Antonello Piroso, Il Riformista 19/3/2010, 19 marzo 2010
IL CORSIVISTA ELOGGIA LETTA, IL TITOLISTA LO CONDANNA
Caro direttore, su Repubblica di ieri si poteva leggere, nella rubrica di Sebastiano Messina, il seguente ragionamento: «Nel concitato intreccio di telefonate scatenato dall’ira berlusconiana contro Annozero, mi hanno colpito le intercettazioni di Gianni Letta, che si lascia scappare solo quattro frasi. La prima è: ”Sì, eccomi”. L’ultima, ”Proverò a cercarlo, ciao ciao”. In mezzo due espressioni che gli intercettatori catalogano sconsolati: ”Incomprensibili”». La riflessione si chiude così: «Gianni Letta, ovvero ecco uno che ha capito la regola numero uno: se non vuoi che diventino pubbliche le cazz… che dici, non le dire».
Impeccabile, verrebbe da commentare. Letta non dice nulla, e amen: è nello stile del personaggio. Peccato che la constatazione di quanto sia stato laconico Letta al telefono - al massimo si spinge a rispondere, a proposito di una terza persona, «proverò a cercarlo», neanche «lo cercherò» (ma l’ha fatto? E cosa gli avrebbe detto? Non si sa…) - cozzi invece con l’enfasi usata dalla stessa Repubblica il giorno precedente in prima pagina: ”Rai, nelle telefonate spunta Letta”. E come? Con quelle due frasi in croce citate poco fa. Tutto qui? Tutto qui. Davvero poco, un’inezia. Ma in questa delirante fase della vita nazionale, è bastato a far sparare un titolo ambiguo - com’è soave quel ”spunta”, neanche fosse un fungo - su un personaggio che, al di là di come la si pensi, e indipendentemente da eventuali sue responsabilità nell’ambito di questa o di altra vicenda (ma al momento non si capisce quali sarebbero né la prima né le seconde), è sempre stato per tutti, amici e avversari, l’incarnazione della diplomazia e della capacità di mediazione, un interlocutore serio e affidabile. Uno pronto a tenere testa perfino a Berlusconi sulle questioni più disparate.
Un titolo volutamente strillato, insomma, quello di Repubblica su Letta. Un modo di tenere alto il volume della polemica, in una campagna elettorale già fin troppo intossicata.
A scanso di equivoci, chiariamo però che non ci sogniamo minimamente di salire in cattedra a fare la morale ai colleghi di Repubblica, facendo così lo stesso errore che - secondo noi - talvolta essi hanno commesso nei confronti di altri, per esempio di noi de La7, venendoci a dire come si dovrebbe fare - secondo loro - una completa e corretta informazione.
Ognuno fa i titoli urlati che crede - Repubblica come il Giornale, il Fatto Quotidiano come Libero, il Riformista come l’Unità - rispondendone ai lettori e al proprio editore.
Noi ci limitiamo a leggerli e a commentarli, e quando non ci piacciono - come quelli che ogni tanto fa il Giornale, e non solo sotto la direzione di Vittorio Feltri (come dimenticare infatti certe prime pagine di qualche anno fa sul cosiddetto, inesistente scandalo di Telekom Serbia, che serviva a infangare gli incolpevoli esponenti del centrosinistra?) - lo segnaliamo.
Del resto, la stampa è sempre lì a fare le pulci a quello che i telegiornali nasconderebbero e a quello che dicono, in tal caso perfino a ”come” lo dicono.
Ci permettete saltuariamente di ricambiare la cortesia?