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 2010  marzo 14 Domenica calendario

ALLA CONSULTA BERLUSCONI MEGLIO DI PRODI

Decreto salvaliste, ma non solo. Da giovedì la Corte costituzionale sarà di nuovo sotto i riflettori. E se dovesse accogliere le richieste della regione Lazio, potrebbe essere travolta da un nuovo ciclone di polemiche politiche, più violento di quello abbattutosi su palazzo della Consulta dopo la bocciatura del Lodo Alfano, nel 2009, e del Lodo Schifani, nel 2004.Già l’altro ieri Silvio Berlusconi è tornato all’attacco, accusando la Corte di essere la «negazione della democrazia» perché boccia moltissime leggi del governo. Affermazione che, a tacer d’altro, non trova riscontro nei numeri. A palazzo della Consulta hanno fatto due conti e ne è venuto fuori che, nei 19 mesi di questa legislatura, le bocciature sono state circa il 12% delle decisioni riguardanti le leggi del governo Berlusconi impugnate davanti alla Corte. Meno della metà delle «abrogazioni» cadute sulla testa del secondo governo Prodi, pari al 26% del totale.
Se, dunque, la Corte «di sinistra » si è comportata da «nemica », a farne le spese è stato più il governo di centrosinistra che quello di centrodestra. Tra i due periodi ci sono solo tre mesi di differenza, ma il raffronto esclude una «persecuzione» verso l’Esecutivo Berlusconi.E se è vero che la mannaia della Corte ha colpito una legge strategica per il premier, come il Lodo Alfano, è anche vero che, finora, non siè abbattuta su leggi altrettanto strategiche per il centrodestra, come la manovra finanziaria triennale del 2008.
Da quando Berlusconi e i suoi ministri hanno giurato, la Corte si è pronunciata 97 volte sulla legittimità costituzionale di provvedimenti adottati dal parlamento o dal governo e ha dichiarato l’illegittimità costituzionale soltanto di 12 disposizioni (disposizioni, si badi, non leggi), pari, appunto, al 12% del totale delle decisioni. Nei due anni del governo Prodi, le pronunce sono state 178 e 47 le disposizioni dichiarate incostituzionali (26%). Tornando a questa legislatura, nel 90% dei casi (rispetto a meno del 75% del periodo precedente), la Corte ha dichiarato «non fondate» o «inammissibili » le questioni sottoposte al suo esame, il che significa che ha lasciato in vigore le disposizioni impugnate (perché non è entrata nel merito). Sono sopravvissute, oltre a quelle contenute nella manovra finanziaria triennale attuata con il decreto legge 112/2008, anche la famosa «aggravante di clandestinità » introdotta dal «pacchetto sicurezza» caro alla Lega, nonché l’attribuzione ai sindaci di ampi poteri nell’adozione di provvedimenti di pubblica sicurezza e di ordine pubblico, previsti sempre dal decreto-sicurezza.
Va detto che il numero di questioni sottoposte dai giudici alla Consulta è diminuito nel 2008 e nel 2009 (446 e 331) rispetto al biennio precedente (701 e 857), il che dipende, più che dalla qualità delle norme prodotte, da due fattori: da un lato, la severità con cui la Corte valuta le questioni (sempre più spesso dichiarate inammissibili per motivi formali) scoraggia i giudici; dall’altro lato, i giudici fanno sempre più da "filtro", attraverso la cosiddetta «interpretazione adeguatrice » della norma denunciata ai principi della Costituzione. Negli ultimi due anni è invece aumentato molto il contenzioso stato-regioni: 102 e 109 i ricorsi presentati nel 2008 e 2009 per definire le rispettive competenze legislative. E il rigetto dei ricorsi delle regioni contro leggi dello Stato non esclude che queste ultime abbiano vizi di incostituzionalità, al di là del riparto di competenze.
Le accuse contro la Corte «troppo di sinistra» risalgono al2001,quando l’allora candidato premier Silvio Berlusconi arringava le folle sostenendo che «la composizione della Corte non corrisponde alla reale rappresentatività del paese». Oggi più di ieri, ma forse meno di domani: oltre al decreto salvaliste, nell’agenda della Consulta figurano altre pronunce calde: sui matrimoni gay, sul reato di clandestinità, sul nucleare (che divide stato e regioni), sul legittimo impedimento (che divide tribunale di Milano e governo). Decisioni che rischiano di essere etichettate, ancora, come «sentenze politiche». Questo il ragionamento del premier: «Appena il nostro governo, che è eletto dal popolo, vara una legge a loro sgradita, la impugnano e la portano davanti alla Corte costituzionale, che subito la cancella. la negazione del voto e quindi della volontà del popolo ».Di qui l’annuncio di riformare la Consulta, considerata una «bizzarria» perché priva di investitura popolare. «Bizzarro è meravigliarsi che una Corte dichiari l’incostituzionalità di una legge, visto che è il principale dei suoi compiti istituzionali », replica del presidente Francesco Amirante.
Significativo quanto accade in Francia e Regno unito: nel 2008, i francesi hanno attribuito al Consiglio costituzionale il controllo successivo sulle leggi promulgate (prima c’era solo il controllo preventivo), superando così il mito giacobino che attribuiva solo all’Assemblea il potere di cancellare una legge; gli inglesi, nel 2009, hanno dato vita, non a una vera Corte costituzionale, ma una Corte suprema di giustizia che, tra l’altro, ha il compito di risolvere i conflitti tra le varie parti del Regno unito (Inghilterra e Galles, Irlanda del Nord e Scozia), superando così l’accentramento nella Camera dei Lords dell’esercizio del potere legislativo e di quello giudiziario. Commenta un giudice costituzionale: «Anche francesi e inglesi hanno scoperto Montesquieu».