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 2010  marzo 18 Giovedì calendario

DERIVATI QUATTRO BANCHE INDAGATE PER TRUFFA

Da una parte la mancanza di un’informazione corretta sulla stipula dei contratti con l’equiparazione di un ente pubblico come il Comune di Milano a soggetto contraente senza garanzie. Dall’altra l’esistenza di un profitto immediato di quasi 53 milioni di euro messo tra gli utili di bilancio delle banche (lievitato poi fino a 100) in violazione della normativa Consob e internazionale in base alla quale il Comune avrebbe dovuto essere messo in condizioni di parità con gli istituti di credito. «Spogliando dolosamente Palazzo Marino», con una danno quantificato, per ora, in 100 milioni di euro.
Sono questi i due elementi d’accusa alla base del rinvio a giudizio con il quale il gup Simone Luerti, su richiesta del pm Alfredo Robledo, ha mandato a processo per truffa aggravata quattro istituti di credito internazionali e 13 imputati. Un processo "pilota", per ora tra i primi a livello internazionale, il cui verdetto potrebbe stabilire un precedente giurisprudenziale importante per le altre inchieste sparse per il Paese.
Le banche chiamate a giudizio sono JP Morgan, Deutsche Bank, Depfa Bank e Ubs chiamate a rispondere della negoziazione di uno swap con scadenza trentennale emesso nel 2005 e rimodulato per ben sei volte (le ultime due sotto la Giunta Moratti), sempre a svantaggio del Comune.
Ben 11 i manager coinvolti - per Ubs, Gaetano Bassolino, figlio del governatore uscente della Campania, Mateo Stassano e Alessandro Foti; Tommaso Zibordi e Carlo Arosio di Deutsche Bank; Antonio Creanza, Fulvio Molvetti, Simone Rondelli e Francesco Rossi Ferrini di JP Morgan; Marco Santarcangelo e William Francis Marrone di Depfa Bank - oltre a due funzionari del Comune, l’ex direttore generale Mauro Porta e il consulente Mauro Mauri, esperto della ristrutturazione del debito comunale, entrambi collaboratori dell’ex sindaco Albertini.
Il «Regno delle quattro banche sostenute dallo Spirito Santo», così come recitava un finto diplomino trovato tra le carte sequestrate ai vari manager, ora dovrà dimostrare quali furono o sarebbero stati i vantaggi per la Pubblica Amministrazione indotta, secondo le accuse, a firmare un impegno finanziario per i prossimi trent’anni senza alcuna rete di protezione. Per il pm Robledo infatti le banche, che ieri hanno respinto ogni addebito, agirono sia in vesti di advisor che di consulenti del Comune, avendo un interesse preciso a dare una prospettazione non corretta sulla convenienza economica di una ristrutturazione del debito di Palazzo Marino pari a circa 1,7 miliardi di euro. Nei fatti, sarebbe emerso che i contratti da una parte furono strutturati sempre a favore delle banche erogatrici e dall’altra che venivano stipulati, a Londra, in maniera molto veloce, con una procedura che andava dalle 2 o 3 settimane al massimo di un mese.