Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 13 Sabato calendario

DIPLOMAZIA E SPIONAGGIO. IL CASO VALIER

La mostra degli arazzi a Palazzo Te ha il merito di riaccendere i riflettori sulle eccezionali relazioni letterarie e artistiche intrecciate nel Rinascimento dai Gonzaga e da Isabella d’ Este. Le trame dei preziosi tessuti potrebbero alludere simbolicamente anche alle «trame» dei sottili misteri che animavano le fitte relazioni culturali delle Corti cinquecentesce. Proprio a Mantova nel 1505, al servizio dei Gonzaga e di Isabella, il veneziano Giovan Francesco Valier - uno dei più straordinari e misteriosi personaggi della letteratura italiana rinascimentale - inizia giovanissimo la sua avventura di diplomatico, di poeta, di novellatore, di collezionista. Il suo nome purtroppo non figura né nei manuali di letteratura né in quelli di storia. Stiamo parlando di un fine letterato che tra gli anni Venti e Quaranta ha svolto un ruolo importante nelle relazioni intellettuali della prima metà del Cinquecento. Basterà citare solo qualche esempio per rendersene conto: Ludovico Ariosto gli attribuisce la fonte di una delle più belle novelle dell’ «Orlando furioso»; Pietro Bembo lo annovera tra i pochi interlocutori che ricevono la prima stesura manoscritta delle Prose della volgar lingua; Baldassarre Castiglione gli affida la revisione linguistica del Cortegiano; Sperone Speroni gli assegna il ruolo di interlocutore principale in due suoi importanti dialoghi («Dialogo della Retorica» e «Dialogo della vita attiva e contemplativa»); Bernardo Tasso gli invia diversi componimenti nella speranza di ricevere preziosi suggerimenti; Bernardino Daniello gli riconosce doti di grande scrittore nel trattato «Della poetica»; Claudio Tolomei gli dedica il famoso canzoniere sperimentale Versi e regole della poesia toscana. Si tratta di autori e di testi che hanno lasciato un segno profondo nella cultura letteraria italiana. Ma, nonostante questi importanti riconoscimenti, oggi non resta nessuna traccia del Valier e delle sue opere. Perché? Non certo per le sue attività di letterato. Bisogna scavare nelle sue relazioni con ambasciatori, agenti segreti e diplomatici per capire come mai la nebbia dell’ oblio abbia cancellato per secoli il suo nome dalla storia. Attraverso le movimentate avventure del Valier è possibile ricostruire un mondo sommerso in cui letteratura e diplomazia, filologia e spionaggio, mecenatismo e alleanze segrete, collezionismo e potere diventano facce della stessa medaglia. Una microstoria che può essere considerata, probabilmente, come significativo exemplum: chissà quanti altri letterati di vaglia sono finiti nel buco nero del silenzio per aver condotto un’ esistenza spericolata, tra rischiosi maneggi e fraudolente missioni segrete. Del resto, a pensarci bene, la diplomazia europea, si tratti di un piccolo stato o di una grande potenza, si è sempre avvalsa dell’ operato di letterati ed artisti. Firenze - solo per ricordare qualche significativo esempio - annovera tra i suoi diplomatici Machiavelli e Guicciardini, Roma e Urbino Baldassarre Castiglione e Venezia Ermolao Barbaro. L’ elenco potrebbe raggiungere dimensioni sorprendenti se assieme agli ambasciatori si includessero anche i legati, gli oratori, i nunzi, gli inviati per singole missioni speciali. Lo stesso discorso vale per le potenze straniere: la Francia si serve di finissimi filologi classici e di Montaigne, la Spagna di Diego Hurtado de Mendoza e l’ Inghilterra di Tommaso Moro e di sir Philip Sidney. Ma c’ è di più. Il caso Valier permette anche di capire il ruolo fondamentale che un’ ambasciata può avere nella circolazione di uomini, manoscritti rari, libri, opere d’ arte da una città all’ altra dell’ Europa. Non bisogna dimenticare che siamo nella Venezia del Cinquecento, in uno dei luoghi privilegiati per l’ incontro delle letterature, delle lingue, delle religioni. Avvantaggiata da una posizione strategica per gli scambi tra Oriente e Occidente, la Serenissima diventa un osservatorio politico e culturale di grande importanza per le potenze straniere europee. Francesco I, per ostacolare lo strapotere di Carlo V nello scacchiere occidentale, cerca di tessere sotterranei rapporti con i Turchi, l’ unica forza in grado di minacciare gli imperiali, fornendo loro preziose informazioni segrete. E l’ affaire in cui viene coinvolto il Valier svelerà proprio uno degli occulti «canali» che univa l’ ambasciata francese alle alte sfere di Costantinopoli. Scoperta la rete di spionaggio, il Valier viene impiccato in piazza San Marco a Venezia il 22 settembre del 1542, sotto gli occhi inorriditi dell’ ambasciatore mantovano, Benedetto Agnello. Pochi giorni prima dell’ esecuzione, il povero letterato condannato a morte aveva affidato le sue ultime volontà a un notaio, chiedendo al cognato di distruggere il manoscritto che conteneva poesie e novelle inedite. La damnatio memoriae poi ha fatto il resto, cancellando definitivamente le sue tracce.
Nuccio Ordine