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 2010  marzo 14 Domenica calendario

TRAGUARDO A 120 «C’E’ GIA’ SCRITTO NEL DNA UMANO»

Il sogno di don Luigi Verzè di aiutare gli uomini ad arrivare a 120 anni non è campato in aria. Quando il fondatore del San Raffaele di Milano lo racconta tra gli applausi è il 22 giugno 2007. L’ occasione è la posa della prima pietra del Quo Vadis, il centro che sorgerà tra le colline del Veneto entro il 2012 per prendersi cura di chi è sano ed evitare che s’ ammali. Quella del sacerdote non è una boutade perché, in realtà, il traguardo dei 120 anni è già scritto nel nostro Dna. La scoperta è di Pier Giuseppe Pelicci, alla guida dell’ Oncologia sperimentale dell’ Istituto europeo di Oncologia (Ieo), fondato da Umberto Veronesi: « questa la durata della vita prevista dal codice genetico umano - spiega lo scienziato -. Il problema è che le malattie, almeno per ora, impediscono di arrivarci». La sfida verso l’ immortalità del sacerdote che teorizza una nuova medicina sentinella per corpo, psico-intelletto e spirito, e quella dello scienziato laico che ha dedicato la vita alla lotta contro il cancro, s’ incrociano nei rispettivi laboratori di ricerca (dove lavorano complessivamente oltre 1.500 studiosi). Cure personalizzate e prevenzione sono il pallino di Federico Calligaris Cappio, a capo dell’ Oncologia del San Raffaele: «L’ obiettivo è arrivare a capire sempre di più come funzionano le MicroRna, la cupola di cellule che controllano i geni 16, 18, 221 e 222 legati ai principali tipi di tumori - dice il medico -. Comprendere quali alterazioni dei geni possono scatenare in ciascun individuo il cancro è fondamentale per mettere a punto terapie mirate». Predire il rischio di ammalarsi con i test del Dna - e correre subito ai ripari - è l’ altra grande scommessa che il San Raffaele tenterà di vincere anche con il Quo Vadis. Le parole con cui don Verzè lo presenta il 22 giugno 2007: «Sarà una palestra, per tutte e tre le componenti del corpo. Saranno integrate le analisi genomico molecolari, la medicina predittiva, l’ impostazione di costumi alimentari, la promozione dello sviluppo organico, fisiologico e cerebrale e lo sport medicalmente gestito». Dopo avere individuato il gene P66 - quello, per l’ appunto, che segna il traguardo della vita a 120 anni -, invece, Pier Giuseppe Pelicci dedica le sue giornate a combattere i maledetti killer che, presentandosi sul tragitto, limitano l’ età media a 80 anni. «Tutto è partito dalla scoperta che i topi a cui abbiamo tolto il gene P66 vivono di più - sottolinea -. Erano gli anni Novanta. Adesso siamo concentrati a individuare i geni dell’ elisir di lunga vita (oltre i 120 anni, ndr) che, poi, sono gli stessi che alterandosi provocano le malattie». Uno degli assassini più feroci è il sovrappeso: «Il tessuto adiposo favorisce i processi di produzione di ormoni colpevoli sia delle infiammazioni sia della crescita abnorme di cellule maligne». In un futuro prossimo, test mirati potranno aiutare chi è in sovrappeso a valutare il rischio di ammalarsi di cancro. Insomma, quello dell’ immortalità resta un sogno. L’ elisir di lunga vita no. O, almeno, c’ è da sperarci.
Simona Ravizza