EGLE SANTOLINI, La Stampa 14/3/2010, pagina 23, 14 marzo 2010
ADDIO BOUTIQUE MI VESTO IN LEASING
L’hanno chiamato Ego, ma l’io strabordante qui c’entra poco: anzi, di condivisione e di equosolidarietà si tratta, oltre che di risparmio, in termini di tempo e di spazio (nell’armadio). La sigla sta infatti per Ecologico Guardaroba Organizzato ed è un’idea completamente made in Italy che ti permette di rinnovare il guardaroba tutti i giorni e di infischiartene dei problemi di tintoria, stiratura e riparazione sartoriale. Funziona così: se abiti a Brescia o a Milano (ma nel giro di qualche mese anche in altre città, visto che si sta mettendo a punto un sistema di franchising) vai in un atelier e ti scegli sette capi. Te li porti a casa in un involucro di cartone e poi cominci a giocarci: li assembli, li assortisci, scopri che cosa ti sta bene oppure no, tu che vestivi sempre di nero «perché sfina» ti ritrovi a osare il ciclamino o la zucca, il pantalone fasciante o la vita bassa. Tanto vale per un po’, e mica sono tuoi quei vestiti. Dopo una settimana, infatti, li restituisci e ne scegli altrettanti. Oplà, sei entrata nel giro (a numero chiuso: per il momento, la disponibilità è di 400 socie a Milano e altrettante a Brescia). Quei capi li potrai riavere, lavati e stirati, anzi igienizzati da una tintoria specializzata, se e quando te ne tornerà la voglia. E se proprio ti affezionerai a un tubino nero, a una camicia o a una maglietta, a fine stagione te li potrai comprare al prezzo politico di dieci euro. Il servizio completo costa 40 euro a settimana. Se il meccanismo ti convince, puoi pagare l’iscrizione annuale (170 euro, 150 ora che è in promozione) e poi farti coinvolgere, stagione dopo stagione, 40 euro dopo 40 euro in questa versione per adulte del gioco della Barbie.
La «genialata», secondo la definizione di una cliente, è venuta in mente a Vittoria Bono Rovetta, una signora bresciana ora quarantasettenne brava a disegnare modellini di abiti ma rimasta a casa per molto tempo a crescere la figlia Valentina. Che adesso, a 23 anni, diventata amministratore dell’impresa di famiglia, ne spiega la filosofia. «Vittoria voleva pensare alle donne che lavorano, tengono pulita la casa, badano ai bambini e non hanno mai tempo. Le sue amiche sognavano: come sarebbe bello non dover più stirare. Ha notato che è la faccenda domestica che pesa di più a tutte? E allora è andata dal commercialista di famiglia e ha detto: io farei così e così. Lui ha tentato di spaventarla: è sicura? Lei rischia il disastro...».
Ma il disastro è diventato una success story, perché nella sede milanese di Ego, un’ex distilleria ristrutturata in un quartiere molto trendy di Milano, a ridosso di via Ripamonti, si respira l’aria dell’avventura che sta scoppiando fra le mani e diventando importante. Probabilmente perché è armonica allo spirito di questi anni: dove le stranezze (e i costi) della moda destano sempre maggiori perplessità, le fashion victim battono in ritirata e al massimo perdono la testa per una borsa o un paio di tacchi, l’ultimo exploit commerciale sono i negozi orlo express e un numero crescente di signorine si dedica agli swap party dove si barattano i vestiti, oppure compulsa eBay per un Marc Jacobs o un Balenciaga, sì, ma a prezzo stracciato.
Vittoria e Valentina seguono l’impresa dall’inizio alla fine. Assoldano gli stilisti che cambiano a ogni stagione (e intanto si danno buone opportunità ai nuovi talenti), sviluppano le taglie, curano la produzione dei capi in vari laboratori nella zona di Brescia. E, alla fine della filiera, aiutano le clienti a scegliere. «Lavoriamo per appuntamenti individuali - spiega Valentina - perché siamo metà personal shopper e metà confidenti con cui bere un tè. Il nostro non è tanto un prodotto, quanto un servizio: e non è corretto confonderci con il dress sharing in voga in altri Paesi, perché quelle sono amiche che si consorziano per comperare abiti carissimi e poi li usano a turno, noi usciamo dalle logiche del firmato fine a se stesso e incoraggiamo uno stile personale, costruito con la cliente».
Qualche miglioramento sarebbe auspicabile, per esempio un servizio di consegna e ritiro a domicilio: pensate se i vestiti ve li portassero a casa come la spesa del supermarket, dopo averli scelti comodamente on-line. Ci stanno pensando, ma devono far quadrare i conti. Stanno ragionando anche su un E.G.O. per maschi e per bambini, e naturalmente su un ampliamento della gamma, visto che per ora le scelte sembrano ritagliate fondamentalmente su una signora in carriera che ha voglia di rinfrescare il proprio guardaroba professionale. C’è qualcosa anche per le studentesse dell’Università Bocconi, che è qui dietro? «Eccome, cominciano ad arrivare», fa sapere Valentina. «Abbiamo 60 modelli per collezione, e tutte le taglie dalla 40 alla 48. L’abito di cui sono più orgogliosa? Un tubino nero semplicissimo, scollato davanti e con dietro una cerniera lampo che lo chiude fino all’orlo». Pure Audrey Hepburn, nel 2010, forse ricorrerebbe all’atelier condiviso.