Paola Pica, Corriere della Sera 18/03/2010, 18 marzo 2010
L’ADDIO DI UNICREDIT ALLE GENERALI
Unicredit cede (come atteso) la sua partecipazione in Generali e fa posto (a sorpresa), nell’azionariato del Leone, a uno dei suoi soci stabili e più influenti, di sicuro il più attivo, la Fondazione Crt rappresentata in consiglio da Fabrizio Palenzona. Alla vigilia di un’importante partita sui vertici della compagnia triestina in scadenza a fine aprile, il pacchetto del 2,84% della compagnia triestina è stato messo in vendita con un «accelerated book building», ma solo una parte frazionale è finita al mercato. Il grosso (2,26%) è andato all’ente torinese e alla finanziaria del Nordest Ferak (Amenduni, Palladio, Fimint, Veneto Banca) già in possesso dell’1,7% delle Generali. L’acquisto è avvenuto attraverso un veicolo comune, la newco Effeti. Gli acquirenti hanno marcato il carattere «strategico» dell’investimento e confermato l’approccio «istituzionale» della Fondazione che in Generali sosterrà le scelte del primo azionista Mediobanca. Effeti ha sborsato 18 euro ad azione per un totale di 635 milioni di euro. Dalla cessione dell’ intera quota Unicredit ha incassato 796 milioni con una minusvalenza di 67. Va ricordato che nel Leone sono già presenti altre fondazioni, tra le quali la Cariplo.
Con il passaggio di mano del pacchetto si chiude, per Unicredit, il capitolo iniziato nel 2003 con l’intervento realizzato insieme a Capitalia e a Mps a difesa dell’italianità della compagnia. Nel 2007, per il via libera alla fusione con Capitalia, l’Antitrust aveva imposto la dismissione della quota, poi prorogata due volte. «Eravamo costretti a vendere prima di fine giugno, ma più ci si avvicina alla fine del periodo più si abbassa il prezzo» ha spiegato Alessandro Profumo ieri a Londra per la presentazione dei conti 2009 chiusi con un utile sopra le attese pari a 1,7 miliardi (in calo del 57% sul 2008) e il ritorno alla cedola in contanti (3 centesimi) dopo il dividendo in azioni distribuito nel 2008. Il monte dividendi è di circa 550 milioni.
Grazie anche ai 4miliardi dell’ aumento di capitale concluso nel mese di febbraio, il Core tier 1, principale indicatore di solidità patrimoniale, è salito all’8,47%, tra i più alti del sistema. La banca ha «un capitale molto solido» ha detto Profumo, idoneo per sostenere «la crescita».
La portata e la rilevanza sul sistema dell’operazione Generali (Crt e i veneti saranno i terzi azionisti alle spalle di Mediobanca e Banca d’Italia) non hanno comunque distratto la comunità finanziaria dal braccio di ferro in corso tra i soci e Profumo sulla Banca Unica, il piano «One for client», che l’amministratore delegato ha difeso anche ieri nella City. Il mercato ha festeggiato il «no» opposto da Profumo a una domanda sulle sue possibili dimissioni spingendo il titolo su oltre il 7% (+6,2 in chiusura). «Non ho mai pensato di dimettermi e non ho nemmeno minacciato di farlo», ha chiarito l’amministratore delegato spendendo qualche parola anche per "raddrizzare", almeno dal suo punto di vista, la questione posta da alcuni soci dell’introduzione di un direttore generale di riferimento territoriale per l’Italia. Ma per Profumo il tema vero «è il cambiamento delle funzioni di una holding che diventa società operativa». Di questo si dovrà parlare da qui all’approvazione, il 13 aprile, del piano di riassetto e, su questo, «sarà avviato un processo per analizzare le diverse problematiche».
Paola Pica