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 2010  marzo 14 Domenica calendario

«SONO MIHAJLOVIC MI MANDA MANCINI»

«Not bad». il più importante dei 73 sms ricevuti da Sinisa Mihajlovic, 41 anni, serbo di Vukovar, nel giorno più importante da quando è passato dal campo alla panchina. Perché se annichilire la Juve a Torino è stato il punto di svolta del Catania (ai suoi ordini dall’ 8 dicembre), il successo sull’ Inter è un passaggio esistenziale personale: Sinisa «tira la bomba» non è piu solo «il vice». «Niente male» è il messaggio del suo amico e sodale Roberto Mancini, quello che «lo manda» e con cui divide molte passioni a cominciare dagli abiti di sartoria. «Lui ormai parla inglese». Prima, nell’ umidità catanese, Sinisa «tira la bomba» aveva incassato i complimenti di Mourinho: «Mi è dispiaciuto aver battuto l’ Inter, ma si rifaranno col Chelsea». Appassionato di scarpe, camicie bianche e profumi, che acquista in un negozio di Roma, sposato con Arianna, cinque figli, Sinisa è sempre stato diretto ma soprattutto coerente. Non rinnega nulla: l’ odio per gli americani, l’ ammirazione per Milosevic («aveva la mia maglia della Stella Rossa, mi disse che se tutti i serbi fossero stati come me ci sarebbero stati meno problemi»), il necrologio per Arkan («era un amico e io gli amici non li tradisco»). Parla chiaro, forse troppo. «Bisogna essere uomini sempre e dire le cose in faccia». Era uno specialista dei calci piazzati (Sinisa «tira la bomba»). «Da bambino ho imparato che la palla non voleva che la dribblassi, ma la calciassi». Di fronte al cucchiaio di Mascara ha commentato: «Se sbagliava l’ avrei attaccato al muro. Non sapevo che l’ avrebbe fatto, altrimenti non gli avrei assegnato il rigore. In allenamento non l’ ha mai provato: se lo vedevo, lo cacciavo». Non ha letto i giornali, non ha guardato i voti. «Non li guardavo da giocatore, figuriamoci ora». Dopo la partita è andato serenamente a cena con amici e poi a dormire («io dormo sempre benissimo e di solito non sogno») in albergo. Quindi se n’ è tornato a casa, in famiglia. L’ apprendistato bolognese con esonero finale gli è servito. Forse ha pagato quel suo «dire le cose in faccia» (o la presenza occulta di Luciano Moggi), ma pare che ora tratti meglio i giocatori. A muso duro sempre, ma mai arrogante. Anche con l’ Inter ai suoi piedi. «I piedi teniamoli per terra». Sinisa «tira la bomba» a chi si monta la testa.
Roberto Perrone