varie, 22 marzo 2010
CHE FARE DEL LIBRO NEL CASSETTO, PER VOCE ARANCIO
«Ho trovato il suo manoscritto buono e originale. Ma dov’è buono, non è originale. E dove è originale non è buono» (biglietto con cui Samuel Johnson avrebbe voluto liquidare gli scrittori esordienti).
Libri pubblicati ogni giorno in Italia: 180, l’84 per cento dei quali vende meno di 500 copie. Tiratura media di un titolo (esclusa la scolastica): 3.500 copie. Case editrici attive in Italia: 2.600. Manoscritti che ogni anno arrivano agli editori: 300 mila; a una casa editrice media: 800-1000. Italiani che hanno letto almeno un libro (non scolastico) nel 2008: 24 milioni (più 0,9% sul 2007); che hanno letto un libro al mese: 3,2 milioni (dati Aie, Associazione italiana editori).
Una delle vie più semplici per farsi pubblicare un libro è quella di proporre il racconto o romanzo a una rivista letteraria. Ne esistono sia cartacee (come Nuovi Argomenti, Lo Straniero, Il Primo amore, Eleanor Rigby) o sotto forma di blog (come Nazione indiana – che ha lanciato Roberto Saviano ”, Carmilla, Litteratitudine, I miserabili, Lipperatura).
Altra soluzione: partecipare a un concorso per esordienti. Ad esempio il Gruppo Editoriale Mauri Spagnol (Gems ) ha lanciato il torneo letterario Io Scrittore, presentato sul sito Internet www.ioscrittore.it (il concorso scade il 31 marzo). Oppure 8x8 (scadenza per l’invio dei racconti a fine marzo).
Per farsi pubblicare un libro si possono anche contattare direttamente gli editori. In questo caso, una volta preparato il manoscritto, è necessario selezionare gli editori tra i 2.600 attivi in Italia. «In primo luogo, vanno esclusi quelli più lontani per tipologia di pubblicazione. Va poi studiata la storia editoriale dei restanti, osservando se preferiscono autori italiani o stranieri, romanzi o saggi, volumi lunghi o brevi. Bisogna anche distinguere gli editori che investono sugli autori da quelli che propongono un contributo per la pubblicazione. La scrematura dovrebbe lasciare circa un centinaio di editori da contattare. Per farlo, meglio evitare di ingolfare le redazioni di libri che non verranno letti. preferibile mandare una ”sinossi”, cioè un misto tra una recensione e un riassunto. Andrà accompagnata da una lettera di presentazione e, se si vuole incuriosire ulteriormente l’editore, dal primo capitolo dell’opera. Una volta che il libro è stato mandato, bisognerà avere pazienza: almeno sei mesi in genere sono necessari per capire se c’è intenzione di pubblicare, ma l’attesa dura spesso un anno» (Fabrizio Patti su ”Il Sole-24 Ore”).
Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, agli inizi della carriera sottopose il manoscritto di Studio in rosso a più di un editore. Una copia che era stata spedita in un contenitore cilindrico tornò indietro tutta curva, prova del fatto che non era stata neanche letta. Il libro uscì poi nel 1887 in una sorta d’annuario natalizio che conteneva anche cruciverba, giochi, notizie curiose. Somma per la quale furono ceduti i diritti dell’opera: 25 sterline.
Nel libro Il gran rifiuto, Mario Baudino racconta i casi di libri respinti dagli editori e poi divenuti celebri. Ad esempio le gesta di Harry Potter subirono «la solita trafila di rifiuti editoriali, otto per l’esattezza» (e la prima tiratura fu di poche migliaia di copie). Moby Dick di Melville fu respinto dall’ editore inglese nel 1851 perché «non adatto al mercato dei giovani». Il manoscritto del primo libro con Sherlock Holmes, ricorda lo stesso Conan Doyle, «tornava indietro con la precisione di un piccione viaggiatore». Mandando indietro l’Ulisse di Joyce per la Hogarth Press, Virginia Woolf si disse «irritata da questo liceale a disagio che si gratta i foruncoli». Il manoscritto del Signore degli Anelli di John R.R. Tolkien fu rifiutato da tre editori: nel 1954 ne furono tirate solo 3.500 copie. Italo Calvino, ha raccontato Cesare Cases, liquidò così La milleduesima notte di Joseph Roth per Einaudi: «Non è roba per noi». Cent’anni di solitudine di García Márquez venne rifiutato dalla Seix Barral di Barcellona, sgarbatamente rispedito al mittente con la sigla di «un oscuro funzionario». Il giorno dello sciacallo di Frederick Forsyth , destinato a superare i dieci milioni di copie, nel 1970 venne rifiutato dalla W.H. Allen&Company di Londra con questa motivazione: «Il suo libro non interessa a nessuno».
Invece di fare tutto da sé per contattare gli editori, migliorare il contenuto e la forma del libro e stipulare i contratti, ci si può rivolgere a un’agenzia letteraria. Come gli editori, queste società sono molto numerose e la loro selezione richiede attenzione. Laura Lepri, editor freelance titolare dell’agenzia Laura Lepri Scrittura: «Il ruolo di un’agenzia seria sarà in primo luogo quello di valutare un manoscritto e dire se ha qualche possibilità. La via dell’agenzia, non a caso, è l’unica seguita dagli esordienti negli Usa, dove non esiste il fenomeno di riempire di manoscritti le scrivanie degli editori». Dopo la fase della valutazione, che un agente si farà pagare tra i 600 e gli 800 euro, un secondo passaggio è l’attività di editing, in cui si eliminano i cali stilistici e gli errori grammaticali e di forma (data la varietà degli interventi, è impossibile quantificare un costo medio di questa operazione). Se la valutazione è positiva, l’agenzia propone il libro agli editori. Qualora il libro venga pubblicato, la quota che spetta all’agente è compresa tra il 10 e il 20% del compenso che l’autore riceve per ogni copia venduta.
Altra possibilità per un esordiente: rivolgersi all’editoria a pagamento. In una mappatura commissionata dall’Editrice Bibliografica, Maria Grazia Cocchetti, autrice del libro L’autore in cerca di editore, fissa intorno ai 1.500/2.000 euro la cifra richiesta per un librino di poesie di cinquanta pagine, ma sono frequenti anche richieste superiori fino ai cinquemila euro.
Una giornalista free lance, Silvia Ognibene, ha censito nel suo volumetto Esordienti da spennare una quindicina di editori a pagamento (Terredimezzo). Dalle edizioni Il Filo a Libroitaliano, da Alberti a Maremmi-Firenze Libri, da Aletti ad Angelo Parisi, da Antitesi a Il Rovescio, l’autrice ha inviato a ciascuno di questi marchi il suo ”fritto misto” Racconti d’America e altre storie, pagine prive di coerenza sul piano dello stile e dei contenuti. L’entusiasmo nell’accoglierlo è stato corale, così come comune è apparsa la richiesta all’esordiente di contribuire alle spese. Daniele Di Gennaro di minimum fax: «L’editore a pagamento non legge, non seleziona e manda in stampa tutto quel che gli arriva. Per questo non è serio annoverarlo nella categoria degli editori. un servizio che ti viene offerto, che non contempla rischio o investimento» (Simonetta Fiori su Repubblica).
Federico Moccia debuttò a sue spese presso il Ventaglio con Tre metri sopra il cielo.
Molti aspiranti scrittori tentano di accedere al mondo letterario sfruttando internet. In tutto il mondo sta infatti prendendo piede il self-publishing, detto anche Pod (print on demand, stampa a richiesta), cioè la possibilità di stampare il proprio libro attraverso un sito che offre una vetrina per l’acquisto. La rivoluzione si deve al connubio tra Internet e stampa digitale che permette di produrre piccole tirature su richiesta, persino una sola copia per volta. In Italia il fenomeno Pod è noto soprattutto per il battage pubblicitario di ilmiolibro.it (gruppo Espresso), ma il protagonista mondiale è Lulu.com, fondato nel 2002 dal canadese Bob Young, sede a Raleigh, Carolina del Nord: 4.218.000 titoli (compresi calendari e album fotografici), 1.813.000 autori (una media di 2,32 titoli per autore), una convenzione con la catena Borders, e accordi distributivi con Amazon e Barnes & Noble. Eleonora Gandini, portavoce per l’Italia: «Da noi Lulu.com è sbarcato nell’ottobre 2006. Prima si poteva utilizzare soltanto in inglese». Le cifre per l’Italia: «Fino a giugno 2008 abbiamo pubblicato 72mila libri di testo e 3mila fotografici». Chi sono gli autori di Lulu.com? «Si va dagli esordienti assoluti, la stragrande maggioranza, agli scrittori tradotti all’estero come Giuseppe Genna che ha pubblicato con noi un romanzo, Medium, sulla morte del padre, che non riteneva adatto a Mondadori». E dove vengono stampati i libri? «Per ora negli Stati Uniti». Quanto vendono i best seller di Lulu.com? «Negli States vince la memorialistica sul tumore: 42mila copie per Finding the ”can” in cancer, scritto da quattro donne. Altro successo: Leukemia for chickens, di Roger Madoff, reporter di Bloomberg News morto di leucemia nel 2006. E in Italia? «Tra le 500 e le mille copie» (Antonio Armano sul Giornale).
Un sito di self-publishing funziona così: basta avere il libro sul computer, caricarlo sul sito, impaginarlo, scegliere una copertina e il prezzo di vendita. C’è un costo di stampa, sui 4 euro per un breve romanzo formato tascabile, che viene detratto dal prezzo di copertina e il rimanente, tolto il 20 per cento che spetta al sito, va all’autore. Chi compra paga le spese di spedizione. I pagamenti avvengono via PayPal o carta di credito. I siti di sel-publishing forniscono anche servizi di editing (revisione testi) e impaginazione grafica, per migliorare la media dei prodotti.
Il caso di Valeria di Napoli (Pulsatilla), passata dal blog a Castelvecchi e Bompiani.
Rosella Postorino, editor per Einaudi Stile Libero e giovane scrittrice (La stanza di sopra, Neri Pozza) arrivata alle fasi finali del premio Strega: «Il fenomeno self-publishing mi ha fatto venire subito in mente il blog perché offre una vetrina virtuale. Da questo punto di vista è interessante. Mi sembra però che prevalga il desiderio di vedere il proprio manoscritto confezionato, con la copertina e tutto il resto. Se uno vuole fare lo scrittore e trovare una vetrina per essere notato, è meglio che provi a pubblicare su blog dove avviene una selezione come Nazioneindiana, Vibrisse o la freepress culturale Satisfiction. Fare lo scrittore significa avere il coraggio di sottoporsi a un giudizio che magari ti taglia le gambe. Il rischio è che il self-publishing incoraggi il proliferare degli scrittori, che autorizzi a pensare che siamo tutti scrittori».
«... Allora spegni, apri un libro, e leggere oltre che consolare e far compagnia, ti apre il cervello e ti fa viaggiare in un altro mondo» (Vasco Rossi, che ha deciso di finanziare Satisfiction, di cui è anche collaboratore).
Quali consigli darebbe a un giovane aspirante scrittore? «Di trovarsi un lavoro sicuro, non creativo, che non impegni il cervello, così da poterlo risparmiare per gli sforzi letterari, fino a quando avrà sfondato» (Toni Morrison a Gabriele Romagnoli).