Francesco Alberoni, Corriere della Sera 22/03/2010, 22 marzo 2010
AMORE ETERNO AL CAPO (BASTA NON FREQUENTARLO)
Ci sono sempre state due correnti di pensiero sul ruolo delle passioni nella formazione della società tanto a livello collettivo come nella coppia. Una corrente sostiene che la società si forma per contratto e che la passione può solo confondere e turbare. Per Hobbes gli uomini lottano l’uno contro l’altro e pongono fine alla violenza solo decidendo razionalmente di assegnare il potere a un sovrano in cambio di pace e ordine. Tutti i politologi di scuola anglosassone sostengono che gli esseri umani si consorziano in base a un calcolo di costi-benefici. Quando agiscono spinti dalle passioni creano mostri politici.
I grandi sociologi Pareto, Durkheim e Max Weber invece hanno messo in evidenza che anche le passioni hanno una forza costruttiva. Weber ci ha spiegato che il «capo carismatico» è amato dai suoi seguaci e unifica il gruppo con un messaggio di fede e di speranza. Sviluppando questo concetto io ho sostenuto che tutte le chiese, i partiti, i sindacati si formano nel crogiuolo emotivo dei movimenti collettivi da cui emergono insieme il gruppo e il capo. Poi il movimento diventa istituzione.
Nel caso della coppia Rousseau, De Rougemont, Sartre, Fromm e quasi tutti gli psicologi americani contemporanei diffidano dell’innamoramento, che considerano una illusione. Mentre Shakespeare, Stendhal, Manzoni, Jung, Roland Barthes ritengono che l’innamoramento crei un legame forte che può durare a lungo. Io nel libro «Innamoramento e amore» ho mostrato che si tratta dello stesso processo movimento-istituzione.
Allora possiamo dire che nei movimenti collettivi i seguaci si innamorano del loro capo carismatico? In un certo senso sì, lo amano appassionatamente, lo idealizzano e alcuni sono perfino pronti amorire per lui. Pero è un amore a distanza, senza rapporto personale. Per questo può durare più a lungo dell’innamoramento in cui, nel rapporto reale ci può essere una delusione, una incomprensione che lo incrina, lo fa finire. Ma sono solo i seguaci lontani che provano per il loro capo questo amore tenace e idealizzato. Quelli che gli stanno vicino gli trovano debolezze e difetti. Napoleone diceva che tutti i suoi marescialli erano convinti di essere più bravi di lui. Molti pensano di poter prendere il suo posto. Ma è una illusione. I milioni di seguaci lontani continuano ad amare solo il loro capo, gli perdonano tutti gli errori, perfino la sconfitta. I francesi si sarebbero tenuti Napoleone. Non l’hanno fatto solo perché gli inglesi lo hanno relegato a Sant’Elena.
Francesco Alberoni