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 2010  marzo 14 Domenica calendario

IL PROGRESSO E LA NATURA NEI DRAMMI DI CECHOV

Mi piacerebbe che i lettori del Corriere avessero un «assaggio» di ciò che mi sono divertito a tradurre dal 1° atto della commedia «Zio Vania» (1897!), che è stata anche data un paio di mesi fa in Italia in lingua originale: «Il bosco abbellisce la Terra, fa apprezzare la bellezza agli uomini, sollevando loro lo spirito. Il bosco addolcisce i climi freddi. Nei Paesi dove il clima è mite fa risparmiare energia nel difendersi dalla natura e per questo gli abitanti sono più gentili e dolci; là la gente è carina, elegante, sensibile, discorre con raffinatezza e si muove con grazia. Da loro fioriscono scienze ed arti, la filosofia non è pessimista, si comportano con le donne con squisita cortesia. Sulla foresta russa si abbatte l’ ascia, muoiono miliardi di alberi, privando del rifugio gli animali selvatici e gli uccelli, assottigliando e inaridendo i fiumi, irreversibilmente guastando splendidi paesaggi, e tutto ciò perché la gente è pigra per piegare la schiena e scavare il combustibile dal terreno. Bisogna essere dei barbari per incenerire nelle stufe tanta bellezza, per distruggere ciò che non è rinnovabile. All’ Uomo è stato dato l’ ingegno per sfruttare le risorse disponibili, ma finora invece di creare, ha distrutto. Ci sono sempre meno boschi, i fiumi si seccano, gli animali si estinguono, il clima peggiora, e ad ogni giorno che passa la terra si impoverisce e si degrada». Che ne dice? Mutatis mutandis, c’ era anche allora la sindrome di fine secolo.
Giusto Buroni
giustoburoni@libero.it
Caro Buroni, qualche anno dopo la rappresentazione di «Zio Vania», Anton Cechov scoprì che il taglio degli alberi non serviva soltanto a fare legna per le stufe e i camini dell’ inverno russo. Tra la fine dell’ Ottocento e i primi del Novecento la Russia, grazie alla costruzione di una estesa rete ferroviaria, attraversò una fase di grande sviluppo economico. Nacquero industrie siderurgiche, chimiche, minerarie. Si aprirono nuove banche. Furono importate le tecnologie occidentali. Cominciò lo sfruttamento delle risorse petrolifere del Caucaso. E apparve una nuova classe formata da imprenditori e mercanti, molti dei quali provenivano da categorie sociali che nella società russa erano state sino ad allora «periferiche»: immigrati stranieri, Vecchi credenti (la costola tradizionalista dell’ Ortodossia) e discendenti di servi della gleba. Questa nuova borghesia del denaro volle abitare in case moderne e avere, come la nobiltà, una villa in campagna. Questa rivoluzione economico-sociale è lo sfondo contro il quale si svolge l’ azione dell’ ultimo dramma di Cechov. Nel «Giardino dei ciliegi» una famiglia della piccola nobiltà si ritrova per qualche giorno, dopo il ritorno della madre da Parigi, nella grande villa degli avi, accanto a una città di cui l’ autore non dice il nome. Sono persone intelligenti, fini, sensibili, agitate da grandi emozioni e tormentate da nobili dilemmi. Ma sono del tutto inadatte alle sfide della società moderna, hanno sperperato il loro denaro e vivono di debiti a cui devono fare fronte con onerosi interessi. Hanno tuttavia una straordinaria ricchezza naturale: un grande giardino dei ciliegi noto in tutta la regione per la sua bellezza. Un ricco uomo d’ affari, figlio di un servo della gleba ma devoto alla famiglia, spiega che non esiste altra soluzione fuor che quella di tagliare i ciliegi. «Senta - dice il ricco Lopachin alla madre - il mio progetto è questo. La sua proprietà è a una ventina di chilometri dalla città: col treno che hanno costruito adesso, che ci vuole? Niente (...) lottizzando il giardino dei ciliegi e tutta la proprietà lungo il fiume in appezzamenti da affittare per costruire villini, lei avrà una rendita di 25.000 rubli all’ anno». Parole al vento. La famiglia non il senso degli affari e il giardino verrà comprato da Lopachin. Mentre cala il sipario, risuonano nel buio del teatro i colpi delle scuri che abbattono gli alberi. Il «Giardino dei Ciliegi« andò in scena a Mosca, nel teatro di Stanislavskij il 17 gennaio 1904. Cechov morì il 2 luglio dello stesso anno.
Sergio Romano