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 2010  marzo 13 Sabato calendario

IL MOTTO DEI PESENTI E I COSTI DEL CONTROLLO

Toglietemi tutto, ma non il controllo: sembra il motto dei Pesenti, padre e figlio. Da quando la piramide costruita da Tronchetti Provera per controllare Telecom ha perso i pezzi, sono loro in testa alla corsa di chi controlla di più con meno soldi. Con costi, non solo per gli azionisti di minoranza, che la crisi ha mostrato in tutta la loro entità.
Grazie alle azioni prive del diritto di voto e al sostegno di Mediobanca, i Pesenti, col 26% del capitale sociale, controllano Italmobiliare: una holding che detiene piccole partecipazioni utili alle relazioni (RCS, Mediobanca), e che è funzionale al controllo di Italcementi; che a sua volta deriva oltre due terzi del proprio valore dal controllo di Ciments Francais. Tutte le attività nei paesi in forte crescita e dai margini più elevati sono infatti della società transalpina, che l´anno scorso ha così contribuito per il 94% al margine operativo del gruppo, e prodotto 504 milioni di utili (ante imposte e oneri finanziari), rispetto ai 67 di perdita della capogruppo italiana. L´indebitamento di Ciments è però il 65% di quello consolidato, secondo il vecchio adagio (delle piramidi), "utili in basso, debito in alto".
Così, azioni di risparmio, piramidi, debito e il sostegno di banche "amiche", permettono ai Pesenti di controllare Ciments detenendo, indirettamente, appena l´8,5% del suo capitale. Con un investimento di 310 milioni in Italmobiliare gestiscono attività consolidate di un gruppo che il mercato valuta 8 miliardi (11 ai valori di bilancio): una leva effettiva tra 26 e 34 volte. Un record: tanto da diventare, per uno dei manuali di Corporate Finance tra i più diffusi al mondo, esempio di come gli azionisti di controllo possano "espropriare" le minoranze (Berk-DeMarzo, p. 918, International Edition). Naturale che gli investitori mostrino poco entusiasmo per i titoli del gruppo: le Italmobiliare risparmio sono state scambiate nell´ultimo anno con uno sconto medio del 32%, che sale al 47% per le Italcementi; e secondo i calcoli della stessa Italmobiliare, il mercato valuta le sue attività meno della metà del loro valore intrinseco.
Il problema non sono solo gli azionisti di minoranza (che, presumibilmente, ai Pesenti interessano poco), ma anche l´accesso più difficoltoso del gruppo al mercato dei capitali. Lo dimostra la fusione di Ciments in Italcementi, che avrebbe permesso al gruppo di incamerare tutti i cash flow prodotti da Ciments: fallita perchè i creditori americani di una società redditizia e poco indebitata come Ciments si sono opposti a diventare creditori di un gruppo meno redditizio e con più debiti. Miopi, come afferma Italcementi, o lungimiranti? Adesso arrivano in soccorso le banche per aiutare Italcementi con un´emissione di bond da 2 miliardi, necessaria per ricomprarsi il debito dei riottosi americani (offrendo un premio sul suo valore nominale) e rifinanziare 1 miliardo in scadenza quest´anno. Anche se il gruppo, con fatturato e margini in discesa, e uno scenario economico non proprio roseo, è già gravato da debiti netti pari alla metà del fatturato (e 2,5 volte il margine operativo).
Le esigenze del controllo pongono seri limiti alle prospettive di crescita. Il settore è caratterizzato da forti economie di scala: marchio e innovazione non servono a valorizzare il prodotto; che è ad alta intensità di capitale; e richiede la produzione in loco. La crescita internazionale nei paesi emergenti, con le migliori prospettive, e l´acquisizione di società con posizioni dominanti locali, è una strada quasi obbligata. Ma per Italcementi, ogni obiettivo dimensionale è frustrato dalle ragioni di chi pretende di controllare senza capitali. Oggi, i principali concorrenti (Heidelberg, Holcim, Lafarge, Crh) fatturano in media il triplo, e producono il quadruplo degli utili. E in Borsa valgono (rispetto agli utili) mediamente il 60% in più di Ital-cementi. Le strade del valore e quelle del controllo spesso divergono. Non lo scopriamo oggi.
P.S. Le attività di Calcestruzzi sono state messe sotto sequestro giudiziario per irregolarità in siti siciliani, in odore di criminalità organizzata. Italcementi ammette, ma minimizza: è una quota risibile del fatturato. Da uno dei maggiori gruppi italiani, attivo in settori e aree a forte densità mafiosa, ci si aspetterebbe più sensibilità al problema. Soprattutto se conta tra i propri amministratori il Presidente di una Confindustria che, giustamente, espelle i pic-coli imprenditori convinti da minacce e violenza a pagare il pizzo.