Carlo Carena, Il Sole-24 Ore 14/3/2010;, 14 marzo 2010
CHE NARRATORE QUEL DU CANGE
La Francia ricorda quest’anno il quarto centenario della nascita di Charles du Cange (Amiens, 1610 - Parigi, 1688), uno di quei geni dell’erudizione a cui la nostra cultura deve molto più che a molti osannati scrittori. Se il Trattato storico del capo di san Giovanni Battista ( 1665) ci sembra nulla più di un diver-tissiment e pure è il frutto di una gran bravura di detective che si pone sulle tracce della testa del Battista dall’antichità in poi, qua e là come reliquia preziosa in diverse chiese, tra cui nella cattedrale di Amiens, unica e autentica secondo il bravo concittadino ”già la Storia
dell’impero di Costantinopoli
(1657) o quella di San Luigi
re di Francia (1668) sono opere di grande polso e vasti orizzonti; e la Geografia della Francia, iniziata a vent’anni, finì con dieci volumi.
Ma tutto ciò e quant’altro di lui è oscurato dal fulgore che diffonde l’opera che ha reso immortale Du Cange: il Glossarium ad scriptores mediae et infimae latinitatis, tre volumi infolio nell’edizione originale del 1678, accresciuti ancora dai benedettini di San Mauro fino a raggiungere otto tomi nell’ultima edizione del 1887 (ristampa nel 1954). Chiuso nella sua biblioteca di provincia o negli archivi della capitale, mingherlino, parco, pacifico, circondato da una moglie comprensiva e da numerosa e ben amata famiglia («Come si può aver letto, pensato, scritto così tanto, ed esser stato sposato per cinquant’anni e avendo sei figli maschi?» esclamò di lui il bibliotecario dell’Imperatore d’Austria, che se ne intendeva: eppure Du Cange fu la smentita vivente del detto di Cicerone che è impossibile far vita di letterato se non si dorme in un letto da scapolo), egli si addentrò intrepidamente in un terreno aspro e inesplorato, mille anni di storia in cui pochi prima di lui si erano appena affacciati e ritratti inorriditi; per 18 ore, ogni giorno della sua vita, in una biblioteca stracolma di volumi e di statue, di pergamene e di cianfrusaglie, con un’aria sempre gaia e serena come se non facesse che divertirsi (annotò un suo amico), sfogliò manoscritti di sperdute cronache conventuali, analizzò misteriose leggi, scialbi atti notarili, imparò la numismatica, percorse imponenti opere letterarie: tutto il deposito rivelatore della storia, delle istituzioni politiche ed ecclesiastiche e della letteratura europea dalla bassa latinità all’età moderna. Alla voce «collibium» del
Glossarium si legge: «Collibium è un piccolo regalo di frutta come mele, noci, uva passa, e deriva da collibet , cioè "piace", perché tutt’assieme piacciono; infatti dopo i piatti di carne un piatto di frutti misti riesce di solito gradito, non tanto da soli. Così spiega Giovanni della Porta nel suo Lessico, e lo verifichi chi può perché ha tempo da perdere ». Gli altri suoi colleghi, dice egli stesso umilmente nella Prefazione, hanno scorso e succhiato come api il miele di corolle bellissime, di storie gloriose e straordinarie: lui è stato solo un ragno paziente negli scantinati. Nel Glossarium
della media e ultima latinità (tralasciamo di parlare di quello greco, pubblicato un decennio dopo, nell’anno stesso in cui Du Cange morì mentre attendeva a un’edizione del
Chronicon Pascale , intricato racconto della storia da Adamo al 629 d.C.), è ammassato un numero incalcolabile di citazioni nel latino aspro e anomalo di 6mila scrittori noti o oscuri, di testi aridi o stravaganti di cui egli stesso si vergogna e si difende di fronte a chi è avvezzo alle accurate prescrizioni dei grammatici classici e a una nozione fissa delle lingue; non contento di esporre semplicemente l’etimologia e il significato delle 140mila voci e sottovoci, l’autore ne traccia la storia, riferisce usi e costumi, norme giuridiche, inesauribile nelle sue conoscenze. Trae dai loro muti sepolcri infinite generazioni e fa rinascere un’intera epoca, il grande e sconosciuto evo medio dell’Europa cristiana.
Spesso scorrendo le fitte pagine del Glossarium – un libro aperto a tutti e che tratta di tutto, come ebbe a dirne il suo collega Mabillon, altro mostro – si sveglia e si comunica al lettore anche la semplice curiosità e si indugia ad aggirarsi con l’autore fra cenobi e regge,leggi e usanze, feste e carestie, carriaggi, armature, frati, monache, guerrieri, papi e concili, falegnami e boscaioli con le loro mogli, le loro casupole e i loro animali. Alla voce «campana » parla della campana bibitorum, «la quale si suona alla sera per proibire di bere ulteriormente nelle osterie», e dà la spiegazione del perché sulle cuspidi dei campanili sia posta la figura di un gallo: «Per ammonire il prete a essere il gallo di Dio che svegli al mattino i dormienti». Alla voce «femina», da un manoscritto con gli Atti di un santo: «Quid a m v i r nomine Petranus, quadam nocte, dum sua femina dormiebat eccetera» promette una novella. Altrettante pennellate di infinite miserabili esistenze quelle alla voce «praebenda» e relative a Fulda: «Assegniamo ad aumento della vostra prebenda per compassione della povertà che subìte nel vitto quotidiano... ». O questa istantanea, alla voce «famere» «aver fame », Annali Milanesi anno 1385: «Non appena ebbe letto le loro lettere, preso da un’ira furibonda disse agli abati: Avete dunque fame e sete? Ed essi, comprendendo queste parole e vedendo che si trovano sopra il ponte di un fiume...». Infine qualche informazione, consiglio e avvertimento alla voce «punctare»: «Si mette un punto fermo quando finisce un periodo, una virgola quando rimane di una frase tanto quanto precede e bisogna di respirare... Nella Vita di
santa Mectilda vergine: Una suora la cui occupazione era di scrivere le pergamene, mentre stava mettendo la punteggiatura maneggiò incautamente la penna e si trafisse un occhio eccetera».
Pierre Bayle nel suo Dictionnaire prescrive che se mai qualcuno dubiti della grandezza diCharles Du Cange sia condannato alla pena di guardare dentro al suo libro.