Mario Platero, Il Sole-24 Ore 21/3/2010;, 21 marzo 2010
PER OBAMA IL GIORNO DELLA VERIT
Non ci saranno trucchi, accordi sottobanco, regole come la
deem and pass che avrebbe consentito
ai democratici alla Camera di acquisire la proposta per la riforma sanitaria del Senato senza votarla: oggi i deputati americani si recheranno in aula per un voto up
or down , per un sì o per no, nella trasparenza delle dirette televisive. E secondo le indiscrezioni raccolte ieri notte, dopo una visita del presidente in Congresso per mobilitare le truppe, la maggioranza dei 216 voti necessari alla vittoria si è coagulata: «Adesso crediamo di avere i voti necessari», ha detto il capo della maggioranza democratica alla Camera, il deputato del Maryland Steny Hoyer.
Poco prima Obama aveva fatto una drammatica e ispirata apparizione al Congresso: «Questa è l’occasione per mantenere una promessa- ha detto - è il momento di dire: al diavolo,questa è esattamente la ragione per la quale sono venuto in quest’aula. Per il mio ingresso in politica. Per la mia scelta di servire il pubblico. Questa è la ragione per la quale ho fatto i miei sacrifici: scelgo per i miei ideali prima ancora che per soddisfare la mia base elettorale». E ha aggiunto: «Sono fiducioso che l’approveremo domani (oggi, Ndr) ». Un appello a votare per gli americani: «Non ti chiedo di farlo per me, o per il partito democratico, ma per il popolo americano, per quelle persone che non ce la fanno e hanno bisogno d’aiuto».
Se non ci saranno imprevisti, cecchini, tradimenti, l’America, dopo un secolo di tentativi, avrà la sua riforma sanitaria che estenderà il diritto all’assistenza medica a 32 milioni di persone attualmente scoperte. Costo: 940 miliardi di dollari. Ma le dinamiche della legge consentiranno di tagliare 138 miliardi di dollari dal disavanzo pubblico americano in dieci anni. E il fatto che il 60% dell’opinione pubblica tema di peggiorare le sue condizioni assistenziali attuali e abbia paura di nuove tasse oggi conta poco: sul piano politico, Barack Obama potrà finalmente apporre il suo sigillo sull’obiettivo più ambizioso della sua amministrazione e rivendicare, in circostanze molto complesse, quella leadership che fino a ieri sembrava appannata.
Il presidente è apparso talmente sicuro di sé da aver già lanciato, sempre ieri, la sua prossima sfida: nel suo discorso del sabato ha chiesto il passaggio urgente della riforma del sistema finanziario proposta dal Senatore Christopher Dodd: «Dobbiamo agire subito – ha detto – non possiamo rischiare una nuova crisi finanziaria».
Ma la storia, oggi, domenica 21 marzo 2010, si deve scrivere sulla sanità. Ed è stato in serata, dopo l’apparizione del presidente in Congresso, che tutti gli ingranaggi della politica si sono messi a posto, grazie a un’accurata divisione dei compiti. Il presidente della Camera Nancy Pelosi è riuscita a dirimere una furibonda polemica fra democratici abortisti e antiabortisti, che rischiava nella giornata di ieri di dirottare l’intero progetto. Hanno vinto i tradizionalisti del partito che vogliono tutelare i diritti della donna: non si farà un emendamento antiabortista, ma il presidente firmerà, dopo, un ordine esecutivo che garantirà che i fondifederali non saranno usati per cliniche abortiste.
Sten Hoyer, il capo della maggioranza alla Camera, ha invece risolto gli aspetti tecnici legati al voto,ha evitato l’opacità del deem
and pass e ha organizzato le procedure per il passaggio:
oggi pomeriggio ci sarà prima un voto sul pacchetto di emendamenti alla proposta approvata dal Senato e poi un voto diretto sulla stessa proposta. Subito dopo, la legge andrà alla Casa Bianca per la firma e secondo le procedure della riconciliazione, tornerà al Senato dove basterà una maggioranza di 51 voti per ratificare gli emendamenti, tutti relativamente minori. In entrambi i voti alla Camera ci vogliono 216 voti.
Obama, infine, sfoggiando le sue straordinarie doti di equilibrista, con la sua apparizione, ma soprattutto con gli incontri a tu per tu è riuscito a convincere gli incerti a rinunciare alle loro prerogative personali per il bene comune del partito e degli americani.
E ha confermato di essere un maestro quando si tratta di rispondere alle sfide che si giocano sulle sfumature, sull’elasticità e sull’eleganza di una soluzione condivisa e non imposta. Adesso il terreno è pronto. Il voto consentirà all’America di fare un passo in avanti nella battaglia per l’affermazione dei diritti sociali. Poi per Obama partirà una nuova partita, quella per le elezioni di novembre. Avrà sette mesi per sfruttare l’effetto traino di questa vittoria e per dimostrare che la sua leadership è più forte del sospetto nei suoi confronti da parte di un centinaio di milioni di americani. «No problem », ha detto ieri il suo stratega politico David Axelrod.