dagospia, Stefano Feltri Il Fatto 20/3/2010, 20 marzo 2010
1 - DAGOREPORT - DAL "CAPITALISMO FAMILIARE" SIAMO PASSATI AL "CAPITALISMO DELLE COSCHE"
Altro che Zimbawe, il disgraziato paese africano evocato, per effetto delle guerre intestine in Rai, dal suo direttore generale Mauro Sado-Masi. Da ieri in via Solferino, infatti, il 18 marzo si potrà celebrare il Burundi’s days. Mai nella storia del "Corriere della Sera" i capo tribù (finanziari), solitamente in guerra tra loro, una volta fumato il calumet della pace in piazzetta Cuccia, sono andate ad occupare, senza colpo ferire, la più vasta prateria dell’informazione. L’ultima riserva della stampa cosiddetta indipendente.
RCS Board- BAzoli - Montezemolo - Della VAlle - Geronzi _pesenti - tronchetti Provera
Il nuovo consiglio d’amministrazione della Rcs Quotidiani è stato occupato dai soliti Lor Signori: Cesare Er più Geronzi, Abramo Bazoli, Luchino Cordero di Monteparioli, Dieghito el Dritto Della Valle, GianCemento Pesenti e, ciliegina sulla torta (azzannata senza scrupoli al tavolo della spartizione) Marcus Von Tronchetti Provera.
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Altro che Cavalieri Bianchi! Almeno una volta i vecchi Padroni del vapore tiravano fuori di tasca propria i denari per occupare le poltrone. Adesso il banchiere entra a’ sbafo, come si dice a Roma. Alla faccia degli intrecci banche-giornali proibiti (remember Bazoli?) ai tempi della vituperata Prima repubblica. Altro che nostalgia canaglia, evocata da Panebianco.
DIEGO DELLA VALLE E BENEDETTA GERONZI - copyright Pizzi
Ma ormai dal "capitalismo familiare" siamo passati, a quanto sembra, al "capitalismo delle cosche". Con buona pace dei professoroni (Giavazzi, Salvati, Padoa Schioppa, Ichino, Della Loggia, Panebianco, Romano) che dalle colonne del Corriere non passa giorno che da strologhino contro i conflitti d’interessi. Soprattutto quelli di Berlusconi. E per la separazione dei poteri tra azionisti e manager. Il famoso nodo della governance tanto caro al notaio Piegaetano Marketta.
Confermato presidente insieme all’ad Antonello Perticone. I cui poteri, altra finezza giuridica per una società quotata in Borsa, non esistono neppure sulla carta (statuto dell’Rcs). Dal board dell’Rcs Quotidiani, invece, sono stati estromessi gli "indipendenti", che potevano fare un minimo di filtro tra i "pattisti" e la direzione del quotidiano (Flebuccio de Bortoli).
Sede del Corriere della Sera in via Solferino MArio Draghi - Corrado Faissola - Giovanni Bazoli e Cesare Geronzi
A bocca asciutta sono rimasti anche il Re delle Cliniche lombarde, Ettore Rotelli (che può continuare a leccarsi le ferite delle minus valenze accumulate con il suo investimento in Rcs), e la famiglia Ligresti. Una volta accampatisi in via San Marco (sede dell’Rcs Quotidiani) i Cavalieri Neri non hanno mascherato le loro future intenzioni. Uno dei capo tribù, Faccia di Tod’s Della Valle Marchigiana, è uscito dalla tenda per far accomodare suo fratello, Andrea.
Indiano della riserva dei Piedi Viola. Il Gran Capo della Fiorentina, dalla chioma spennata per effetto delle batoste subite dalla sua squadra di calcio, si è subito accordato per portarsi a casa il pacchetto della Poligrafici (10 per cento) che edita, guarda caso la Nazione di Firenze, posseduto dall’Rcs. E con un augh! di felicità ha ripreso la strada di casa.
Tronchetti Provera
Tra qualche anno quando in via Solferino sarà celebrato il Burundi’s Days scopriremmo che quel giorno il "Corriere della Sera" pubblicava un editoriale di Sergio Romano contro l’astensionismo elettorale; un articolo di Grasso-Zatopeck (il re delle Mille media marcia ormai a un pezzo al giorno) sulla cacciata di Busi dall’Isola dei famosi e un fondamentale taglio basso del casto Stella sulle ferie di alcuni consiglieri abruzzesi.
Giulio Tremonti sulle piste da sci a Sestola
2 - CHE "CORRIERE" SAR
Stefano Feltri per Il Fatto quotidiano
Cosa succederà al Corriere della Sera, ora che i suoi azionisti più forti hanno eliminato ogni filtro e, un po’ a sorpresa, sono entrati direttamente nel consiglio di amministrazione della Rcs per i prossimi tre anni?
Cesare Geronzi, Giovanni Bazoli, Luca di Montezemolo, Marco Tronchetti Provera, Diego Della Valle, Giampiero Pesenti: tutti seduti al piano di sopra del direttore Ferruccio de Bortoli che già aveva i suoi problemi, tra il calo delle copie (dovute in parte all’aumento di prezzo e alla concorrenza del Giornale di Vittorio Feltri) e una difficile ristrutturazione del personale, combinate con una situazione politica complessa da gestire per un giornale che si concepisce ancora come super partes.
Diego della Valle vestito da pastorello albanese
La chiave di lettura per interpretare questa "operazione trasparenza" - ora si vede chiaramente chi comanda in azienda - la si può trovare nelle pagine ingiallite di un libro di Piero Ottone, del 1987, direttore del Corriere in un’altra stagione complicata, quella dell’uscita di Indro Montanelli e dell’assedio (vittorioso) dei Rizzoli e della P2 all’azionariato.
LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO - copyright Pizzi
Parlando di Eugenio Cefis, grande capo della Montedison pubblica e sponda imprenditoriale di Licio Gelli e della P2, che continuava a comprare giornali su impulso della Dc, Ottone dice: "Egli era come un generale che, avendo a disposizione ottime truppe, armi moderne, non riceve mai l’ordine di marciare" eppure "la potenza, una volta acquisita, doveva essere adoperata, altrimenti tutti gli sforzi compiuti per acquisirla si sarebbero rivelati un assurdo spreco di energie".
Cambiano i tempi e gli azionisti, ma il disegno di chi ha investito tanto per entrare nel patto di sindacato (l’accordo parasociale tra gli azionisti che contano e che scelgono il direttore) resta sempre lo stesso: usare il Corriere o, molto più spesso, lasciar intendere che all’occorrenza potrebbe usarlo. Ma perché proprio ora? Senza avventurarsi nelle dietrologie, basta osservare i tavoli su cui stanno giocando i membri del cda designati giovedì per capire le ragioni della rivoluzione.
LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO - copyright Pizzi LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO - copyright Pizzi
ALTA VELOCIT. Montezemolo, per esempio, è stato da poco riconfermato presidente della Fiat, ma in azienda ha un ruolo sempre minore (ormai i rapporti con la politica romana li tiene in prima persona John Elkann, vicepresidente e azionista di riferimento del Lingotto). La sua associazione Italia Futura non è mai davvero decollata anche se con le sue prese di posizione politiche - l’ultima con un’apologia dell’astensionismo alle Regionali - gli ha creato qualche nemico.
Stare nel cda del Corriere è un modo per garantirsi una capacità di influenza in un anno che per lui sarà decisivo: a inizio 2011 partiranno i treni superveloci della sua Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv), primo tentativo di concorrenza frontale ai Freccia Rossa di Trenitalia. E bisogna preparare il terreno. Per la stessa ragione una presenza nel cda fa comodo anche a Diego Della Valle, l’altro azionista forte della Ntv che finora era rimasto nel patto di sindacato.
TELEFONI. Per Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, la posta è ancora più alta. Guidando, rispettivamente, Mediobanca e Intesa San-paolo, dovranno decidere il nodo più importante di tutti: il futuro di Telecom Italia, di cui le banche sono azioniste assieme alle Generali (dove potrebbe finire, alla presidenza, Geronzi, se riuscirà a scalzare il sempre più inamovibile Antoine Bernheim).
repubblica corriere
E’ questione di mesi, forse settimane, prima che i piani sul riassetto azionario della compagnia telefonica diventino realtà. E il fallimento della fusione con la spagnola Telefònica impone una soluzione più italiana, che richiede quindi una collaborazione stretta con il potere politico.
E non è una coincidenza che Geronzi e Bazoli stringano la presa sul Corriere proprio mentre si consuma la successione di Giovanni Gorno Tempini, uomo vicinissimo a Bazoli, a Massimo Varazzani alla testa della Cassa depositi e prestiti.
Il giornale milanese e la Cdp sono le due ossessioni del ministro dell’Economia Giulio Tremonti (che è riuscito a imporre come editorialista uno dei pochi economisti che stima, Alberto Quadrio Curzio). E Tremonti, anche più di Claudio Scajola, è il ministro che dovrà materialmente gestire la transizione di Telecom con l’(eventuale) uscita di Intesa e Mediobanca dall’azionariato.
I PROCESSI. Telecom resta anche uno dei primi pensieri di Tronchetti Provera, ora alle battute finali del processo sull’operato della security aziendale quando lui era primo azionista e presidente della compagnia. Proprio in questi giorni Tronchetti sta deponendo davanti al giudice come "testimone assistito" (dall’avvocato), parlando anche dello spionaggio ai danni del vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti.
PESENTI
Secondo Cesare Romiti (attuale presidente d’onore di Rcs) e l’ex direttore Stefano Folli, Tronchetti si era molto lamentato dell’assunzione di quella che è una delle firme di punta dell’economia. L’ex presidente Telecom smentisce: "Ho parlato con Romiti, ma solo per fargli presente che Mucchetti veniva dall’Espresso".
E anche in queste settimane, dopo lo scoppio dello scandalo per la truffa fiscale della controllata di Telecom, Sparkle, il gruppo Espresso è stato molto duro con Tronchetti che, probabilmente, confida ora di avere maggiori garanzie che almeno il Corriere lo tratterà meglio.
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Anche Geronzi ha interesse ad allungare la propria ombra sui giornalisti di via Solferino, visto che il resto del 2010 per lui sarà piuttosto intenso: che vada o meno alla presidenza delle Generali, dovrà affrontare l’epilogo di alcune vicende giudiziarie in cui è coinvolto, dal crac Parmalat a quello Cirio.
E un’eventuale condanna arriverebbe nel momento peggiore, proprio quando Scajola firmerà il decreto che impone nuovi vincoli di onorabilità a banchieri e assicuratori: la sospensione dalle cariche apicali scatterà anche dopo sentenze non definitive per reati finanziari, senza aspettare il terzo grado di giudizio.
A cercare di mantenere un equilibrio tra gli interessi degli azionisti e quelli dei lettori sarà come sempre il direttore Ferruccio de Bortoli. Che, come dimostra la vicenda dell’editoriale critico con il Pdl prima impaginato e poi sparito di Ernesto Galli della Loggia (che ha scoperto il giorno dopo in edicola la sostituzione), attraversa già ora un momento complicato.