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 2010  marzo 16 Martedì calendario

LA NUOVA SFIDA DEI CONSULENTI ARBITRI SUPER PARTES DEL LAVORO

La svolta, storica, è stata servita nei giorni scorsi dalla legge che riforma il «processo del lavoro». Apre una strada all’arbitrato come principale strumento di risoluzione dei conflitti, sottraendo spazio alla magistratura ordinaria e lasciando una prateria ai consulenti del lavoro. Ma è una svolta difficile, che si è immediatamente caricata di altri significati per lo scontro rovente con la Cgil sul ricorso all’arbitrato in materia di licenziamenti. Nonostante l’avviso comune firmato da imprese e sindacati immediatamente dopo il varo della legge al Senato (che esclude i licenziamenti dalla clausola compromissoria all’atto dell’assunzione), il punto resta lo scontro (ancora una volta) sull’articolo 18. Le ultime polemiche sulle intenzioni del Quirinale lo rinfocolano.
Loro, i consulenti, coltivano da anni l’ambizione di diventare i referenti principali del mondo del lavoro in un Paese in cui l’occupazione è spesso condizionata da raccomandazioni, ereditarietà e nepotismo. Nati nel 1979 come specialisti nelle risorse umane delle aziende, i consulenti hanno allargato le loro competenze intervenendo su molte questioni: dalla contrattualistica fino alla gestione del rapporto tra impresa e lavoratore. Sono da anni il punto di riferimento delle piccole e medie imprese, gestiscono circa 8 milioni di rapporti di lavoro e affiancano più di un milione di imprese per un monte retribuzioni di oltre 100 miliardi l’anno. Lo sviluppo della professione è andato di pari passo con il cambiamento nel tessuto normativo lavoristico, attraverso le riforme degli anni 90 fino, appunto, all’ultima riforma sull’arbitrato. Accolta con gran favore dalla categoria. Ha detto a botta calda la loro presidente, Marina Calderone: «Siamo pronti a fare la nostra parte. Finalmente si trova una via d’uscita alla paralisi delle controversie di lavoro. stata riconosciuta la nostra terzietà e la nostra capacità di comporre controversie in tema occupazionale».
La nuova legge che fa cadere l’obbligatorietà della conciliazione nei conflitti individuali e indica il bivio (giudice o arbitro) nelle controversie, secondo una fetta consistente del sindacato mostra il fianco: inserire i consulenti del lavoro in un collegio arbitrale sbilancia le forze in campo considerato che si tratta di professionisti quasi sempre a busta paga delle imprese e quindi meno portati a tutelare gli interessi dei lavoratori. «Capisco le perplessità dei sindacati – afferma Calderone – ma la stessa obiezione potrebbe essere rivolta a loro quando si parla di conciliazione. La verità è che il codice civile definisce il professionista terzo rispetto alle parti, è prerogativa della nostra deontologia essere super partes. Rientra nel nostro ruolo peculiare quello di dirimere i conflitti. Così come quello di fornire assistenza alle imprese ma anche ai lavoratori. E le nuove riserve di legge ci rendono ancora più competitivi sul mercato».
Sarà anche per questo che nel 1979 erano poco più di 15mila, e nei primi mesi di quest’anno hanno toccato quota 25 mila con un incremento percentuale complessivo pari al 45,8%. Significativo, poi che l’aumento di nuovi iscritti, relativo agli anni 2007-2008, sia stato superiore a quelli registrati in tutti gli anni passati e pari al 4,2%. Proprio la crisi economica ha certificato il ruolo dei consulenti come «personal trainer» di piccole e piccolissime imprese e reso la professione più appetibile soprattutto nelle regioni meridionali. Non a caso i nuovi iscritti provengono soprattutto dalle regioni del Centro (il 25%) e del Mezzogiorno (il 34,9%). E tra le nuove leve anche i più giovani provengono dalle regioni meridionali mentre i più maturi appartengono ai territori del Nord Ovest e del Nord Est. Potrebbe essere interpretato come il chiaro segnale di una risposta alla fame di occupazione delle aree a Sud del Paese. In realtà, sostengono i consulenti, si tratta di un completamento dell’espansione della professione su tutto il territorio nazionale. Durante i primi anni della creazione dell’albo gli iscritti provenivano soprattutto dal Nord, invece nella fase attuale l’attività dei consulenti esercita un fascino maggiore sulle aree centromeridionali. In particolare, sono la Sicilia, la Calabria e la Puglia le regioni in cui si concentra il numero di iscrizioni più recente, rispettivamente nel 41%, nel 37,4% e nel 37,8% dei casi.
Forse anche questa progressiva espansione sul territorio spiega perché sia considerata una professione «giovane», del resto il 27,9% di coloro che si sono iscritti all’albo negli ultimi cinque anni ha meno di 39 anni. Ma ancor più che giovane la categoria sta diventando sempre più femminile, un fenomeno, per la verità, comune a quasi tutte le professioni intellettuali che negli ultimi quindici anni hanno visto una crescita esponenziale delle quote rosa. Dal 2005 al 2008 i consulenti del lavoro sono cresciuti complessivamente dell’8,3%: le donne sono aumentate del 14,5%, gli uomini del 4,1%. Di conseguenza, attualmente, a ricoprire il ruolo di consulente c’è un 41,5% di donne che sembrano rappresentare senza ombra di dubbio il segno e la direzione del futuro per la categoria.
Per avere ulteriore conferma che le donne sono il volano di innovazione della professione basta analizzare i dettagli regionali della loro evoluzione: crescono ovunque più degli uomini e, nella maggior parte dei casi, i saldi regionali positivi dipendono dal loro aumento e dalla diminuzione di uomini.
E’ evidente che i consulenti sono una categoria in piena trasformazione, ormai pronti a un nuovo ruolo sociale ma perché questo sia del tutto compiuto devono vincerla davvero quella sfida col mercato del lavoro. Soprattutto quando la fase acuta della crisi sarà passata dovranno concretizzare quelli che per ora sono progetti: promuovere l’occupazione in ogni forma lecita, magari aiutando a ridurre le discriminazioni che ancora colpiscono giovani e donne all’interno delle dinamiche lavorative. Incentivare la formazione e la riqualificazione del personale delle imprese che saranno sopravvissute alla bufera. Dovranno affermarsi come nuova voce autorevole in un dibattito sempre molto acceso, per esempio battendosi per una profonda semplificazione legislativa. Non sarà semplice, ma crescere non lo è mai.
Isidoro Trovato