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 2010  marzo 15 Lunedì calendario

LAVORO IN CARCERE

(Voce Arancio)

«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato» (Articolo 27 della Costituzione Italiana).

In Italia, sono 13.400 i detenuti che lavorano: il 20% circa della popolazione carceraria (giugno 2009). Di questi, l’ 85% lavora per l’amministrazione penitenziaria con mansioni tipo scopino, spesino, addetto alla manutenzione, … Il 15% è occupato in imprese private.

Ogni giorno nelle carceri italiane si producono magliette, cappellini, piante, caffè, biscotti... Nei giorni scorsi, a Fa’ la cosa giusta!, fiera del consumo critico promossa da Terre di Mezzo, i detenuti lavoratori hanno esposto i loro prodotti.

La cooperativa Ecolab (quella per cui da qualche giorno lavora anche Renato Vallanzasca) ha realizzato la borsa ”ufficiale” della manifestazione, riciclando la plastica degli striscioni pubblicitari.

«Alle Vallette di Torino sono attive 7 cooperative sociali, per le quali lavorano dalle 40 alle 50 persone. Nel 2009, su un totale di 700 mila euro, sono stati versati loro 123 mila euro in stipendi. A breve, verrà aperta una panetteria e una lavanderia industriale», spiega a Voce Arancio Gianluca Boggia di Extraliberi. «Noi, in particolare, stampiamo magliette conto terzi per grosse aziende d’abbigliamento, impieghiamo 2 persone e in passato abbiamo lavorato anche per Robe di Kappa».

A Torino, è attiva anche Pausa Cafè (www.pausacafe.org), cooperativa sociale che ha creato una torrefazione all’interno della Casa Circondariale. «Ad oggi impieghiamo 6 detenuti», ci spiega il vicepresidente Luciano Cambellotti. «Acquistiamo circa 17 tonnellate di caffè ogni anno e mezzo e lo paghiamo ai produttori circa il doppio rispetto ai grandi commercianti: 200 dollari al quintale invece di 80/90 dollari. A fine anno, poi, restituiamo ai cafetaleros del Guatemala metà degli utili. Con quello che rimane investiamo in altri progetti». Quali? «Abbiamo aperto un bar esterno, un ristorante e avviato da poco un servizio catering. Nel 2005 siamo partiti con il progetto per il cioccolato. Abbiamo acquistato quasi tutte le macchine, ma mancano gli spazi e aspettiamo i fondi per la costruzione di un piccolo capannone prefabbricato. Due anni fa, abbiamo creato un birrificio all’interno del carcere Rodolfo Morando di Saluzzo che, ad oggi, impiega 3 detenuti. Il tutto allo scopo di creare delle concrete possibilità di inserimento nella società per i detenuti che hanno scontato la loro pena». Ma i detenuti sono pagati? «Certo. Diamo loro uno stipendio di 512 euro e sono regolarmente assunti a tempo determinato, secondo il contratto nazionale della categoria». Un pacchetto di caffè quanto costa? «Un pacchetto da 250 grammi costa 3 euro, contro una media di 2,50 di un caffè di marca. Coop Consorzio Nord Ovest, che distribuisce il nostro prodotto, lo mette sugli scaffali a 3, 65 euro. Il nostro prezzo è lo stesso dal 2005 ed è calcolato in base ai puri costi che sosteniamo. Vale per chi viene a prenderlo nel chiosco di fronte al carcere, per i gas che ordinano via e-mail e per la grande distribuzione. Teniamo molto alla qualità. Il cliente deve comprare il nostro caffè perché è buono e non per beneficenza».

Dall’ottobre 2009, Banda Biscotti vende dolci prodotti all’interno del laboratorio di pasticceria della Casa Circondariale di Verbania. «Impiega due ragazzi che producono una media di 10-12 chili di biscotti al giorno», dice a Voce Arancio Marco, uno dei responsabili. «A breve avvieremo anche una linea biologica. Contiamo, poi, di allargare la produzione anche al carcere di Saluzzo e di riuscire a distribuirlo attraverso la grande distribuzione, con la quale sono già stati avviati dei contatti». La specialità? «Sicuramente i baci di dama». Il prezzo si aggira intorno ai 14/15 euro al chilo.

L’associazione Puntozero dal 1995 promuove e realizza, all’interno dell’Istituto Penale per minorenni Cesare Beccaria di Milano, laboratori dedicati al teatro e alla recitazione. Quest’anno, i minori ospiti dell’istituto saranno protagonisti, nel duplice ruolo di attori e tecnici, della stagione teatrale ”Errare humanum est… Reloaded”, organizzata al Teatro Puntozero di Milano (Via Bellagio 1). I biglietti si possono acquistare sia sul sito internet (www.puntozero.info) che telefonicamente (tel 02 36 53 11 52) al prezzo di 15 euro.

Da tre anni, 14 detenute del carcere di Borgo San Nicola a Lecce creano, con tessuto riciclato, borse con il marchio Made in Carcere. «La nostra intenzione era quella di recuperare tessuti di scarto e, insieme, recuperare anche persone ai margini della società», ci racconta Luciana Delle Donne, amministratore della cooperativa Officina Creativa. Le borse in tessuto hanno un prezzo che varia dai 5 ai 20 euro, quelle in pelle dai 50 agli 80. «La pelle ci viene donata da Costume National, i jeans da Meltin’Pot. Le aziende ci chiamano felici di darci i loro scarti e noi di riceverli».

La cooperativa Alice gestisce laboratori di sartoria all’interno del carcere di San Vittore, Bollate e Opera. «E’ nata nel 1992 all’interno del carcere di San Vittore, su richiesta di alcune detenute», spiega a Voce Arancio Ida Piermarini, una delle responsabili. «Il lavoro è l’ambizione più grande all’interno del carcere. Aiuta a non andare in depressione e a sentirsi di nuovo utili. La nostra sartoria è aperta tutti i giorni, sabati e domenica compresi, dalle 9 di mattina alle 8 di sera. Per molti è una salvezza». Chi sono i vostri clienti? «Lavoriamo principalmente come terzisti. In passato abbiamo fatto abiti per la Scala, per Raffaella Curier, per Alviero Martini, per diversi spot pubblicitari e film, oltre ai costumi di alcuni programmi Mediaset come Striscia la Notizia. Presto apriremo un negozio di abbigliamento di fascia medio-alta, dove tutti potranno comprare i nostri prodotti».

Ogni anno dalle casse dello Stato escono 3 miliardi di euro per il sistema carcerario. «Un solo punto percentuale in meno nella recidiva corrisponde a un risparmio per la collettività di circa 51 milioni l’ anno» (Salvatore Bragantini, economista).

Made in Jail stampa magliette nel carcere di Rebibbia, mentre L’oro non luccica realizza gioielli con materiali di recupero come viti, bulloni e graffette nella sezione femminile della Casa Circondariale di Mantova. Nell’Istituto di S. Maria Maggiore di Venezia, grazie al progetto Rio Terà dei Pensieri, si producono cosmetici con erbe officinali coltivate tra le mura del carcere, mentre ad Alba, dalle uve del vigneto biologico interno al carcere, è nato il vino rosso ”Valelapena”.

A Volterra, una trentina di detenuti organizzano ”Cene Galeotte” al costo di 35 euro. Il ricavato viene dato in beneficenza (prossimi appuntamenti il 26 marzo e il 23 aprile).

Per ogni detenuto reinserito, la collettività risparmia 157 euro al giorno (Fonte: Italia Lavoro).

Milano Opera è la casa di reclusione con il maggior numero di detenuti in Italia, molti dei quali con lunghe condanne. «Ci sono 250 ergastolani e quasi 500 detenuti della criminalità organizzata. Il lavoro ”dentro” è un’occasione, uno stimolo che porta al confronto e all’autonomia. Riuscire a mantenersi e a non aver bisogno di qualcuno che mantenga la propria famiglia all’esterno, è un modo per affrancarsi. Ad Opera, abbiamo un laboratorio certificato Raee per lo smantellamento degli elettrodomestici, un reparto di saldatori che lavora anche per la Kopron e la Margegaglia, un settore informatico che si occupa della manutenzione dell’hardware e della creazione di siti web, un settore alimentare, chiamato Prigionieri del Gusto, che impiega venticinque detenuti nella produzione di gelato distribuito anche da Carrefour e Coop. C’è un laboratorio di cibi biologici con un servizio di catering per le aziende, l’attività delle serre, la fattoria Al Cappone che produce uova di quaglia. Il carcere è un’azienda e come tale segue la logica del mercato: sopravvive se guadagna. Il lavoro in carcere non deve nascondersi dietro a un paravento, il lavoro funziona perché è fatto bene, non per pietismo. Quindi, chi si merita lo stipendio resta, chi non lo merita se ne va», ha detto il direttore Giacinto Siciliano, durante il convegno Il valore del lavoro, tenutosi a Fa’ la cosa giusta.

«Su 1040 detenuti presenti a Bollate, 100 sono ammessi al lavoro esterno. Nel 2007 è stata fatta una statistica interna su 150 persone per capire l’efficacia dell’apertura al lavoro. Su 114 detenuti che hanno lavorato per almeno 6 mesi all’esterno hanno recidivato in 14, ovvero il 12% circa contro una media nazionale del 68%» (Roberto Bezzi, responsabile dell’area educativa del carcere di Bollate).

A Bollate sono attivi programmi di studio per la licenza elementare e media, un istituto tecnico commerciale per le lingue estere, corsi di informatica, lezioni di inglese, una cooperativa teatrale, una biblioteca di 16 mila volumi. Ci sono corsi per carpentiere, elettricista, aiuto-cuoco, falegname, operatori informatici, grafici multimediali. «Abc Sapienza in Tavola» cura un servizio catering per matrimoni, cene di lavoro e anniversari. Freedom Coop si occupa di grafica e legatoria, mentre Carte Bollate pubblica un bimestrale del carcere fatto da 17 tra detenuti e detenute. Cascina Bollate, con diecimila metri di terreno, due serre e sette detenuti, produce 90 mila piante l’anno e coltiva prodotti biologici, poi messi in vendita (tre volte la settimana: mercoledì e venerdì mattina, sabato pomeriggio).

A Milano, da circa un anno esiste Articolo 27. «E’ un ufficio interno del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e aiuta la promozione del lavoro dentro e fuori il carcere. Cerchiamo di capire le quali sono le professionalità presenti in carcere e le confrontiamo con le opportunità lavorative che offre il territorio. Questo ci permette anche di direzionare la formazione all’interno del carcere», ha spiegato la responsabile Francesca Valenzi, durante il convegno. Nel 2009 gli inserimenti lavorativi realizzati su input dell’agenzia sono stati di 14 detenuti nel settore panetteria, 5 presso l’oasi del Wwf di Vanzago, 3 in un ristorante, uno nel punto vendita della gelateria di Opera, 21 persone sono state impiegate per l’amministrazione e la gestione dei cimiteri cittadini, In virtù di un protocollo d’intesa con Expo 2015, sono già stati impiegate 6 persone per i traslochi e lavori di manutenzione, ma l’impiego sarà più massiccio nel tempo.

In Lombardia, su un totale di circa 8.000 detenuti, 1.800 lavorano. Di questi, 470 sono occupati in aziende esterne.

La legge Smuraglia prevede degli sgravi contributivi in favore delle cooperative sociali e la concessione di un credito d’imposta per le aziende pubbliche o private che assumono detenuti (sia all’interno degli Istituti di pena, sia ammessi al lavoro esterno). Nella sostanza assumere un detenuto - dal punto di vista delle agevolazioni - significa la riduzione dell’ 80% delle aliquote contributive e un credito di imposta di 516 euro al mese per ogni lavoratore detenuto.

«Le altre realtà nazionali non sono però nelle stesse condizioni di Bollate o di Opera e non possono contare su un aiuto come quello dell’agenzia Articolo 27. Di 850 detenuti presenti a Padova, solo 150 lavorano. Come può cambiare la situazione se i detenuti passano 20 ore su 24 a far niente? Usare come unica forma di pena il carcere è controproducente. Quando uno esce, se ha un lavoro, la sua casa e i suoi rapporti famigliari ricostruiti, è difficile che torni a delinquere» (Ornella Favero di Ristretti Orizzonti, Carcere Due Palazzi, Padova).

Dopo l’indulto del luglio 2006, una persona su quattro (26,97%) è tornata in carcere.

«Trasformare un problema sociale in risorsa: ecco la sfida» (Mariolina Moioli, assessore alle Politiche Sociali).