Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 10/3/2010, 10 marzo 2010
CAPOLAVORI DELLA LAGUNA
Ci sono pezzi rarissimi, come il «Vaso sommerso» in foglia d’oro e cristallo, disegnato da Flavio Poli nel 1936 per la vetreria Barovier-Seguso e Ferro. O il «Vaso Battuto», disegnato nel 1940 da Carlo Scarpa per la vetreria Venini. Si possono ammirare tra le opere esposte nella mostra «Venezia e il secolo della Biennale», inaugurata ieri al museo Carlo Bilotti (Aranciera di Villa Borghese, viale Fiorello La Guardia, tel. 060608), dove resterà aperta fino al 9 maggio.
Gli straordinari vasi fanno parte della raccolta della Fondazione di Venezia, che espone qui una scelta di opere tra dipinti, vetri e fotografie per ripercorrere le tappe del rapporto centenario che la lega alla Biennale. Una collezione ricchissima che normalmente non è esposta al pubblico e quindi questa è un’occasione unica per vedere una trentina di vetri straordinari, disegnati da artisti o architetti per l’esposizione d’arte e che la Fondazione ha iniziato ad acquistare alla Biennale del 1930. Dei sette pezzi unici acquisiti in quell’anno resta soltanto il bellissimo piatto a mezza filigrana disegnato da Scarpa per Venini. Gli altri, fragilissimi, non hanno lasciato traccia. Ma è anche un’occasione per approfondire le vicende artistiche legate alla Biennale e che hanno segnato il secolo scorso, con gli innumerevoli eventi, le polemiche, i mutamenti politici e gli scandali clamorosi.
Una storia documentata da una cinquantina di dipinti, tra i quali spiccano le opere di Boccioni e De Pisis, Carena e Casorati, Depero e Cagnaccio di San Pietro, Marussig e Vedova, Santomaso e Pizzinato, Tancredi e Plessi. Artisti che sono presenti non solo con le opere, ma anche con una selezione di fotografie provenienti dall’archivio di Graziano Arici e dall’archivio De Maria, della stessa Fondazione.
La collezione della Fondazione di Venezia (che proviene in gran parte dalle acquisizioni fatte nel corso di un secolo dalla Cassa di Risparmio locale) nasce praticamente con la Biennale, nel 1895, e con la Fondazione Bevilacqua La Masa per i giovani artisti, per certi versi «provocata» dalla stessa Biennale che all’inizio era dominata dai grandi maestri delle Accademie europee. Nel 1898 infatti, la duchessa Felicita Bevilacqua, vedova del generale garibaldino La Masa, decise di lasciare al Comune il suo imponente Palazzo di Ca’ Pesaro, purché destinato, come scrisse nel testamento «a profitto dei giovani ai quali è interdetto l’ingresso alle grandi mostre».
dunque a Ca’ Pesaro che si manifestano le nuove tendenze dell’arte moderna, per merito di giovani come Gino Rossi e Arturo Martini, Felice Casorati e perfino Amedeo Modigliani, che nel suo viaggio verso Parigi si fermerà a Venezia un paio di anni ai primi del Novecento. Ed è qui che Boccioni allestisce nell’estate del 1910 la sua prima personale, presentata da Marinetti e accolta con entusiasmo dai giovani Futuristi che qualche mese prima avevano lanciato volantini con insulti alla città, definendo le «gondole sedie a dondolo per cretini».