PATRIZIA FELETIG, la Repubblica Affari&finanza 15/3/2010, 15 marzo 2010
GRAZIE AI POTABILIZZATORI LOWCOST L’ACQUA PURA NON PI UN MIRAGGIO UNA DELLE CHIAVI VINCENTI L’UTILIZZO DELL’ENERGIA SOLARE SU PICCOLA SCALA CHE CONSENTE DI VALORIZZARE ANCHE LA MINIMA UMIDIT PRESENTE NELL’ARIA
Durante l’Esodo il popolo israelita, esaurite le scorte d’acqua, si accampò sulle sponde di un lago ma non gli fu possibile attingere acqua perché era amara. Mosé allora gettò nelle acque un arbusto che le rese bevibili. Ora si scopre che il miracolo biblico aveva un fondamento scientifico nelle proprietà di un albero coltivato in Africa e Asia, la moringa oleifera i cui semi macinati, solubili in acqua, riescono a ridurne la torbidità ed eliminare con un’efficienza oltre il 90% i batteri. A scoprire questo cloro naturale è stato Michael Lea, ricercatore della canadese Clearinghouse, impegnata nello sviluppo di sistemi lowcost per il trattamento delle acque. Questa pianta resiste bene alla siccità e i semi servono alla potabilizzazione: sebbene il protocollo messo a punto da Lea (libero da copyright e scaricabile dal web) non è sicuro al 100% come riconosce lo stesso autore, è un passo avanti propagandare la riscoperta di questo sapere tradizionale.
Oggi l’acqua manca o è contaminata per almeno 2 miliardi di persone che non possono permettersi costosi impianti di depurazione. Ma ora grazie ai progressi tecnologici e della ricerca scientifica sta arrivando tutta una serie di sistemi, alcuni semplici come quello che si è visto ma altri legati a macchinari sofisticati e miniaturizzati. Vediamo alcuni esempi, cominciando dal più semplice: per disinfettare l’acqua sfruttando l’energia del sole, secondo l’Ewag, istituto svizzero per le scienze e tecnologie ambientali, basta mettere in una bottiglia di plastica trasparente l’acqua contaminata ed esporla al sole per 6 ore: la sinergia delle radiazioni Uva e l’elevata temperatura causa la distruzione di diversi batteri tra cui quelli di colera, epatite, tifo.
Evoluzione di questo concetto è la tanica "Solvatten" sviluppata dalla svedese Petra Wadstrom che sfrutta la combinazione di radiazioni e calore per disinfettare l’acqua. L’apparecchio contiene 10 litri di acqua, si sdoppia in due recipienti rettangolari aprendosi a libro e si espone al sole. Le pareti rivolte al sole sono di plastica trasparente permeabili ai raggi mentre quelle opposte sono nere per assorbire i raggi. Un sensore Lcd inserito sulla parete esterna indica quando si sono raggiunti 60° (dopo circa 3 ore). L’acqua viene inserita da un’apertura dotata di filtro e dopo la purificazione viene versata da un’altra apertura con un altro filtro amovibile.
Ultravioletti anche per RayWox dell’azienda tedesca Kako, produttrice di inverter", le apparecchiature elettromeccaniche che trasformano la corrente da continua ad alternata. RayWox è uno sviluppo della tecnologia fotocatalitica di purificazione delle acque industriali. L’elemento centrale è un ricevitore solare che ricava dall’irradiazione l’energia necessaria ad attivare il processo per ossidare e decomporre gli inquinanti. Si usa come semiconduttore il biossido di titanio. L’acqua contaminata addizionata con i fotocatalizzatori attraversa il tubo di un vetro speciale: il sofisticato comando adatta esattamente la velocità del flusso alla potenza solare irradiata al momento. In caso di scarsa irradiazione la velocità viene ridotta fino a quando l’acqua non raggiunge il grado di purezza desiderato. Anche le pompe che alimentano la movimentazione dell’acqua sono attivate da energia solare. Il sistema è in grado di purificare circa 4500 litri d’acqua in 2/3 ore.
La tecnologia interviene anche dove non c’è un’emergenza idrica: in Italia, dove l’acqua del rubinetto è accettabile, rimane il problema della sua gradevolezza che apre il lucroso mercato dei filtri domestici: a carboni attivi, a scambio ionico, a osmosi inversa. Questi possono correggere il sapore di cloro o eliminare le tracce di alcuni inquinanti. Il più affidabile è quello a osmosi inversa: l’acqua è forzatamente condotta, alzandone la pressione, attraverso una membrana semipermeabile che impedisce il passaggio di buona parte di altre sostanze disciolte nell’acqua: elimina i metalli pesanti, i nitrati e altri componenti indesiderati. L’apparecchio separa l’acqua in due flussi: da una parte l’acqua purificata, dall’altra quella scartata ricca di sali minerali.
L’innovazione si è spinta anche ad estrarre acqua dall’umidità dell’aria, una procedura che simula la creazione della rugiada e utilizza energie rinnovabili come solare e biomasse. Un chilometro cubo di aria contiene da 10 a 40mila tonnellate d’acqua, abbastanza per rifornire almeno 100mila persone per tutte le loro necessità idriche. L’impianto sviluppato dalla israeliana Ewa (Earth Water Air), ha tre fasi di lavorazione. Si pompa aria dall’esterno in un contenitore dove c’è un essiccante solido (gel di silicio) che ne cattura l’umidità, dopodiché si ripassa su questo essiccante una corrente di aria molto calda che tira fuori un flusso di aria denso di umidità, infine questo viene passato in un condensatore a risparmio di energia. Il procedimento permette di produrre fino a 1000 metri cubi d’acqua al giorno al costo di circa mezzo dollaro al litro.
Quanto alla desalinizzazione, un problema è l’energia che richiede. Si pensi che i rifornimenti di acqua potabile ad Haiti sono assicurati dai due reattori nucleari a propulsione di una portaerei americana. La Oasys, startup di due ricercatori di Yale, ha raccolto 10 milioni di dollari per finanziare una tecnologia che, promettono, userà un decimo dell’energia necessaria con i metodi tradizionali: una soluzione di sali di ammonio facilita il processo di osmosi e permette di eliminare la necessità di sottoporre l’acqua ad alta pressione. Dopo il filtraggio, l’acqua dissalata è liberata dai sali di ammonio attraverso il riscaldamento, che poi però sono recuperati convertiti in vapore. Per ridurre ulteriormente il costo energetico, si può usare quando possibile il calore di scarto da una centrale termica.