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 2010  marzo 16 Martedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "MESSINA DENARO

MATTEO"

E lui è pronto a diventare il capo. «Giuseppe Lumia, l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha detto che se paragonassimo Cosa Nostra a una società per azioni si potrebbe dire che Provenzano sta passando dal ruolo di amministratore delegato a quello di presidente. Messina Denaro è il primo candidato a prendere il suo posto». [...]
Messina Denaro non è quello che ”L’Espresso” ha definito ”Il nuovo capo della mafia”?
«Bravo. Giusto un anno fa, il numero del 12 aprile. Ci hanno fatto la copertina: ”Sembra un ragazzino, ma è l’erede di Provenzano”»
(Peter Gomez e Marco Lillo, L’Espresso 12/04/2001)

Giuffré era uno dei tre capimandamento ai quali era affidata la gestione dell’organizzazione.
«Zu’ Binnu gli aveva assegnato tutta la provincia palermitana. Gli altri due capimandamento sono Matteo Messina Denaro, che controlla Trapani, e Salvatore Lo Piccolo, che gestisce Palermo».
(Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 18/04/2002)

Il nome non dice nulla, ma il voluto anonimato del buon ”Totuccio” Lo Piccolo nasconde il cuore e la furbizia del vero capo. Il borsino di Cosa nostra lo colloca in cima alla scala, sullo stesso gradino di Matteo Messina Denaro. [...] In un altro interrogatorio, sempre Campanella, conferma quel che già era noto: l’asse di ferro che lo lega [Salvatore Lo Piccolo] a Matteo Messina Denaro, il principe del Trapanese. Un patto cementato ancora una volta durante un incontro ravvicinato. Una stretta di mano tra i due principi destinati, ciascuno a suo modo, a un futuro da re nell’era dei postcorleonesi adesso che il vecchio padrino è finito in cella dopo 43 anni di latitanza» (Lirio Abbate, ”La Stampa” 13/4/2006).

La ricerca è destinata al nulla, almeno fino a che non troverà riscontro la voce diffusa dell’esistenza di un atto costitutivo della mafia che gli uomini d’onore chiamano Bibbia. Ne parlano i collaboratori Leonardo Messina, Buscetta, Nino Giuffrè ed altri. Ma nessuna «Costituzione» di Cosa nostra è mai stata trovata, anche se appare probabile che esista veramente.
Una vulgata non troppo affidabile ipotizza che adesso venga custodita da Matteo Messina Denaro che l’avrebbe ricevuta in consegna da Totò Riina, insieme col famoso «papello», cioè le richieste di Cosa nostra allo Stato per far interrompere l’attività stragista.
(Francesco La Licata, La Stampa 19/7/2007)

Si dice adesso che Palermo sia divisa in otto mandamenti, che ciascun mandamento abbia un capo talvolta giovanissimo (come Gianni Nicchi, di Pagliarelli, che ha solo 26 anni), che tra questi mandamenti ciascuno con famiglie e sottofamiglie sue potrebbe scoppiare una guerra. Gli ”americani” forse arriveranno lo stesso. Potrebbero restituire alle famiglie siciliane il respiro internazionale che la mafia ha perso.. Il nuovo capo, al posto di lo Piccolo, potrebbe essere Matteo Messina Denaro, anche se è trapanese e non palermitano.
(Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 6 novembre 2007)

[Giuseppe Graviano] Nel 2002 è stato condannato in via definitiva a 28 anni di reclusione per concorso (con Salvatore Riina, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella), nel tentato omicidio del vicequestore Calogero Germanà, dirigente del Commissariato di Polizia di Stato di Mazara del Vallo (fatto commesso sul lungomare Fata Morgana, in Mazara del Vallo il 14 settembre del 1992). (Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008)

O ancora l’imprendibile Matteo Messina Denaro, di Castelvetrano (Trapani) ricercato addirittura dal 1993, per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage e devastazione. [...] Forse, proprio perché a Palermo c’è stata la cattura di Lo Piccolo, la mafia sembra ripartire a Trapani. «La situazione - diceva ieri il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Armando D’Agati - nel Trapanese è preoccupante. Nonostante le serrate indagini in corso, continua la latitanza di Matteo Messina Denaro. E vanno progressivamente ricostituendosi le potenzialità ”militari” di Cosa nostra in ragione del fatto che molti importanti appartenenti all’associazione vengono posti in libertà per aver ormai scontato le pene irrogate». (La stampa 1/2/2009)

E parecchie sono pure le minacce subìte: in due «pizzini» scambiati tra Matteo Messina Denaro e Bernardo Provenzano - tra la fine del 2003 e l’inizio dell’anno successivo - il primo «rinfaccia» a don Binnu la conclusione della «messa a posto» di una estorsione finita con la scomparsa di 200 milioni di vecchie lire che, secondo Messina Denaro erano andati nelle tasche «del figlio del suo paesano». E se la cosa non finì male fu proprio per la «garanzia a protezione» offerta da Provenzano. (Francesco La Licata, La Stampa 04/07/2009)

Ma nel dicembre ’92 nella casa alla periferia di Palermo, Riina è felice che la trattativa, aperta dopo la morte di Falcone, si fosse mossa perché "Mancino aveva preso questa posizione". E quella è la prima e l’ultima volta nella quale Brusca ha sentito pronunziare il nome di Mancino da Riina. Altri non lo hanno mai indicato, anche se Brusca è sicuro che ne fossero a conoscenza anche alcuni boss, come Salvatore Biondino (detenuto dal giorno dell’arresto di Riina), il latitante Matteo Messina Denaro, il mafioso trapanese Vincenzo Sinacori, Giuseppe Graviano e Leoluca Bagarella. [...] Il tritolo di quegli anni sembra non aver portato nulla di concreto per Cosa nostra. Brusca ricorda che dopo l’arresto di Riina parla con il latitante Matteo Messina Denaro e con il boss Giuseppe Graviano. Chiede se ci sono novità sullo stato della trattativa, ma entrambi dicono: "Siamo a mare", per indicare che non hanno nulla. (Lirio Abbate, L’espresso, 29 ottobre 2009)

[Dopo l’arresto di Domenico Raccuglia] Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso: «Per peso criminale, nella lista dei ricercati di Cosa nostra, era dopo Matteo Messina Denaro».
(RICCARDO ARENA, LA STAMPA, 16/11/2009)

Anche ora, che la squadra mobile di Palermo e lo Sco gli hanno messo il sale sulla coda [a Domenico Raccuglia], si conferma la sua vocazione al basso profilo. Era latitante in territorio trapanese (Segesta) e quindi sicuramente protetto da Matteo Messina Denaro, che quantomeno non doveva ignorare la sua presenza così prossima, ma non ospite di nomi illustri della mafia locale.
(FRANCESCO LA LICATA, LA STAMPA 17/11/2009)

Secondo gli inquirenti, [Domenico Raccuglia] era un numero 2. Guardingo e spento. Faceva il vice di Matteo Messina Denaro, che è il numero 1 della mafia nel trapanese. Matteo Messina Denaro, 47 anni, latitante da quando ne aveva 31, mafioso classico, abiti firmati, femmine eccetera. (Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/11/2009)

Finora la squadra ha arrestato tutti i "cattivi" che gli erano stati assegnati. Di grossi latitanti ne mancano solo tre: Gianni Nicchi, Matteo Messina Denaro e Antonio Lauricella detto "’u Scintilluni". (Laura Maragnani, Panorama, 3 dicembre 2009)

Dopo la cattura di tutti i latitanti più famosi - fuori è rimasto soltanto il trapanese Matteo Messina Denaro - è come se l´organizzazione criminale fosse spaccata in due. [...] Un altro dei personaggi di confine si chiama Antonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, assolto per mafia una decina di anni fa e condannato per traffico di stupefacenti. Vaccarino, che è anche lui di casa da qualche mese nelle stanze alte della Regione, per anni è stato in contatto epistolare con Matteo Messina Denaro, il latitante di Trapani. Si scrivevano lunghissime lettere, Vaccarino si firmava «Svetonio» e Matteo Messina Denaro era invece «Alessio». (dagospia 7/11/2009; da la Repubblica, Attilio Bolzoni)

Catturati altri due mafiosi. Non due qualunque: in manette sono finiti Giovanni Nicchi e Gaetano Fidanzati, 28 e 75 anni. [...] Ma da ieri ne resta solamente uno di alto livello: Matteo Messina Denaro, il boss trapanese ricercato dal 1993. [...] prosegue Maroni, che guarda già oltre: «Ora manca solo Matteo Messina Denaro, lo prenderemo presto». (Roberta Catania, Libero 6/12/2009).

MAROTTA Antonino 1926 (~) Il 15 marzo 2010 finì agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione ”Golem 2” (quella che fece terra bruciata intorno al latitante Matteo Messina Denaro) [scheda Parrini n. 201841]