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 2010  marzo 07 Domenica calendario

LA PARABOLA

Quando pensiamo alla scultura antica ci viene in mente prima di tutto la collezione conservata nel Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini: la carrellata di busti dei filosofi e degli imperatori, la splendida scultura del Galata morente, la Venere Capitolina e l’imponente statua di Marforio che, con la fontana, domina il cortile e la collezione egizia. Ma tra queste pur stupende opere non sappiamo distinguere il percorso compiuto dall’arte romana, il modo in cui i romani riuscirono a elaborare un proprio linguaggio artistico sulla base della straordinariamente ammirata cultura figurativa greca. I Musei Capitolini, nati nel 1471 quando papa Sisto IV donò al popolo un gruppo di statue di bronzo di grande valore simbolico e conservate fino ad allora in Laterano, presentano infatti un ordinamento museale di grande fascino, ma che dal Settecento è rimasto sostanzialmente invariato. Le statue, frutto del collezionismo delle grandi famiglie aristocratiche dei secoli passati, sono infatti esposte secondo un semplice criterio di «gallerie di sculture», collocate l’una a fianco all’altra senza un intento cronologico. Un criterio che non permette di offrire ai visitatori un quadro coerente e articolato sullo sviluppo dell’arte romana.

 da questa constatazione che Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce hanno avuto l’idea del progetto «I Giorni di Roma»: un programma di cinque grandi mostre, una per ogni anno da qui al 2014, promosse dal ministero dei Beni culturali in collaborazione con il Comune e organizzate da Zétema e da MondoMostre. L’iniziativa vuole fornire al pubblico una chiave di lettura semplice, ma scientificamente rigorosa e documentata, sulle principali tappe percorse dall’arte romana, a cominciare dal terzo secolo a.C., per una sua definitiva emancipazione dall’onnipresente modello greco. Tre di queste mostre presentano infatti un taglio cronologico e hanno denominazioni molto evocative: «L’età della conquista», «L’età dell’equilibrio» e «L’età dell’angoscia». Le altre due hanno un taglio tematico: «Il volto dei potenti» e «Costruire un impero».

La prima, che è dedicata all’età della conquista e si inaugura il 12 marzo alla presenza da Giorgio Napolitano (è stata rinviata di qualche giorno proprio per permettere al presidente, bloccato da altri impegni, di essere presente), tratta il periodo che va dalla seconda guerra punica fino a Giulio Cesare. Sono i decenni in cui Roma espande progressivamente il proprio controllo su tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Spagna alle coste dell’Asia Minore. Per quanto riguarda l’arte, è il periodo in cui si assiste alla formazione di un linguaggio figurativo squisitamente romano, pur facendo tesoro di tutta la cultura artistica greca, ormai assorbita e modificata secondo le specifiche esigenze della nuova committenza.

Segue, nel 2011, «Il volto dei potenti», dedicata al ritratto. «Nato anch’esso da matrice greca - spiega La Rocca - divenne rapidamente un potente canale di comunicazione visiva, capace di raffigurare in modo magistrale non solo l’effettiva fisionomia dei romani, ma anche di trasmettere un messaggio politico attraverso una sapiente scelta degli opportuni moduli espressivi». «Costruire un impero», prevista per il 2013, approfondisce invece il tema dell’architettura, illustrando le trasformazioni progressive delle città dell’Impero, soprattutto a partire da Augusto, quando la città di terracotta divenne una città di marmo, come l’imperatore dichiarò con orgoglio in punto di morte.

Nel 2013 si affronta «L’età dell’equilibrio», quell’età d’oro - come la chiamarono gli stessi romani - vissuta durante i regni di Traiano, Adriano, Antonino Pio e, in parte, di Marco Aurelio. Un periodo im cui l’impero è ormai alla sua massima espansione e in arte dominano i concetti di pacatezza, classicità, eleganza formale, fino a quando, con Marco Aurelio, cominciano ad avvertirsi i sintomi di una frattura rispetto alla tradizione. E arriva così «L’età dell’angoscia», che chiuderà il ciclo nel 2014. Dedicata soprattutto al terzo secolo dopo Cristo, il periodo compreso tra Settimio Severo e Diocleziano: età di profonde inquietudini in cui anche l’arte cerca risposte nuove alla crisi e i volti degli imperatori e dei privati assumono espressioni a volte malinconiche a volte drammatiche, oppure distaccate e assenti, secondo modi mai sperimentati prima.