ed il vecchio simbolo potranno coesistere per altri due anni, dal 2010 al 2012.
Il regista Bigas Luna nella sua casa di campagna, a Tarragona, coltiva un orto biologico. «Condivido l’ idea di un’ alimentazione trasparente e semplice, dove so esattamente cosa sta entrando nel mio corpo».
Secondo una ricerca Ismea sugli acquisti domestici di prodotti biologici confezionati, il mercato del bio nel 2009 è cresciuto in Italia del 6,9% (+5,2% rispetto al 2008) e le migliori performance di mercato le hanno registrate l’ortofrutta fresca e trasformata (+26,6% in valore) e le uova (+21,8%). Gli acquisti di bevande e pane sono cresciuti a ritmi più contenuti (rispettivamente del 5,7% e del 8,7% ), mentre i prodotti lattiero caseari hanno subito una flessione dell’1,9%.
A livello geografico il consumo bio resta una caratteristica del Nord Italia, dove si concentra più del 70% degli acquisti nazionali (il 43,1% nel Nord-Ovest e il 27,9% nel Nord-Est). Il Centro, inclusa la Sardegna, e il Meridione rappresentano rispettivamente il 21,6% e il 7,5% del totale.
«Malgrado la crisi economica, il biologico è uno dei pochi settori che, invece di cadere in recessione, continua a crescere con un giro d’affari intorno ai 3 miliardi di euro. L’Italia tuttavia non consuma quanto produce e buona parte dei suoi prodotti sono destinati all’esportazione» (Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente).
L’ Europa è il primo mercato mondiale per i prodotti bio, seguita dagli Usa. La classifica delle coltivazioni biologiche è guidata dall’ Australia con 12 milioni di ettari mentre l’ Italia, con una superficie bio pari a circa un milione di ettari, occupa il sesto posto a livello mondiale ma il primo a livello europeo. Siamo i primi produttori al mondo di ortaggi, olive, uva, cereali e agrumi biologici.
L’Italia detiene anche il primato per numero di imprese agricole biologiche: 49.859, un terzo del totale europeo. Ma i nostri consumi interni si collocano solo attorno al 3% della spesa alimentare complessiva, contro un 20% di Svizzera, Germania, Paesi scandinavi.
L’Italia esporta prodotti bio per un valore di circa 900 milioni di euro.
Nell’e-commerce il settore bio è cresciuto del 39%. Molte aziende agricole si sono organizzate per la vendita online e il servizio a domicilio. Nel Nord Italia, Bioexpress consegna un totale di 4.000 cassette a settimana. La rotazione dei prodotti in magazzino è al massimo di un paio di giorni e dalla confezione della biocassetta al suo arrivo a casa passa solo un giorno. Tre le tipologie di cassette offerte: frutta, verdura o mista. E tre formati: single (3-4 kg), media (6-7 kg), grande (9-12 kg). Prezzi: dai 15 ai 33 euro. Esiste anche una ”cassetta d’ufficio” con una selezione di frutta e verdura pronta per il consumo: dai 18 ai 38 euro. Per i consumatori il risparmio è doppio: di tempo, perché la spesa arriva direttamente a casa, e di soldi, perché si spende il 25-30% in meno rispetto ai negozi specializzati.
Officinae Bio consegna 800 cassette settimanali nella zona di Roma centro. L’azienda agricola Il Cornale serve 750 famiglie in Piemonte, Val d’Aosta, Liguria e Lombardia. Bio Kistl (bio cassetta in tedesco) consegna 3.500 cassette in tutto il Trentino-Alto Adige. Mangiocarnebio-Mangiotuttobio di Bologna è arrivata a 2.700 consegne l’anno.
Carla Signoris dice che il marito Maurizio Crozza è fissato con il cibo biologico: «Compra solo polli che hanno corso nell’aia, muscolosi, tosti da impazzire. Io e i bambini preferiamo quelli del supermercato».
Secondo la Organic Services, i prodotti bio si acquistano sempre più al supermercato e nei discount, dove costano meno. In Svezia, Danimarca, Svizzera, Gran Bretagna, Austria e Germania è la grande distribuzione a trainare le vendite di prodotti bio, con percentuali tra il 49% ed il 90% del totale. In Italia e Spagna si preferiscono i negozi specializzati (rispettivamente il 55% ed il 75% delle vendite).
Escludendo i negozi specializzati, nel 2009 gli ipermercati hanno registrato un incremento delle vendite di prodotti biologici del 14,7%, i supermercati del +1,5% (Dati Ismea).
In Italia, la catena specializzata più importante è NaturaSì. Fondata nel 1992, vende oltre 4000 prodotti ”bio” in 74 punti vendita (più due in Spagna).
Nel 1994, Marco Columbro, di ritorno da viaggio in Tibet, ristrutturò un casale in Toscana. Da allora coltiva grano, ulivi e ortaggi e produce pasta e olio biologici.
I ristoranti italiani con menù bio sono passati dai 174 del 2007 ai 228 del 2009 (esclusi gli agriturismi). Sempre più presenti al nord, dove si trovano 137 ristoranti (48 nella sola Lombardia), pari al 60% del totale, seguito dal centro con 70 (31%) e da sud e isole con 21 (9%). Le Marche guidano la classifica per densità con 1,4 ristoranti ogni 100.000 abitanti, contro la media nazionale di 0,4. Seguono l’Emilia-Romagna a quota 0,9 e la Valle d’Aosta a 0,8.
La First Lady, Michelle Obama, ha creato, nel giardino della Casa Bianca, un orto biologico, con frutta e verdura fresca, coltivate senza additivi chimici e fertilizzanti. Anche Thomas Jefferson coltivava le verdure da solo.
Nel 2009, un milione di bambini ha consumato pasti biologici nelle scuole. Delle 791 mense che hanno servito biologico (il 14% in più rispetto al 2008), il 71% è nelle regioni settentrionali e il 20% al Centro (Dati Biobank). Le prime quattro Regioni per ristorazione bio (Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto e Friuli) rappresentano, da sole, il 65% del totale.
All’ospedale Cardinal Massaia di Asti, da quando vengono servite pietanze bio, si sono ridotti i tempi medi di degenza dei pazienti, che costano all’ospedale 500 euro al giorno cadauno (Fonte: Aiab).
«In tanti anni non ho mai visto un solo studio, con tutti i crismi, su una rivista scientifica internazionale che documentasse i presunti vantaggi del biologico. Inoltre, sui prodotti biologici i controlli lasciano a desiderare, molto più che su quelli tradizionali» (Prof. Renzo Pellati, Società italiana di scienza dell’alimentazione).
Le aziende biologiche vengono ciclicamente ispezionate da uno degli Organismi di controllo autorizzati: Bios, Icea, Boagricert, Ecocert,…. Nell’ agricoltura bio è vietato l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi (fertilizzanti, diserbanti, insetticidi,…) e di Ogm (soglia massima dello 0,9% per la contaminazione accidentale), mentre gli animali devono avere accesso permanente al pascolo all’aperto, essere nutriti con foraggio al 100% biologico e non assumere ormoni per la crescita.
La Food Standard Agency (Fsa), l´organismo ministeriale incaricato di tutelare la sicurezza alimentare inglese, ha affermato che il cibo biologico non ha alcuna qualità positiva che lo distingua dal cibo ”ordinario”, ottenuto usando prodotti chimici. I prodotti biologici sono in media più acidi e questo li rende più saporiti. «Ma questa piccola differenza di acidità ha a che fare con il gusto, non con la salute. Si può preferire il cibo biologico, pagandolo di più, perché lo si trova più saporito, oppure perché si ritiene che faccia meno danno all’ambiente in quanto prodotto senza sostanze chimiche. Ma non c’è prova che faccia meglio alla salute del consumatore» (Alan Dangour, direttore scientifico).
« una ricerca limitata e un po’ miope. I pesticidi, è provato, provocano serie conseguenze a lungo termine come l´Alzheimer e nel breve sono dannosi per i bambini. Di più: i danni ambientali di allevamento e agricoltura convenzionali non sono quantificabili nutrizionalmente. E non vengono quindi calcolati nello studio della Fsa» (Federico Bertazzo, greeenplanet.net).
Altroconsumo ha esaminato diversi prodotti bio e altri convenzionali, come latte, yogurt, biscotti e confetture, presenti nei supermercati. «Abbiamo valutato la qualità degli ingredienti ma anche la presenza di eventuali residui di farmaci, come gli antibiotici, pesticidi o muffe. I risultati dicono che non sempre gli alimenti con la certificazione bio sono migliori degli altri. Abbiamo riscontrato a volte grassi di cattiva qualità, come olio di palma, troppi sali e zuccheri, troppi additivi e qualche tracce di insetticida», ha detto il presidente Paolo Martinello.
Bruce Ames, ricercatore americano, ha calcolato che il 99,9% delle tossine che ingeriamo deriva dalle piante stesse e non dai prodotti usati in agricoltura.
Senza fitofarmaci e pesticidi di sintesi, il vegetale biologico produce, come difesa, maggiori quantità di tossine naturali. Ad esempio, il limonene che dà il caratteristico sapore acido a certi agrumi o la capsaicina che conferisce il gusto piccante al peperoncino, rendono inappetibili i frutti a insetti, vermi, uccelli e roditori.
Cereali, legumi, patate, verdure, frutta, erbe aromatiche, e perfino basilico e peperoncino, contengono ciascuno da 1.000 a 10.000 sostanze chimiche naturali, che non solo non sono nutritive, ma addirittura tossiche.
Le tabelle dell’International centre for pesticide safety (ICPS), un ente di controllo dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), mostrano che in laboratorio nessuno dei princìpi chimici impiegati negli antiparassitari di ultima generazione, al contrario di alcuni pesticidi naturali, appartiene alla classe 1, nella quale cadono quelli sicuramente cancerogeni per l’uomo.
«La scienza un giorno dice una cosa e il giorno dopo sostiene l´opposto. La realtà racconta un´altra storia. Chi comincia a mangiare prodotti bio non torna più indietro. Studi o non studi. Si accorge a livello organolettico della differenza abissale con l´alimentazione convenzionale» (Fabio Brescacin, ad di Ecor NaturaSì).