Gigi Moncalvo, Libero 18/3/2010, 18 marzo 2010
MARGHERITA FERMATA SULLA VIA DEI SOLDI DI PAP
Nessuno è autorizzato a parlare, così come nessuno viene autorizzato a riferire ciò che viene dichiarato in maniera informale e da varie fonti. Ma dall’entourage di Margherita Agnelli emerge la più profonda indignazione, lo stupore, la rabbia, insieme a un palpabile senso di impotenza, di fronte a quella che viene considerata un’ingiustizia e «l’ennesima conferma della potenza che qualcuno ha a Torino e non solo». Coloro che Margherita ha chiamato in causa davanti al Tribunale, fin dal momento dell’avvio della causa ovviamente sono state considerate sia dalla figlia ed erede di Gianni, sia dai suoi avvocati, persone «dalla potenza indicibile, straordinaria, inimmaginabile». Ma questo non ha impedito, nonostante la guerra mediatica che è stata scatenata, a Margherita e ai suoi legali di andare avanti. Margherita sapeva benissimo che «non c’è stato nemmeno bisogno di un loro intervento diretto o mediato: è bastata la loro fama, il senso di potere che emanano..». Margherita ha saputo la notizia della decisione del giudice verso le 12 di ieri nella sua casa di Allaman, vicino a Ginevra. Qualcuno sostiene di averla ”avvistata” ieri a Torino all’ingresso dell’Hotel Principi di Piemonte ma in realtà in quell’albergo stava invece scendendo sua zia Maria Sole Agnelli, arrivata a bordo di un’auto con targa svizzera, e ha incrociato casualmente un’affascinante fanciulla che frequenta i Grande Stevens.
Margherita è rimasta ore al telefono, si è consultata coi suoi avvocati, non è stata presa per il momento alcuna decisione: si aspetta la mattinata di oggi per conoscere le motivazioni. «Le sentenze si rispettano ma, se non convincono, si impugnano», scrivono Andrea e Michele Galasso in una breve nota che lascia presagire il ricorso in Appello. La storia quindi non finisce qui. Ed è facile immaginare altri colpi di scena e altri documenti. In particolare il giudice ha respinto le richieste A, C, D della Signora Agnelli: ordinare a Grande Stevens, Gabetti e Maron il rendiconto dei beni lasciati da Gianni Agnelli alle due legittime eredi, dividere tra Margherita e Marella l’eredità residua e tenuta sommersa, l’eventuale vendita della parte non divisibile di tale residuo patrimonio ”nascosto”.
L’ACCORDO DEL 2004 Non si fa cenno nella sentenza al punto B, cioè dichiarare la nullità dell’accordo intervenuto tra madre e figlia nella primavera 2004 in Svizzera. Tale decisione era subordinata al ”sì”o’no”al rendiconto e comunque veniva a cadere dato che Gabetti, Grande Stevens e Maron dopo aver chiesto in un primo tempo la validità di quell’accordo, in seguito ritirarono tale richiesta. Per quanto riguarda l’appello ovviamente i chiamati in causa da Margherita non hanno alcun interesse a presentarlo, mentre Margherita ha un anno di tempo. Secondo alcuni è stato proprio il modo in cui è stato impostato il processo iniziale e le richieste avanzate dalla iniziale citazione, con successivo cambio degli avvocati e quindi di linea, che ha ”facilitato” la sentenza di ieri. In attesa di conoscere le motivazioni, due punti vengono sottolineati dall’entourage di Margherita per ritenere sommamente ”singolare”, oltreché ingiusta, la decisione della dottoressa Brunella Rosso Pizzetti (è la consorte del Garante per la privacy), presidente della seconda sezione del tribunale Civile di Torino: i tempi con cui è stata presa la decisione e le modalità con cui la notizia è stata diffusa. Questo confermerebbe alla signora Agnelli che qualcuno voleva mandarle un messaggio chiaro e inequivocabile: «Gentile contessa, si tolga dall’orizzonte. Lei ci sta dando fastidio. In questi trentaquattro mesi, cioè dal momento in cui nel maggio 2007 lei ha osato attivare la magistratura, non ha voluto capire nessuno dei tanti messaggi chiari ed inequivocabili: si tolga dai piedi, vada via, non si faccia più vedere, non osi rivolgersi a un giudice. Non l’ha ancora capito che quello che fa non otterrà alcun risultato?». Quello che ”loro” volevano e vogliono – trapela dall’entourage ”era ed è «un fragoroso, violento pugno sul tavolo in maniera che la signora, e non solo lei, capisse che non c’è niente da fare: è inutile mettersi contro certi potenti. Loro sono capaci perfino di inventare una montagna in un paesaggio che non c’è…». A questo proposito vengono messe in rilievo alcune singolarità sui tempi in cui la decisione è stata presa. Un avvocato civilista di grande esperienza, e fuori dall’atmosfera che regna a Torino, afferma che «non si era mai visto dare in soli quaranta giorni un giudizio su una controversia così complessa ». A quanto è dato sapere l’ultimo deposito di atti è avvenuto addirittura solo due giorni prima della decisione, cioè lunedì 15 marzo, mentre poco più di un mese fa, il primo febbraio, erano state depositate le cosiddette ”conclusionali”. Possibile sia bastato il breve spazio tra lunedì e ieri mattina?
L’aria che tirava era emersa fin dall’ottobre scorso allorché la dottoressa Rosso respinse tutte le ulteriori prove che Margherita aveva presentato e, soprattutto, non ammise una lunga serie di testimoni che avrebbero dovuto rispondere a 48 stringenti domande per dimostrare che Gabetti, Grande Stevens e Maron di fatto da anni ”gestivano” il patrimonio personale dell’Avvocato. Anche i tre chiamati in causa avrebbero dovuto rispondere a uno stringente interrogatorio formale, «ma il giudice ha evitato loro quest’’onta». E ha ritenuto irrilevanti anche testimonianze come quelle di Gabriele Galateri di Genola, Virgilio Marone, Paolo Fresco, Serge De Pahlen, Antonio Giraudo, Luigi Arnaudo, Daniel Winthler, Umberto Beliazzi, Vittorio Ghidella, Galeazzo Scarampi, l’investigatore belga Marc Hurner, i referenti svizzeri Paolo Bernasconi e Ursula Sculte.
CAUSA TROPPO CALDA
Questa era ed è indubbiamente una causa troppo scottante. Non a caso venne mandata subito in Cassazione per decidere se la giurisdizione era italiana o svizzera. La Suprema Corte rimandò la causa a Torino, Nei mesi successivi «vennero bocciate tre quarti delle richieste dell’avvocato Abbatescianni», che in quella fase rappresentava Margherita. Insomma un processo in salita.
Un’altra ”prova”di una certo timore reverenziale nei confronti dei chiamati in causa da Margherita è collegata, secondo chi è vicino a Margherita, alle modalità con cui la notizia è stata data ieri: nell’ora centrale dei TG, mettendo in rilievo soprattutto che Margherita «aveva fatto causa alla madre», «dimenticando » addirittura uno dei nomi dei tre chiamati in causa.Mala storia non finisce qui e fatti o date o indagini apparentemente scollegate, possono modificare il quadro della situazione. Ad esempio l’imminente sentenza del Tribunale di Torino con le richieste di pesanti condanne per Grande Stevens e Gabetti in relazione all’equity swap, le nuove carte Che Margherita ha consegnato alla Procura di Milano in relazione al caso-Gamna, ma soprattutto l’indagine dell’Agenzia delle Entrate sul patrimonio estero dell’Avvocato.