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 2010  marzo 09 Martedì calendario

«TENIAMO I MURI PULITI». STUDENTI CONTRO LE SCRITTE CON SPAZZOLE E DETERSIVI

Rebecca Spitzmiller, americana a Roma da una ventina d’anni, un bel giorno ha detto basta. «Abito al quartiere Africano, in un palazzo che aveva da sempre le facciate ricoperte di scarabocchi, parolacce, disegni osceni, tracciati con le bombolette di vernice spray. Nell’ultimo incontro di condominio avevamo finalmente deciso di affrontare i lavori di restauro, ma non prima di tre anni. Se nel frattempo volevamo far pulire le scritte, il costo aggiuntivo era di diecimila euro. Non potevo accettare». Così Rebecca ha deciso di fare da sola, con l’aiuto del figlio adolescente. Ha preso un detersivo spray, «di quelli che si usano per pulire il forno», precisa. Poi è andata dal ferramenta ad acquistare una spazzola di ferro, una mascherina, un paio di guanti, un paio di occhiali di protezione e si è messa all’opera. In cinque pomeriggi di lavoro e quarantacinque euro di spesa, il palazzo è tornato come nuovo.
Sulla scia dell’entusiasmo Rebecca ha pensato che l’esperienza si poteva estendere a tutta la città. Ha coinvolto una fondazione ( www. fondazionegaribaldi.it), un paio di scuole e lo staff dell’Ambasciata americana. «Tutti entusiasti», assicura. Il progetto è di fare una campagna di pulizia e al tempo stesso una campagna educativa. Ci tiene a specificare: «Non ce l’abbiamo con i graffitari, considerati artisti da molti critici, ma con gli imbrattatori, che sono un’altra cosa». E spiega che il progetto prevede due fasi. «Nella prima abbiamo lanciato una specie di concorso dove gli studenti sono invitati a creare il messaggio per altri giovani: "per favore teniamo pulita la nostra città". Si accettano foto, articoli, blog. Un comitato sceglierà i vincitori». La seconda fase è di tipo pratico. «Si va tutti insieme a pulire, suddivisi per gruppi e per turni. Abbiamo cominciato con le scuole internazionali, dove il programma prevede che gli allievi debbano lavorare per 150 ore al servizio della comunità». Sono partiti dalla chiesa di Sant’Emerenziana. Tutti i giovedì pomeriggio, i passanti possono vedere Rebecca accompagnata da una ventina di ragazzi che, armati di detersivo e spazzola, ripuliscono le facciate della chiesa, metro quadrato dopo metro quadrato. Qualcuno si ferma e domanda: «E se domani qualcuno le sporca di nuovo?». «Finora non è successo», risponde Rebecca. Ed è convinta che se l’operazione si estendesse in tutta la città, gli imbrattatori alla fine ne sarebbero scoraggiati. «Certi ragazzi mi hanno confidato che a loro non sarebbe mai venuto in mente di pensare la città in modo diverso. Dicono che hanno sempre creduto che fosse normale vedere i muri imbrattati. Li hanno visti così da sempre, da quando sono nati».