Serena Riselli, Il Sole-24 Ore 22/3/2010;, 22 marzo 2010
OGNI DIECI DOMANDE SOLO UN’ADOZIONE ARRIVA AL TRAGUARDO
L’adozione è una scelta di vita. Il percorso da completare, però, è complesso e caratterizzato da tempi lunghi. Nei procedimenti per i bambini sul territorio italiano, solo il 13% delle domande di adozione si concretizza. Alle cifre corrispondono una serie di fattori che vanno dalle garanzie a tutela del minore alla scelta delle coppie adottanti, fino alle differenze tra adozione internazionale e nazionale.
«L’Italia è, tra i paesi europei, lo stato che accoglie il più alto numero di bambini dal maggior numero di paesi del mondo- spiega Melita Cavallo, presidente del tribunale dei minori di Roma - : siamo presenti in 87 paesi con 72 enti autorizzati ed accreditati. Sono stati adottati dall’estero nel 2009 ben 3.964 minori. Nell’adozione nazionale, invece, il numero è esiguo, ma non possiamo dire che sia basso o alto perchè mancano termini di confronto». La spiegazione secondo la Cavallo, è un’altra: «In quasi tutti i tribunali si sono ridotte le dichiarazioni dello stato di adottabilità perché si attende la "documentata" prova della irrecuperabilità dei genitori e deiparenti entro il quarto grado che hanno rapporti significativi, per acquisire questa prova è necessario molto tempo e spesso si giunge a definire lo stato di adottabilità quando il bambino è divenuto un ragazzino».
In parlamento, sono 13 le proposte legge presentate nella legislatura sulle adozioni. In buona parte, mirano a semplificare le procedure e a ridurne i tempi. L’impostazione non mette tutti d’accordo:«L’obiettivo è condivisibile - afferma Luciano Spina, giudice del tribunale per i minori di Trento- purchè non si prendano delle scorciatoie rispetto alla necessità di preparazione delle coppie all’adozione e allaverifica dei loro requisiti materiali ed affettivi da parte dei servizi e dei tribunali per i minorenni. Non ci si può permettere di esporre il bambino che va in adozione a situazioni di ulteriore sofferenza e di rischio di nuovo abbandono». Garanzie che valgono anche per le adozioni internazionali, come spiega Carlo Giovanardi, sottosegretario alle Politiche per la famiglia: «Gli altri Paesi del mondo si fidano della serietà con cui l’Italia seleziona le coppie adottanti. Rendere più debole queste procedure potrebbe significare scoraggiare alcuni di questi Stati. Inoltre, i Paesi terzi sono sempre più esigenti nei confronti delle caratteristiche che devono avere le coppie adottanti».
Altro aspetto delicato è la possibilità per l’adottato non riconosciuto alla nascita di accedere alle informazioni sulle proprie origini. In commissione giustizia alla Camera, è in corso di esame la proposta 2919 (firmata da Maurizio Paniz del Pdl) che prevede il pieno diritto dell’adottato che ha compiuto 40 anni di età a ricevere ogni informazione sulla sua origine e sull’identità dei suoi genitori biologici. Questo aspetto confligge, però, con il diritto della madre biologica di non riconoscere il figlio e di mantenere il segreto sulle proprie generalità. Marisa Persiani, psicoterapeuta e giudice onorario presso il tribunale per i minorenni di Roma, intravede dei rischi: «Per tutelare un diritto potenziale dell’adottato, si va a calpestare quello di chi poi ha il potere assoluto di decidere se mettere al mondo quel bambino ». Dello stesso avviso anche Melita Cavallo, che lancia un’idea: «In tutti i centri nascita un addetto del settore sanitario o sociale potrebbe chiedere alla donna che intende partorire in anonimato di dichiarare l’età, la nazionalità e di riferire le eventuali patologie personali o familiari e anche le motivazioni dell’abbandono, perché un giorno possano essere rese note al figlio divenuto maggiorenne».