Ranieri Polese, Corriere della Sera 21/03/2010, 21 marzo 2010
BACHMANN, LA FOLLIA DI UNA STRANIERA - L’
autore Hans Höller, nato nel 1947, è docente all’ università di Salisburgo. autore di una monografia su Thomas Bernhard e ha scritto numerose opere su Ingeborg Bachmann. Mercoledì esce da Guanda «La follia dell’ assoluto. Vita di Ingeborg Bachmann» (traduzione di Albesano e Cappelli, pp. 224, 18) I libri Della Bachmann sono disponibili da Adelphi «Il libro Franza», «Il trentesimo anno», e «Malina». Guanda ha pubblicato «Poesie» e «Non conosco mondo migliore». Edt ha pubblicato «Lettere da un’ amicizia», il carteggio con Henze Q uando è morta, il 17 ottobre 1973, nell’ ospedale Sant’ Eugenio di Roma, Ingeborg Bachmann aveva compiuto da poco 47 anni. Le «cause di morte» furono le ustioni riportate nella notte fra il 25 e il 26 settembre, per il fuoco appiccato da una sigaretta rimasta accesa, nell’ appartamento di via Giulia 66. «In realtà a distruggerla - ha scritto Thomas Bernhard - è stato, com’ è naturale, solo il mondo che la circondava e, in sostanza, la meschinità del suo paese d’ origine, dalla quale era stata perseguitata passo dopo passo anche all’ estero, com’ è accaduto a tanti altri». Autrice di due raccolte di liriche - Il tempo dilazionato e Invocazione all’ Orsa Maggiore - giudicate tra le più alte espressioni poetiche del dopoguerra, la Bachmann lasciava due libri di racconti, Il trentesimo anno e Tre sentieri per il lago, e il romanzo Malina oltre ad alcuni saggi e tre libretti per le musiche dell’ amico compositore Hans Werner Henze. Rimaneva incompiuto il progetto «Todesarten» (Cause di morte), a cui appartiene Il libro Franza, pubblicato postumo. Desiderava essere sepolta nel Cimitero dei protestanti, a Roma, vicino a Keats e a Byron. Ma la famiglia volle che le sue spoglie fossero tumulate a Klagenfurt, il capoluogo della Carinzia, dov’ era nata il 25 giugno 1926. La città di cui, in una lettera del 1970, lei aveva scritto: «Si dovrebbe essere soltanto e unicamente uno straniero per riuscire a sopportare un luogo come K. più a lungo di un’ ora, o per vivere qui per sempre. Soprattutto non sarebbe lecito essere cresciuti qui ed essere io, e poi ritornarci ancora». Scrittori e intellettuali andavano a Klagenfurt, città natale di Musil, in pellegrinaggio sulla tomba della poetessa: il primo è stato, pochi giorni dopo il funerale, Uwe Johnson che ha raccontato il suo tributo all’ amica nel bellissimo Viaggio a Klagenfurt. Sedici anni dopo toccherà a Pier Vittorio Tondelli. Sulla tomba, dicono, ci sono sempre fiori freschi. L’ ombra del nazismo. La biografia di Hans Höller che appare ora in Italia, da Guanda, con il titolo La follia dell’ assoluto, ci presenta, ad apertura di libro, un episodio del giugno 1945. Ingeborg ha diciannove anni. Un soldato inglese dell’ esercito di occupazione la interroga sulla sua appartenenza al Bund Deutscher Maedel, la Lega nazista delle ragazze tedesche. Turbata, non riesce a rispondere. Solo quando le viene chiesto se è stata Fuehrerin, lei risponde: No. In effetti, dalle pagine del suo diario risalta l’ immagine di una ragazza che odia i nazisti e la guerra che hanno scatenato. Il padre Matthias Bachmann, insegnante, era un nazista della prima ora. In un’ intervista del dicembre 1971 la Bachmann dice: «C’ è stato un momento preciso che ha distrutto la mia infanzia. L’ entrata delle truppe di Hitler a Klagenfurt. Fu qualcosa di così orrendo che il mio ricordo inizia con questo giorno, con un dolore troppo precoce, così intenso come forse dopo non l’ ho più provato». Su tutto grava l’ equivoco profondo dell’ Austria, dichiarata «prima vittima della Germania hitleriana», una mezza verità che ha consentito al paese di evitare i conti con il passato e agli ex-nazisti di mascherarsi da vittime. Almeno fino agli anni ’ 80, quando la polemica internazionale sul presidente Waldheim costrinse gli austriaci a rivedere la loro storia. Da questa ambiguità nasce l’ insofferenza di molti scrittori austriaci, Bernhard, Handke, la Jelinek, per il loro paese. Molti scelgono di andare a vivere all’ estero, tra cui la Bachmann. A Roma, a Roma. Nel ’ 52, con la sorella Isolde, fa il primo viaggio in Italia. Ci torna l’ anno dopo, per trovare l’ amico Hans Werner Henze che vive a Ischia. Da lì si trasferisce a Roma, dove resterà fino all’ autunno del ’ 57. In Italia compone le liriche di Invocazione all’ Orsa Maggiore. Da Roma collabora con Radio Bremen e con un quotidiano di Essen. Nelle sue corrispondenze, firmate con lo pseudonimo Ruth Keller, si occupa dei governi democristiani, dell’ opposizione del Pci, della questione di Trieste, della Lollobrigida, dell’ elezione a presidente di Gronchi. Ma soprattutto si appassiona al caso Montesi. Scrive Quel che ho visto e sentito a Roma (1955), una breve prosa che si chiude con una visita al Cimitero dei protestanti. Questo primo soggiorno, intervallato da frequenti spostamenti (a Napoli per incontrare l’ amico Henze, a Parigi per vedere il poeta Paul Celan, con cui è nata una relazione), si apre in un’ atmosfera di entusiasmo. «Dagli italiani ho imparato qualcosa ma è difficile dire che cosa. Perché da loro si può imparare soltanto dopo avere buttato via ogni idea che ci siamo fatti prima. Non sono le bellezze, né gli alberi di aranci, nemmeno la splendida architettura, ma il modo di vivere. Qui ho imparato a vivere». Perlustra ogni angolo della città, è affascinata dalla vitalità della gente (anche se deve cambiare casa perché il suo lavoro alla macchina da scrivere di notte disturba i vicini). Traduce le poesie di Ungaretti; nel ’ 56, grazie a Henze, assiste alla prova generale della Traviata con la Callas alla Scala di Milano. Fra il ’ 54 e il ’ 59, la rivista «Botteghe oscure» pubblica alcune sue poesie e il primo racconto del Trentesimo anno (che uscirà, nel ’ 62, da Feltrinelli). Nel ’ 57 lascia Roma per Monaco dove lavora come sceneggiatrice alla radio bavarese. I successi e le critiche. Il secondo soggiorno romano è legato a Max Frisch, lo scrittore svizzero con cui la Bachmann ha una intensa, difficile relazione che si chiude alla fine del ’ 62 (e lei viene ricoverata in una clinica a Zurigo). Torna a Roma nel ’ 65, ma la città che le si era aperta con felicità ora le appare essersi richiusa. Nonostante la sua riservatezza, conosce scrittori e intellettuali italiani, Elsa Morante, Roberto Calasso, Fleur Jaeggy, Giorgio Agamben, Dario Bellezza. Lavora al progetto «Todesarten», ma intanto ricorre sempre più spesso all’ alcol e agli psicofarmaci. In Germania, il romanzo Malina (1971) e i racconti Tre sentieri per il lago (1972) sono accolti dalla critica con scetticismo ma ottengono un grande successo di pubblico. Malina viene tradotto da Adelphi nel 1973. In una delle ultime interviste a un giornale italiano, parla del progetto «Todesarten» e di Malina: «Per me si trattava di dimostrare che la nostra società è talmente malata che fa diventare malato l’ individuo e che l’ individuo in questa società, in questo mondo, alla fine si dice che muore, ma questo non è vero perché ognuno di noi alla fine è stato ucciso».
Ranieri Polese