Renata Polverini, Il Sole-24 Ore 14/3/2010;, 14 marzo 2010
IL DEBITO DI TUTTI, VOLTIAMO PAGINA
Su una cosa, almeno, ha ragione la mia sfidante Emma Bonino (si veda il Sole di ieri): sul debito del Lazio pesano leggende e ricostruzioni fantastiche, in buona parte alimentate, aggiungo io, dall’utilizzo dello strumento della propaganda applicato a materie che richiedono prudenza, attenzione e serietà. Guardando le cose con obiettività, la situazione si presenta in manieraassai differente da un raccontino preelettorale, utile a scaricare tutte le colpe sugli avversari. In primo luogo non è affatto vero che l’indebitamento della regione si sia formato negli anni della giunta Storace: la giunta Badaloni, nei cinque anni precedenti, lasciò alle sue spalle un debito fuori bilancio di 8.400 miliardi di lire, coperto dalla coalizione di centro-destra, ma contratto tra il 1995 e il 2000.
Inoltre anche sulla composizione dei dieci miliardi di debiti che la propaganda di centro-sinistra ha addossato alla giunta Storace pesano almeno due voci non proprio riconducibili a colpe di quel governo regionale: due miliardi di euro dovuti alla regione ma non trasferiti dal governo nazionale e altri due miliardi di debito commerciale "occulto", ovvero non correttamente registrato sul conto economico, riemerso sul patrimoniale e ancora in gran parte proveniente dagli anni precedenti al 2001.
Anche la questione dei ritardi nell’approvazione dei bilanci da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere non nasce certo con la giunta di centro-destra, che ereditò a sua volta contabilità aziendali in arretrato di tre o quattro anni. Ora non c’è dubbio che la lunga serie di transazioni avviate dal centro-destra e proseguite e concluse dalla giunta Marrazzo abbia prodotto il lodevole risultato di chiudere un quadro finalmente attendibile dei crediti vantati dai fornitori e una meno estemporanea rappresentazione contabile dei bilanci. Purtroppo la situazione del deficit sanitario del Lazio, che è all’origine di questi problemi, non ha invece subito alcun miglioramento: anzi, numeri alla mano, gli ultimi cinque anni raccontano un disastro dei conti della sanità. Tra il 2005 e il 2009 il Lazio ha totalizzato oltre 9 miliardi di deficit sanitario, pagati spremendo con le addizionali Irap e Irpef aziende e famiglie, una catastrofe ancor più inspiegabile considerando che, rispetto alla giunta Storace, Marrazzo ha raddoppiato i ticket e chiuso diverse strutture ospedaliere.
Sono stati quindi i contribuenti e non il governo regionale a garantire che questi disavanzi non generassero ulteriore indebitamento, ricevendo in cambio servizi peggiori e liste di attesa più lunghe. Se per equità volessimo applicare un criterio omogeneo di raffronto tra le due ultime giunte, sommando per entrambe, come si è fatto con la giunta Storace, i disavanzi sanitari ai debiti pregressi e aggiungendo i mancati trasferimenti delle risorse dovute dal governo nazionale, si scoprirebbe che il totale per il centro-destra e il centro-sinistra fa sempre circa 10 miliardi di euro, solo che al computo del centro-sinistra mancherebbe ancora il deficit del 2010 di cui non sono conosciute le cifre. La mia convinzione è che sia necessaria una vera e propria rivoluzione della struttura della sanità. In un quadro così devastato, ha davvero un senso mantenere un numero così elevato di aziende sanitarie e ospedaliere, moltiplicando centri di spesa, consulenze, burocrazia, orpelli di ogni genere? O non sarebbe tempo di dimezzarle e di metterle sotto un più stretto controllo? mai possibile continuare a non intervenire per le verifiche di congruità nel momento della formazione della spesa, accontentandosi di prendere atto a consuntivo dello sforamento di ogni budget? davvero inevitabile che beni e servizi vengano pagati dalle strutture pubbliche il 20 e a volte anche il 30% in più di quel che costano alle strutture private?Ci vuole un po’ dicoraggio,ma è tempo di chiedere alla politica di fare un passo indietro dalla sanità e di avviare un ciclo di riforme in grado di risolvere queste contraddizioni, che hanno conseguenze terribili sull’equilibrio dei conti del Lazio.