FRANCESCO GRIGNETTI, La Stampa 14/3/2010, pagina 4, 14 marzo 2010
I DUBBI DI CASSON: QUESTA INDAGINE MI LASCIA PERPLESSO
E’ un parlamentare dell’opposizione, il veneziano Felice Casson, e quindi ha letto con comprensibile curiosità le pagine relative all’ultima inchiesta, quella di Trani, che coinvolge il presidente del Consiglio. Ma è anche un magistrato prestato alla politica. E che magistrato: ha scoperto Gladio, ha portato alla sbarra i responsabili dell’inquinamento del Petrolchimico di Mestre, ha indagato sulla strage di Peteano. Insomma la sua è una voce che in questi giorni merita di essere ascoltata. E dice: «Premesso che se ne sa davvero poco, si possono però fare un paio di considerazioni importanti. Primo, di nuovo emerge il malcostume italiano di considerare le istituzioni come cose proprie. Secondo, mi lascia un po’ perplesso quel reato che è stato ipotizzato a Trani. Leggo di concussione, boh... Ho dei dubbi. E’ un reato molto grave, ma anche difficile da provare. Staremo a vedere».
Senatore Casson, lei dunque in questa storia vede innanzitutto il malcostume che avanza.
«No, qui il malcostume dilaga. Mi sembra un andazzo inarrestabile. Non c’è più senso dello Stato. Il pubblico viene sempre piegato alle esigenze private. La cosa che più mi preoccupa è che non ci sono anticorpi. E lo si vede in tutti i settori della vita civile. Eppure dobbiamo ricordarci che lo Stato non è di chi occupa in quel momento una poltrona di premier o di ministro. Lo Stato è di tutti. Se si nega questa verità, si negano le basi della civile convivenza. Ma il grave è che il malcostume ormai è vissuto come normale quotidianità. Prevale la filosofia de ”lo Stato sono io”. S’impadroniscono delle istituzioni e le piegano al loro particolare».
Lei però, che è un tecnico del settore, nutre anche qualche dubbio sul versante penale.
«C’è un aspetto giudiziario, ovvio. Stiamo parlando degli esiti di un’inchiesta... Il poco che conosciamo, però, mi fa dire che è presto per tirare qualsiasi somma. La concussione, questo il reato ipotizzato (non per il direttore del Tg1, ma possiamo dire che sono indagati il premier e il membro dell’Autorità Garante?), è una fattispecie sfuggente, molto difficile da provare, complicata... Bisogna aspettare per capire meglio».
Aspettare che cosa, Casson?
«Dico solo che finora abbiamo notizie troppo parziali per approdare a qualsiasi conclusione. E’ presto. Ripeto: il reato è molto grave, ci vorrebbero più elementi... Servono dichiarazioni, documenti... E’ bene aspettare prima di esprimere una valutazione sul rilievo penale».
Lei ci va cauto. Altri sono già saltati alle conclusioni.
«Io dico soltanto che un episodio del genere, per quel che se ne capisce, assodato che è un caso di malcostume, ma su questo mi pare che ci sia poco da discutere, sotto il profilo penale è davvero difficile da stringere. Non è semplice la quadratura del cerchio. Ma non mi esprimo. E’ compito delle indagini e di chi le svolge».
Intanto, non per caso, al Senato vi apprestate a discutere proprio di riforma delle intercettazioni.
«In effetti abbiamo appena depositato una cinquantina di nostri emendamenti al ddl in discussione. Da una parte miriamo a salvaguardare l’uso di uno strumento così importante per le indagini della magistratura, dall’altra ci poniamo anche noi il tema della tutela della privacy. Sono tre i principi che vanno salvaguardati: permettere le indagini, garantire la riservatezza, tutelare la libertà di informazione. Noi pensiamo che vada trovato un punto di equilibrio; il ddl Alfano è invece tutto sbilanciato sulla privacy e con questa scusa mira solo a scardinare il sistema delle intercettazioni».