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 2010  marzo 22 Lunedì calendario

JUCKER

JUCKER Ruggero Milano 1966 (~) Imprenditore. Condannato a 16 anni (patteggiamento) per l’assassinio della fidanzata Alenya Bortolotto, il 20 luglio del 2002 alle 4.30 del mattino, a Milano in via Corridoni • «[...] Un’ora e mezzo dopo è in strada, nudo, sporco di sangue e grida: ”Sono Bin Laden”. Confessa al primo interrogatorio. ”Non ricordo il numero di colpi che ho dato. Tanti. Il primo alla spalla, e ho fatto cose irripetibili? Anzi, se c’è bisogno posso ripeterle?”. La capacità di intendere e di volere di Jucker, diranno gli psichiatri, è in quella notte di luglio ”grandemente scemata”. Due sapienti attribuiscono quella assassina crudeltà a una patologia ”prepsicotica”. Gli psichiatri scrivono che l’assassino descrive il suo delitto «senza un’espressione, se non meramente formale, di pietà verso la vittima”. In Jucker ”non c’è accenno di rimorso vero o pena interiore”. Egli appare incapace di ”un giudizio moralmente autosanzionatorio”. Il processo di primo grado è in questo bivio. pazzo, Jucker? E quanto è pazzo? tanto folle da non poterlo dire responsabile del delitto? Il giudizio è salomonico. Ruggero Jucker è ”seminfermo di mente”. La sua patologia non può giustificare però il disumano sadismo dell’assassinio (ha ”eviscerato” Alenja mentre era ancora viva, scrivono gli anatomopatologi). Trenta anni di carcere, sembrano ai giudici una pena equa. Le acque si confondono e si intorbidano. Gli avvocati di Jucker chiedono di ”patteggiare”. Patteggiamento vuol dire che accusa e difesa si accordano per una pena da infliggere all’imputato. uno scambio. L’imputato si dichiara colpevole. L’accusa riduce la pretesa punitiva. Si fa in fretta perché non c’è dibattimento (e non c’è pubblicità). In questo caso, il patto prevede di considerare Ruggero Jucker matto quanto crudele, contrariamente al primo giudizio che lo ha considerato più crudele che matto. In equilibrio (equivalenti) le aggravanti e le attenuanti, l’omicidio non è più ”aggravato”, ma ”semplice”. Massimo della pena, 24 anni. Un terzo della pena (8 anni) cade per la disponibilità della difesa ad accettare il rito abbreviato. 24 anni diventano 16. [...]» (Giuseppe D’Avanzo, ”la Repubblica” 19/1/2005) • «[...] Rimarrà per sempre un omicidio senza movente. [...] nessuno sarà in grado di spiegare ai genitori di Alenya cosa realmente accadde la notte del 20 luglio 2002. Né perché. Sono molti i punti oscuri del caso Jucker destinati a rimanere tali. ”Perché l’imputato ha ucciso? Perché ha infierito sul corpo della giovane fidanzata? Capire il movente di questo delitto è ben più importante che stabilire una pena”. Ecco ciò che Guido Salvini, il giudice del primo grado, scriveva nella sentenza che condannava l’imputato a 30 anni di carcere. Si intuiva, tra le righe del provvedimento, che Salvini si sentiva in dovere nei confronti dei parenti di Alenya di dare una spiegazione a un omicidio così feroce. ”Sinora molte risposte sono mancate” scriveva il giudice nel provvedimento, prima di elencare i punti da chiarire [...] Eccone alcuni. Gli inquirenti non sono riusciti a chiarire la dinamica dell’omicidio, né cosa sia successo tra Ruggero e Alenya nelle ore precedenti il delitto. Non hanno capito se ci sia stato un litigio o una discussione che ha messo in crisi l’uomo. Gli esperti non hanno chiarito che cosa si sia scatenato nella mente di Jucker ne quale fosse il motivo del malessere che aveva tanto allarmato la madre di Jucker nei giorni precedenti il delitto. L’uomo ha parlato di un’esperienza traumatica che sarebbe avvenuta in due discoteche milanesi, l¢Hollywood e in un locale di via Marziale, quattro giorni prima dell’omicidio, ma non ha mai detto che cosa sia davvero successo. La notte del delitto Ruggero e Alenya, erano a letto, nella casa dell’uomo, in centro a Milano. Erano soli. L’unica persona che avrebbe potuto fornire una spiegazione di quei fatti, di quel delitto, del movente e di tutto ciò che non è mai stato chiarito è Jucker. Ma lui non ha mai voluto parlare [...] Gli unici brandelli di verità sono quelli che emergono dall’interrogatorio (il primo e unico) sostenuto davanti al gip Piero Gamacchio due giorni dopo l’omicidio. In quell’occasione, però, Jucker era ancora confuso, non ricordava nulla dell’omicidio, al magistrato aveva confessato il delitto: ”Ho fatto cose irripetibili, l’ho uccisa e praticamente di più” aveva detto rifiutandosi poi di dare altri particolari della dinamica. Sul suo stato psichico aveva detto ”di essere stato in uno stato di chiusura totale nei confronti della realtà esterna e di essersi sentito minacciato da Alenya”. Ma non ha mai spiegato in che termini. Il giudice gli aveva chiesto se la notte dell’omicidio aveva avuto una discussione con Alenya. Jucker aveva risposto: ”In realtà una discussione con me stesso di cui non mi spiego o non mi ricordo l’oggetto?”. Vago, contraddittorio, confuso, l’imputato nel processo di primo grado si era sempre rifiutato di intervenire nel corso delle udienze. Salvini credeva che, col passare del tempo, Jucker potesse dare le risposte che gli inquirenti cercavano. Per questo aveva scritto: ”Spero che questo giudizio di condanna stimoli in futuro una riflessione e una rielaborazione” nella mente dell’uomo. Il giudice sperava che Jucker, aiutato in carcere dagli psichiatri, potesse ricordare e spiegare il perché dell’omicidio. Salvini aveva proposto la tesi del movente psichico, ma la sua era solo un’ipotesi da confrontare con la verità di Jucker. Il patteggiamento [...] fa sì che il processo di secondo grado non sarà mai celebrato. La verità di quel che accadde quella notte resta un mistero nascosto nella mente di Jucker» (Annalisa Camorani, ”la Repubblica” 19/1/2005).