Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 18 Giovedì calendario

IL FATTO DI IERI - 18 MARZO 1890

Girava, nella Napoli di metà Ottocento, questa filastrocca… ”alla fine del cammino, vado a pranzo da Pallino!”. Per i gourmand napoletani Pallino era qualcosa di più di una trattoria. Era una ”pagliarella”, dal nome del pergolato che la circondava, sulle pendici del Vomero, animata da tal Pallino, nome d’arte di Nicola Micera, gran cuoco, per anni, nella tenuta dei principi di Tricase. Luogo di epiche scorpacciate e sede di un bizzarro simposio cultural-gastronomico detto la ”Società dei Nove Musi”, cenacolo di bibliofili con la passione per la cucina verace, fondato nientemeno che da Benedetto Croce nel marzo 1890. Religiosamente riuniti davanti ai sartù e alle pastiere di Pallino, i ”n ov e musi”, scrittori, archeologi, poeti, tutti convitati di lusso, per anni festeggeranno, come da statuto, l’uscita di ogni nuovo libro di ciascuno dei soci, in un eccentrico incrocio tra cibo e cultura. Di quella strana osteria letteraria, frequentata da ospiti illustri come Scarfoglio e Di Giacomo, Matilde Serao scriverà ”…quella veranda, con l’eccitante odore delle vivande palliniane, oltre ai nove musi, era popolata dai tipi più noti, venuti a Napoli per visitare questa benefica sede dell’allegria partenopea”.