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 2010  marzo 21 Domenica calendario

RODARI, UNA FILASTROCCA PER IL FUTURO

Si firmava Lino Picco, senza troppa fantasia (pensa un po’), ma dando così, da subito, una regola per riuscire divertenti e originali: capovolgere l’abituale, vedere le cose dal punto di vista opposto a quello cui si è abituati. Il vero nome di quel figlio di panettiere, già maestro e ora giornalista estensore delle tenere filastrocche che apparivano nientemento che sull’«Unità» post-bellica, già nel 1948, era Gianni Rodari. Aveva iniziato a scrivere per bambini «per ischerzo» (ricordò anni più avanti, ripercorrendo la sua straordinaria carriera di narratore per l’infanzia), su consiglio ”meglio,obbligo ”di un caporedattore, Fidia Gambetti. Le filastrocche piacquero subito: quel Picco ci sapeva fare, dopotutto. Ben presto, in redazione, cominciarono ad arrivare le richieste: «fammene una con un tramviere, una per mio figlio che vive nello scantinato...». E Lino Picco scriveva: «Ciccio, Ciccio che sta in cantina/ al posto del letto c’è una brandina» (da un dattiloscritto tuttora inedito). Quelle filastrocche sarebbero diventate una sorta di "marchio di fabbrica" di Rodari, il terreno fertile sul quale il suo ingegno sarebbe decollato definitivamente. Il binomio filastroccaillustrazione, poi, con le immagini di Bruno Munari – incontro avvenuto sotto le insegne dello Struzzo einaudiano: irripetibile connubio tra due giganti dell’editoria italiana – ha consacrato un’epoca e cresciuto generazioni di italiani. Ne abbiamo lette (e godute) di favole al telefono, torte in cielo, filastrocche cieloeterra, di avventure di Cipollino ( con Sor Pisello e Pirro porro e Pomodoro), di personaggi favolosi descritti in poche righe («Chi è più forte del vigile urbano? / Ferma i tram con una mano. / Con un dito, calmo e sereno, / tiene indietro un autotreno », o la «tribù degli indiani Cucù che se li scrivi con la Q...», o i cittadini comaschi poveretti, finiti nei cassetti), frecce azzurre, libri degli errori, immortali grammatiche del-la fantasia. Rodari è stato di gran lunga, il più i m - portante autore italiano per l’infanzia del secondo Novecento ( o di tutto il secolo?). E non di meno il suo successo internazionale (con le difficoltà della traduzione di testi così particolari) lascia sbalorditi. Per dirne una: ancora nel 2009, in Russia, Cipollino – tra i più amati personaggi rodariani – ha venduto oltre 500 mila copie.
Ora, in vista della Fiera di Bologna, Rodari è più che mai al centro dell’attenzione. Perché cadono, in questo 2010, tre anniversari importanti: i 90 anni dalla nascita (a Omegna, il 23 ottobre 1920, città che gli ha dedicato un Parco Fantasia), i trenta dalla morte (14 aprile 1980) e i 40 dal ricevimento del Premio Andersen, spesso considerato una sorta di Nobel per la letteratura per l’infanzia. Oggi, ad esempio, le librerie Feltrinelli di tutta Italia lo ricordano con letture, happening e commenti degli illustra-tori, ma, soprattutto saranno le triestine edizioni EL (www.edizioniel.it) a preservarne la memoria e a incentivarne la coltivazione. Facendo quello che un editore può e deve fare: pubblicare.
Infatti, dopo avere rilevato dagli Editori Riuniti nel 2008 un corpus di titoli ancora mancante al catalogo, ora ripubblicheranno l’intera opera di Rodari. Alternando, in un programma ambizioso, le ristampe (sono già tornati i titoli con la coppia Rodari-Munari), alle nuove edizioni, con illustratori dei nostri tempi. Un’operazione che rinnova il gusto per la lettura di Rodari (fu molto fortunato anche il legame con Altan) e lo fa percepire come sempre attuale.
«Non ha avuto epigoni, non c’è una scuola rodariana – spiega Pino Boero, docente di letteratura per l’infanzia a Genova e grande esperto rodariano ”. Per fortuna, direi». La moglie Maria Teresa Rodari e la figlia Paola custodiscono gelosamente l’archivio privato dello scrittore: taccuini, quaderni, fogli, disegni e poesie, anche per adulti, spesso inedite. Se ogni tanto accolgono l’invito di qualche scuola, non amano parlare ai giornali di Rodari. A Orvieto c’è un centro che raccoglie, invece, il materiale pubblicato sotto forma di libro e la sua immensa produzione giornalistica, anche se, spiega il direttore Mario Di Rienzo, «la scarsità di risorse umane e materiali è un problema serio». Sul sito, però, il centro offre molti contenuti (www.rodaricentrostudio.org) a partire da una preziosissima galleria delle copertine. Le foto di Rodari, che non si vedono tanto spesso, mostrano un bell’uomo, piuttosto normale. Dal suo aspetto, nulla avrebbe lasciato indovinare quale irrefrenabile contastorie fosse. «Lo ricordo come una specie di impiegato della fantasia ”dice Pino Boero ”: non alzava mai la voce, spiegava con tono piano come lavorava e raccontava le sue favole in maniera speciale. Aveva, con i bambini, un rapporto eccezionale. Ed era soprattutto un intellettuale onesto, più che organico ».Già:profondamente convinto dell’ideologia comunista, fino a pubblicare testi che oggi si leggono con qualche imbarazzo – in particolare i "riassunti"delle storie del mondo ”, Rodari, seppure non rinnegò mai le sue convinzioni, non fu nemmeno insensibile ai cambiamenti che intravvedeva. «Capita ai filologi di vedere filastrocche dove ha corretto il tiro, in qualche parola. Pur restando uomo di sinistra, lavorava di finezza. Non gli piacque, per esempio, il film tratto da
La torta in cielo, troppo di sinistra-lottacontinuista ». Boero ha iniziato a occuparsi di Rodari nel 1973, con un saggio dal titolo eloquente, «Tra invenzione e ideologia»: oggi ne è forse il più autorevole studioso.
Rodari fu sempre molto attento nel dire che le favole non dovevano avere le morale e che se c’era qualcosa, il lettore l’avrebbe trovato. Amava il non-sense, l’assurdo, che aveva assunto dai surrealisti, il grottesco. Riflettendo sul suo mestiere ha scritto: «Ora ho capito che, scrivere per i bambini (specie per i più piccoli, ai quali penso più spesso quando lavoro) è un’altra maniera di fare il maestro. Cerco di non essere un maestro noioso, ma spero che i bambini imparino qualcosa dalle mie storie e filastrocche. Mi basta che imparino a guardare il mondo con gli occhi ben aperti. Anche ridere è una maniera di imparare». Altroché, caro maestro, altroché.