Anna Meldolesi, Il riformista 20/3/2010, 20 marzo 2010
ZAIA ANTI OGM MA PRO INSETTICIDI
«La richiesta di messa in coltura di ibridi di mais Mon810 formulata dall’Azienda Della Libera Silvano è respinta». Così recita il decreto presentato ieri dal ministro Luca Zaia per fermare la prima semina Ogm in Italia. Un solo articolo ad agricolam pensato con un chiaro obiettivo: consentire al ministro e aspirante governatore del Veneto di presentarsi alla prova delle elezioni regionali come colui che ha bloccato l’avanzata degli Ogm in Italia. Senza nemmeno prendersi la briga di invocare la clausola di salvaguardia prevista dalla direttiva comunitaria. I maiscoltori probiotech di Futuragra, però, non ci stanno e si dicono pronti ad andare allo scontro, forti della sentenza del Consiglio di Stato e del quadro normativo europeo. Avvertono che impugneranno il decreto e semineranno, e non soltanto nel podere di Silvano Della Libera. Per farlo hanno davanti tutto il mese di aprile.
In conferenza stampa il ministro ha snocciolato i perché della sua politica anti-Ogm: la fa per rispettare il volere del popolo sovrano, perché gli Ogm sono roba per poveri, perché non arricchiscono i contadini e non servono nemmeno a sfamare il mondo. In realtà i consumatori possono tranquillamente esprimere le proprie preferenze all’atto dell’acquisto e non risulta che i sondaggi di Coldiretti siano una forma di consultazione popolare prevista dalla Costituzione. Tutti ormai sanno che il comparto agroalimentare italiano non potrebbe reggersi senza le importazioni di Ogm per la zootecnia. Per non parlare del fatto che i benefici economici, sanitari, ambientali delle colture Ogm in commercio sono ormai ampiamente documentati. Del resto è difficile credere che milioni di agricoltori - americani, cinesi, brasiliani e via continuando - che seminano Ogm da oltre un decennio siano un branco di stupidi.
Ma mentre le colorite conferenze stampa della Seconda Repubblica ci hanno abituato ad ascoltare anche qualche discorso sopra le righe, leggere una sfilza di affermazioni senza senso nel testo di un decreto fa sempre una certa impressione. Quando le buone ragioni per vietare qualcosa non ci sono, evidentemente, bisogna inventarsele e poi metterle nero su bianco. L’ingrato compito è toccato alla commissione per i Prodotti sementieri geneticamente modificati, che due giorni fa ha espresso il proprio parere spianando la strada al decreto.
Nata ai tempi di Alfonso Pecoraro Scanio, la commissione comprende rappresentanti ministeriali e delle Regioni. Sulla sua legittimità ci sarebbe da discutere, visto che non è prevista dalla legislazione europea ed è stata istituita inserendola di straforo in una legge che si occupava di tutt’altro. Fatto sta che secondo il preambolo del decreto, una delle colpe del mais Mon810 sarebbe quella di funzionare tenendo alla larga i parassiti senza bisogno di altri interventi. Infatti si legge che questo mais «eliminerebbe uno dei due pilastri su cui si basa il controllo della diabrotica in Friuli», che sono la rotazione colturale e l’utilizzo di insetticidi. Come dire che il mais Ogm ha il torto di rappresentare una soluzione semplice ed efficace a un problema che oggi richiede una strategia più complicata e onerosa, con tanto di insetticidi che vengono rivendicati come pilastro della nostra tradizione. un po’ come se, quando sono comparse le prime automobili, il governo avesse decretato che andavano vietate per non minare i pilastri della locomozione che si basa sul consumare le suole delle scarpe e sull’andare a dorso di somaro.
Accanto a questa stralunata argomentazione trovano posto anche quelle classiche: le immancabili aree di interesse naturalistico da tutelare da rischi mai dimostrati, la generica vocazione del territorio, la frammentazione fondiaria, i venti. Come se il podere di Silvano Della Libera, a Vivaro in provincia di Pordenone, fosse spazzato un giorno sì e l’altro pure dalla bora. La conclusione della commissione e del ministero è semplice: non esiste alcuna misura che in Friuli possa garantire la coesistenza, nessuna distanza di sicurezza che possa tenere il polline Ogm fuori dai campi convenzionali.
Eppure nel resto d’Europa le distanze di sicurezza le hanno individuate, indipendentemente dal fatto che il mais Ogm venga coltivato oppure no. Per conoscerle tutte basta consultare Nature Biotechnology di febbraio. In Olanda e in Svezia, per evitare incroci indesiderati tra i diversi tipi di agricoltura, si considera sufficiente mantenere una distanza di 25 metri tra un campo coltivato a mais transgenico e uno coltivato con mais convenzionale. In Francia si arriva a 50 metri, come in Spagna dove la distanza di sicurezza ha dimostrato di funzionare assai bene, visto che qui si coltivano entrambe le tipologie di mais da molti anni. In Germania hanno optato per 150 metri. I più intransigenti, come il Lussemburgo, hanno tirato fino a 800. Da noi invece la distanza di sicurezza necessaria a garantire la coesistenza è talmente grande da non poter essere contenuta nel perimetro di una regione di 7.845 chilometri quadrati. Come se un granulo pollinico di mais - che è piuttosto pesante e dunque a dispersione limitata - da noi volasse più veloce della luce. Forse al ministero pensano di avercelo superdotato, il polline naturalmente.