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 2010  marzo 21 Domenica calendario

IL SOGNO DI ROOSEVELT GI UN SECOLO FA

Quasi da un secolo gli Stati Uniti cercano di varare una riforma sanitaria. Da Theodore Roosevelt a Bill Clinton, negli ultimi 98 anni tanti presidenti hanno tentato di allineare il sistema sanitario americano a quello dei maggiori paesi industrializzati, ma ogni tentativo è fallito per l’opposizione degli interessi privati (medici, ospedali e compagnie di assicurazione), le rivalità politiche tra partiti e sindacati e il prevalere di un’ideologia il cui assioma è la superiorità del settore privato sul settore pubblico nel fornire servizi.
Hanno cercato di superare questi ostacoli Roosevelt, Truman, Kennedy, Johnson, Carter e Clinton con una collezione di fallimenti stupefacente. Fu Theodore Roosevelt nel 1912 a proporre per la prima volta l’idea dell’assistenza sanitaria universale e obbligatoria sul modello introdotto in Germania nel 1883, un principio coerente con l’ideologia del neonato partito progressista d’America. La piattaforma politica di Roosevelt, candidato alla presidenza Usa per la terza volta, includeva il suffragio per le donne e la tutela dei diritti dei lavoratori. Ma Roosevelt fu sconfitto dal conservatore Woodrow Wilson, e la proposta di riforma fu archiviata. Le donne ottennero il voto nel 1920, la classe operaia ottenne i contratti di categoria e uno statuto dei lavoratori negli anni 30, ma la popolazione americana rimase senza mutua.
Fu un altro Roosevelt, Franklin Delano, cugino di Theodore, a riproporre l’idea nel 1934 come parte delle riforme del New Deal che istituirono la previdenza sociale. Ma nei 20 anni prima il prestigio e l’influenza politica della classe medica erano cresciuti molto, di pari passo ai progressi della medicina: l’American Medical Association riuscì così a seppellire l’iniziativa sostenendo che avrebbe aumentato la burocrazia e interferito nel rapporto medico-paziente. L’amato presidente Roosevelt riuscì a far approvare riforme di portata storica, dalla pensione statale al Glass Steagall Act (la legge bancaria) alla creazione della Securities and Exchange Commission, ma davanti allo spauracchio della «medicina socialista» anche FDR fu costretto a fare marcia indietro.
Ironicamente fu proprio Roosevelt a segnare (involontariamente) il destino della riforma nei successivi 70 anni con l’introduzione di controlli salariali durante la Seconda Guerra Mondiale. Le aziende Usa iniziarono a offrire l’assicurazione medica privata ai dipendenti come forma di compenso extrasalariale per evadere i tetti sugli stipendi; il parlamento offrì un incentivo aggiuntivo nel 1954, l’esenzione fiscale dei contributi sanitari. Da quel momento l’assetto del sistema sanitario americano prese la forma irreversibile attuale: un sistema dove il mondo aziendale contribuisce a una quota dei premi assicurativi acquistati da compagnie di assicurazione private a scopo di profitto.
In America solo i poveri e gli anziani hanno diritto alla mutua, un diritto strappato coi denti al Parlamento dal presidente Lyndon Johnson nel 1965, quando i democratici controllavano presidenza, Camera e Senato. Il resto della popolazione non ha altra scelta che comprare polizze dalle compagnie di assicurazione private direttamente o tramite il proprio datore di lavoro; chi perde il lavoro perde l’assicurazione medica.
Questo sistema aveva funzionato discretamente fino all’impennata dei costi sanitari a fine anni 80.L’aumento dei premi iniziò a imporre oneri insostenibili per le aziende Usa, che iniziarono a pagare contributi sempre più bassi per salvaguardare la propria competitività internazionale. I tempi sembravano quindi maturi per la riforma quando Bill Clinton divenne presidente nel 1992 con un Parlamento controllato interamente dai democratici, proprio come era accaduto per Lyndon Johnson nel 1964 e accadrà per Barack Obama nel 2008.
La proposta Clinton, affidata alla moglie Hillary, prevedeva maggiori controlli sulle compagnie assicurative private, non l’istituzione della mutua, ma fu annientata dalle lobby mediche e assicurative. Negli ultimi 15 anni la situazione è diventata insostenibile: l’hanno capito persino alcuni ambienti medici e assicurativi disposti per la prima volta a raggiungere un compromesso. I costi sanitari hanno superato i 2mila miliardi all’anno nel 2006, il numero di cittadini senza alcunaassicurazione è salito a 46 milioni. Obama non ha neppure osato avanzare l’idea dell’assistenza sanitaria pubblica, ma vuole almeno che tutti i cittadini americani siano assicurati. Se la spunta, farà storia.