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 2010  marzo 16 Martedì calendario

IL BICCHIERE DURALEX SI BEVE LA CRISI

Avete presente il cliché dell’impresa europea che delocalizza lontano, per fabbricare a basso costo e rivendere sul proprio mercato nazionale? O ancora: quello dell’azienda che produce oggetti con un valore aggiunto relativamente basso e che si ritrova in difficoltà in questa fase di recessione? No, niente di tutto questo. Duralex, il marchio francese di bicchieri, dal design semplice e funzionale, è la negazione puntuale di entrambi questi luoghi comuni. I bicchieri e gli altri prodotti in vetro dell’impresa sono fabbricati esclusivamente a La Chapelle- Saint-Mesmin, a pochi chilometri da Orléans, ed esportati nel 95% dei casi. E l’impresa, fallita nel 2008, alla vigilia della grande crisi, e rilevata da nuovi investitori, ha già ricominciato a macinare utili. «Senza l’aiuto dello stato francese, che pure ha sostenuto tante aziende – sottolinea il presidente Antoine Ioannides -. Non abbiamo ricevuto neppure un euro simbolico».
Facciamo un lungo passo indietro. Il procedimento di fabbricazione viene messo a punto a partire dal 1939 e il marchio creato nel 1945, sotto l’egida del gruppo Saint-Gobain. Seguono anni e anni di vendite di massa. Il bicchiere diventa un mito nelle mense scolastiche o negli ospedali per la sua resistenza: «Bisogna gettarlo con forza per terra almeno tre o quattro volte – sottolinea Ioannides – prima di poterlo rompere ».Nel ’97, pero’,Saint-Gobain decide di cedere la società. Inizia un valzer di nuovi proprietari (i primi, gli italiani di Bormioli Rocco) fino al tracollo. Nel 2008 è Ioannides, con i suoi due fratelli (uno di loro era il rappresentante di Duralex ad Atene per il Mediterraneo orientale) più altri piccoli investitori, a mettere le mani su Duralex e i suoi 200 dipendenti. Da allora hanno iniettato 6,2 milioni di euro nelle casse della società. Ma soprattutto sono riusciti a risanarla: alla fine del dicembre scorso, su 18 mesi il fatturato è stato di 34 milioni di euro, 2,7 l’utile netto.
«Abbiamo svariati concorrenti: turchi, cinesi e indonesiani – continua il presidente ”. E tutti, ovviamente, possono offrire prezzi più competitivi di noi. Ma poi vengono fuori i problemi, tipo bicchieri che esplodono nei pub inglesi. In questi tempi di crisi il consumatore ritorna a premiare la qualità, la resistenza nel tempo. Tanto più che la differenza di prezzo, su un bicchiere di uso comune come il nostro, in termini assoluti è sopportabile».
Il primo mercato di Duralex? Curiosamente, l’Afghanistan. E tutto il Vicino e il Medio Oriente (in particolare Turchia, Iraq e Iran) genera la metà del fatturato. Nell’area, pure negli anni peggiori della crisi, il marchio è rimasto forte. Ora l’azienda sta cercando di ritornare alla grande sui mercati maturi, in vari paesi europei (Italia compresa), negli Usa e, soprattutto, in Francia, dove da pochi giorni il marchio è di nuovo in vendita in alcune catene della grande distribuzione. «Puntiamo sull’effetto nostalgia – conclude Ioannides - Duralex evoca tanti ricordi in certe generazioni di francesi».
Un immaginario collettivo fatto di pasti in famiglia e tavolate nelle mense. Esistono tanti collezionisti, su internet a caccia di esemplari particolari del Picardie o della Gigogne, i due modelli di base. Ancora oggi.