PAOLO PONTONIERE, la Repubblica Affari&finanza 15/3/2010, 15 marzo 2010
IMPRESE USA, LA CRISI HA FATTO PAURA ACCANTONATO UN TRILIONE DI
DOLLARI
 - Ad esaminare i dati relativi alle riserve di cassa accumulate dalle aziende non finanziarie dell’S&P 500, resi noti di recente dal Wall Street Journal, si potrebbe concludere che la recessione danneggia chi non ce l’ha. Secondo il prestigioso quotidiano economico, dall’inizio della crisi queste aziende hanno accantonato quasi un trilione di dollari nei loro forzieri. E l’ammontare continua a crescere.
Il dato, emerso dalla rielaborazione di ricerche condotte dalla Capital IQ, la divisione intelligence di Standard & Poor’s, stupisce anche gli economisti. "Sono cifre che non trovano precedenti nella storia dell’aziendalismo moderno e che segnano una forte accelarazione rispetto all’anno scorso", osserva Douglass Skinner, docente alla Graduate School of Business dell’Università di Chicago, "E la cosa straordinaria è che la crescita si è verificata nella fase più dura della Grande Recessione".
Superiore del 31 per cento rispetto allo scorso anno, la lievitazione delle riserve aziendali Usa si è verificata mentre 6 milioni di famiglie perdevano la casa, le banche bruciavano oltre un trilione di dollari e pressapoco 10 milioni di lavoratori davano l’addio all’occupazione stabile.
E non si tratta solo di aziende dell’alta tecnologia come Google, Microsoft e Cisco, che si sa tendono sempre ad ammassare forti riserve per anticipare le dinamiche creditizie le tre ditte hanno ognuna circa 30 miliardi di dollari in riserva ma anche di vecchie blue chip come Du Pont, Alcoa e Ge che normalmente sono totalmente investite in materie prime, in macchinari e infrastrutture. In alcuni casi, come quello della Ford che dispone quasi di 38 miliardi di dollari di riserve, l’accumulazione è avvenuta in controtendenza al settore nel quale operano. L’industria dell’auto americana è stata infatti salvata da morte certa dall’infusione di 25 miliardi di capitali pubblici. In altri casi, come quello dell’Alcoa, la crescita delle riserve è avvenuta a dispetto di un crollo del fatturato e una riduzione drastica degli addetti. La ditta di cui era stato ceo Paul O’Neal, uno dei più famosi segretari del Tesoro della storia americana, non solo ha sfoltito 28 mila addetti ma ha anche sofferto una riduzione delle entrate del 31 per cento.
"Il fenomeno non è nuovo ma con la crisi si è accentuato", afferma Brian Bethune, analista della IHS Global Insight, un think tank economica statunitense. "Per far fronte alla stretta creditizia le aziende hanno rafforzato le posizioni contante. E lo hanno fatto in austerità. Licenziando, tagliando gli investimenti, riducendo i salari e incrementando la produttività dei loro addetti".
Ma non solo d’austerità s’è trattato. Molte aziende hanno anche fatto ricorso all’emissione di obbligazioni e di nuove azioni. Questo è il caso della Nucor che, a dispetto delle esortazioni degli analisti e degli azionisti, all’inizio della crisi invece di ricomprare i suoi titoli ne emise di nuovi. Risultato: oggi ha 2,2 miliardi di dollari in riserva. Secondo il Washington Post nel 2009 le corporazioni statunitensi hanno emesso 750 miliardi di obbligazioni.
Ma non tutte scelgono di covare le loro riserve. Molte le usano per riacquistare le proprie azioni, dare la scalata ad altre aziende e distribuire dividendi ai loro azionisti. Secondo la Thomson Reuters solo a Febbraio negli USA sono stati annunciati 62 buyback per un valore complessivo di 42 miliardi di dollari, con un aumento del 7 per cento sull’ultimo trimestre del 2009, mentre 79 aziende hanno incrementato la distribuzione dei dividendi. Anche le acquisizioni sono in aumento, il 40 per cento in più rispetto all’anno scorso, con una predilezione per l’acquisto in contanti.
Non tutte però se ne stanno ai margini della crisi, molte stanno investendo nell’ammodernamento dei loro impianti, nel rafforzamento degli stoccaggi e nel rilancio dell’economia.
E per l’occupazione? Secondo Peterson per rilanciarla bisognerà attendere che i dividendi e gli investimenti di capitale trovino la via verso le casse delle piccole aziende e le tasche dei consumatori. E così è di nuovo economia trickle down in America.