Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 14/3/2010;, 14 marzo 2010
IL FATTO DI IERI - 14 MARZO 1934
Censura. Parola d’ordine del fascismo, allora come oggi. Sul cinema, sul teatro, sulla radio, sulla stampa e, aspetto meno noto, sui libri. Uno spunto, per parlarne, potrebbe essere quello riguardante Elio Vittorini che, sul numero di ”Solar ia” del marzo 1934, sequestrato su ordine del regime, vide bloccata l’uscita del suo romanzo a puntate ”Il garofano rosso”, storia di tormenti adolescenziali ambientati in Sicilia sullo sfondo del delitto Matteotti, considerata oscena e ”politicamente riprovevole”. Esempio di zelo della macchina repressiva fascista, il caso Vittorini è solo un tassello della censura libraria del regime, basata sul deposito preventivo in prefettura dei testi in stampa. Un total control, con tanto di liste di proscrizione di ”autor i sgraditi” e ”indic e” di editori non allineati, in cui figureranno storiche case come Guanda, Bompiani, Laterza, Einaudi. Fino all’istituzione della famigerata ”Commissione per la bonifica libraria” del ”38 con cui si passerà dalla censura sui contenuti a quella sulle singole persone. Un modo per legittimare il controllo razziale e radiare gli autori ebrei. La lotta tra il libro e il potere ha radici antiche.