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 2010  marzo 13 Sabato calendario

GONZAGA TRAME DI GLORIA

Gli arazzi dei Gonzaga a Mantova sono passati più di quattro secoli ma l’ impatto scenografico, la spettacolarità, lo sfarzo sono gli stessi. Così dovevano infatti apparire agli occhi degli ospiti più illustri, dei nobili prelati, dei potenti di tutta Europa che venivano a rendere omaggio a una delle dinastie più influenti e raffinate d’ Italia, i Gonzaga di Mantova, quelle «pareti» intessute di seta e filati preziosi, d’ oro e d’ argento, che arredavano i saloni d’ onore di Palazzo Ducale e delle altre sontuose dimore della corte. Parati grandiosi per dimensione e magnificenza che facevano da sfondo a feste e a cerimonie ufficiali e che, come vere e proprie quinte mobili, potevano essere smontati e rimontati anche all’ aperto, creando ambienti sempre differenti e fiabeschi, in un susseguirsi di paesaggi fantastici, giardini fioriti, giochi di putti, battaglie e trionfi. Grande è l’ emozione che si avverte passeggiando tra questi capolavori provenienti da tutto il mondo e per la prima volta riuniti a Palazzo Te, nella bella mostra curata da Guy Delmarcel dei Musées Royaux di Bruxelles e tra i massimi esperti del settore, con la collaborazione di Nello Forti Grazzini, Stefano L’ Occaso e Lucia Meoni. La stessa emozione che nel 1530 dovettero provare gli invitati a uno degli eventi più spettacolari della vita di corte, quando in onore di Carlo V i muri del Castello furono parati «da ogni banda da alto a basso di finissime tapizerie» o qualche anno dopo, nel 1587, quando la serie con gli Atti degli Apostoli disegnata da Raffaello fu esposta sulla facciata del Duomo per celebrare l’ incoronazione di Vincenzo I Gonzaga. Già Isabella d’ Este, andata sposa a Francesco II nel 1490, aveva collezionato stupendi paramenti tessili (lo stesso Mantegna ne aveva fornito apprezzati modelli), ma sarà con i tre figli della coppia, l’ erede al titolo Federico II, il cardinale Ercole e Ferrante, comandante delle truppe imperiali, governatore di Milano e signore di Guastalla, che gli arazzi costituiranno lo status symbol più ambito. Nell’ inventario ducale stilato nel 1541, alla morte di Federico II, ne figurano 315 pezzi, che saliranno a 386 in quello redatto nel 1614. Gran parte degli arazzi veniva tessuta nelle Fiandre, a Bruxelles, dove si calcolava che a metà del XVI secolo almeno un quinto della popolazione vivesse di quest’ arte, ma tessitori fiamminghi erano attivi anche in Italia, come Nicolas Karcher, conteso dai signori di Ferrara, Firenze e Mantova. Se molti dei capolavori fatti realizzare dai Gonzaga sono andati distrutti nel tempo, alcuni - tutti di qualità altissima - sono giunti fino a noi, tra i quali gli oltre trenta oggi esposti a Palazzo Te. «Sono belli, enormemente belli, una vera riscoperta per il pubblico che potrà apprezzare in tutta la sua magnificenza una forma d’ arte ancora poco conosciuta» ha commentato Nello Forti Grazzini. «Gli arazzi cinquecenteschi, soprattutto quelli fiamminghi, rappresentano l’ eccellenza della produzione cui corrisponde quella raffigurativa, dovuta ai più grandi pittori del tempo. A distinguersi furono Raffaello e ancor più Giulio Romano, cartonista abilissimo che raggiunse i vertici di quest’ arte nei suoi Giochi di Putti affollati di fiori, pergolati e danze di amorini, ideati a magnificare il buon governo di Federico II ed Ercole Gonzaga. Ma uno tra gli esemplari in mostra è ancora avvolto nel mistero: quell’ Annunciazione di Chicago con i pavoni dello stemma gonzaghesco, ma la cui committenza è incerta tra Ludovico II e Francesco II. Nel primo caso, si tratterebbe del più antico arazzo rinascimentale italiano arrivato fino a noi». Spiccano, tra i più preziosi, il Millefiori araldico restaurato per l’ occasione, La Pesca miracolosa su cartone di Raffaello e destinato alla Cappella Sistina, l’ unico che non faceva parte delle collezioni della famiglia, quello della Storia di Giasone con le armi di Alfonso I Gonzaga di Novellara e le Storie di Mosè, realizzate per Ferrante e messe al confronto con quelle tessute da Karcher a Mantova per il duca Guglielmo. Stupefacente per la resa illusionistica è poi il ciclo del Fructus Belli, anch’ esso voluto da Ferrante a celebrare guerre e vittorie del casato, senza dimenticarne le amare conseguenze. Fu proprio la scoperta, nel 1977, di un arazzo della serie da parte di Guy Delmarcel a segnare l’ inizio di quel lungo cammino di studi e ricerche che avrebbe portato a identificare l’ intero corpus e a ricostituire nella loro ricchezza le collezioni dei Gonzaga. A concludere il percorso saranno gli arazzi custoditi nel Museo Diocesano, realizzati alla fine del Cinquecento nella manifattura parigina di Dubout e quelli con gli Atti degli Apostoli in mostra permanente a Palazzo Ducale. Francesca Montorfano