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 2010  marzo 13 Sabato calendario

VANACORE HA DEPISTATO FIN DALL´INIZIO" - ROMA

Un lungo, infinito «depistaggio». Venti anni di indagini a vuoto, spedite fuori strada dai portieri del palazzo di via Poma, da un mazzo di chiavi con il nastrino giallo e da un´agendina rossa con il logo "Lavazza". Sono le carte giocate ieri dal pm Ilaria Calò per spiegare alla giuria dell´aula bunker di Rebibbia come mai siano trascorsi vent´anni prima di far salire Raniero Busco sul tavolo degli imputati per le 29 coltellate inferte a Simonetta Cesaroni il 7 agosto 1990. Secondo la procura «fu il portiere Pietro Vanacore», suicida in mare e sepolto l´altro ieri, a trovare Simonetta in un lago di sangue nella sede romana dell´Associazione ostelli della gioventù. Non la sorella Paola e il fidanzato di allora, non «l´agitatissimo» datore di lavoro Salvatore Volponi che li accompagnò a cercarla insieme al figlio Luca. Fu Pietrino il portiere, dando l´avvio ai «comportamenti equivoci che hanno depistato per venti anni le indagini».
«L´importanza di queste chiavi è enfatizzata dalla tragedia che ha colpito la famiglia Vanacore», dice il pm mostrandole ai giurati: per la procura Pietrino entrò nell´appartamento perché la porta era stata lasciata socchiusa dall´assassino, e scoprì il corpo martoriato nell´ufficio del direttore, Corrado Carboni, pensando a «un incontro clandestino finito male». E invece di chiamare la polizia telefonò subito al presidente degli Ostelli della gioventù, Francesco Caracciolo, a Carboni e a Volponi. lì, argomenta il pm, che dimenticò l´agendina rossa. Poi uscì richiudendo a chiave col mazzo di scorta con il nastrino giallo, sempre appeso a nell´appartamento. L´agitazione di Volponi e dei portieri e i «comportamenti equivoci» per paura di essere coinvolti insospettirono gli inquirenti, e allontanarono le indagini dall´ex fidanzato di Simonetta, Raniero Busco.
Una ricostruzione contestata dal legale di Vanacore, Antonio de Vita: «La questione delle chiavi è già stata chiarita, ne avevano un mazzo per fare le pulizie». A spiegare saranno forse la moglie e il figlio di Pietrino: «La Corte, pur rattristata dalla tragica fine di Vanacore, non può rinunciare a sentirli». Ieri intanto è stato trovato un terzo biglietto lasciato in auto dall´ex portiere: «Senza nessuna colpa, non mia, non della mia famiglia, ci hanno distrutti nel morale, nell´immagine e tutto il resto. Lo porteranno sulla coscienza».