MARCO SODANO, La Stampa 16/3/2010, pagina 13, 16 marzo 2010
CON LA RIPRESA ARRIVA IL CARO CIBO
Si fa presto a dire ripresa. Ripresa è il mondo che torna a consumare petrolio, le industrie e il commercio che riaccendono i motori. Di conseguenza ripresa è il prezzo del barile che torna a correre - sta già succedendo, a inizio 2009 era a 40 dollari oggi oscilla intorno a quota 80 -. Il prezzo di tutto ciò che dipende più o meno direttamente dal petrolio si adeguerà in fretta, a cominciare dal pieno di benzina, passando per abiti, mobili e vestiri per poi finire con i generi alimentari.
Gli sviluppi della grande crisi fanno sembrare preistoria l’ultimo grande picco dei prezzi alimentari: e invece era l’estate del 2008. Il riso era aumentato del 50% rispetto all’anno prima, in diversi paesi in via di sviluppo - Egitto, Camerun, Senegal, Burkina Faso, Etiopia, Indonesia, Madagascar, Filippine - la tensione sfociò in scontri di piazza. Non per caso, è la stessa estate nel corso della quale il barile si arrampicò a toccare il record storico di 147 dollari. Sul finire di quell’estate la crisi finanziaria s’è mutata in crisi dell’economia reale e la febbre del greggio è scesa in picchiata, di pari passo con la produzione e il commercio. Il bilancio finale del Wto per il 2009 dice che gli scambi mondiali di merci nel corso dell’anno si sono ridotti del 15% rispetto al 2008.
Oggi molti analisti sono pronti a giurare che con la ripresa rivedremo prezzi a tre cifre. Jeff Rubin, l’uomo che ha previsto lo choc del 2008, ne è sicuro, così come è sicuro che la nuova impennata cambierà lo stile di vita di europei ed americani, i più grandi consumatori di petrolio del pianeta. Al momento la salita del prezzo non ha ancora a che vedere con l’economia occidentale, che sta ripartendo con gran fatica, ma all’espansione rapidissima della Cina: secondo le stime dell’agenzia internazionale per l’energia pubblicate la scorsa settimana nel 2010 Pechino arriverà ad assorbire un terzo della domanda mondiale. Che prevede in crescita, mentre fino a pochi mesi fa era data in calo. Quando anche l’Occidente riaccenderà il motore dell’economia la domanda si impennerà: sarà complicato tenere fermi i prezzi del barile.Nessuno si aspetta moti di piazza per il cibo Europa o negli Stati Uniti, ma è un fatto che alcune abitudini diventeranno estremamente costose: per esempio far arrivare un salmone dall’Atlantico del nord e un avocado dai tropici per un antipasto giapponese. O mangiare carne di manzo tutti i giorni - e far viaggiare i bovini per migliaia di chilometri -, mangiare ortaggi indipendentemente dalla stagione.
Difficile immaginare cambiamenti così profondi? Basta pensare al boom che hanno conosciuto le auto a metano dopo i picchi dei prezzi della benzina tra 2008 e 2009, o al crollo delle vendite di Suv. Uno studio ha calcolato l’incidenza del petrolio sulle tavole americane: col petrolio a 70 dollari, per sfamare quattro persone la cifra minima è 188 dollari al mese. Se si tornasse ai livelli del 2008, si arriva a 424. Presto il cibo a chilometri zero non sarà più questione di ambiente ma di portafoglio.