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 2010  marzo 13 Sabato calendario

2 articoli - IL «VERMEER DI HITLER» E LE OMBRE DEL PASSATO - Ci sono quadri che è impossibile non volere

2 articoli - IL «VERMEER DI HITLER» E LE OMBRE DEL PASSATO - Ci sono quadri che è impossibile non volere. L’ atelier o L’ arte della pittura di Vermeer è uno di questi. Nei quasi 350 anni di vita - fu dipinto tra il 1666 e il 1668 -, lo volle un barone austriaco, lo comprò un conte di Vienna, piaceva al miliardario americano Andrew Mellon, ci mise quasi le mani sopra Hermann Göring, lo conquistò facilmente Hitler e ora lo rivogliono gli eredi di Jaromir Czernin che nel 1940 glielo vendette. Incanta, è misterioso come per noi è Johannes Vermeer, è un oggetto del desiderio. Dal 1946, il pubblico lo può vedere al Kunsthistorisches Museum di Vienna: è il quadro di maggior valore delle collezioni pubbliche della capitale austriaca. In questi giorni, è oggetto di una mostra che ne racconta vicende e contenuti artistici. Ma è anche il cuore di una nuova disputa tra vittime del nazismo e istituzioni pubbliche che dopo la guerra si sono ritrovate in cantina pezzi d’ arte straordinari spesso espropriati, o pagati pochi marchi, a famiglie ebraiche che avevano bisogno di denaro per fuggire la Gestapo. I nazisti, con il loro Führer in testa, amavano la pittura. O meglio: possedere tante tele. Gli Czernin, in realtà, non erano una famiglia ebrea. Aristocrazia austriaca di lunga data, il conte Johann Rudolf Czernin comprò L’ atelier nel 1813 - ritenendolo un De Hooch, perché solo nel 1860 venne attribuito a Vermeer - da un’ altra famiglia nobile austriaca, i van Swieten. La moglie di Jaromir Czernin, il quale aveva ereditato il Vermeer nel 1929, era invece di lontane origini ebraiche, tanto che dopo l’ annessione dell’ Austria al Terzo Reich la famiglia fu espropriata di gran parte dei beni. Fatto sta che, vedendo arrivare tempi cattivi, già nel 1937 Jaromir cercò di vendere il quadro al banchiere e industriale americano Andrew Mellon per un milione di dollari in oro. La morte di quest’ ultimo e l’ arrivo dei nazisti a Vienna cambiò la situazione: venderlo all’ estero non era più possibile. A quel punto, Göring si fece avanti, con la collaborazione di un industriale di Amburgo: da anni voleva un Vermeer. Saputo della trattativa, però, Adolf Hitler, che stava raccogliendo migliaia di quadri per il suo progetto di Museo del Führer a Linz, impose la Führervorbehalt, la prerogativa che gli dava diritto di prelazione. Per un prezzo di 1,65 milioni di Reichsmark, L’ atelier entrò nella collezione del capo nazista. A guerra finita, gli americani assegnarono il quadro al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Per i 15 anni successivi, Czernin si battè per recuperarlo, sostenendo di essere stato sotto pressione per venderlo, al Führer non si diceva di no. Senza successo. Ora, le leggi sulle restituzioni in Austria sono cambiate, molte opere sono state restituite dallo Stato agli ex proprietari, e quindi gli eredi hanno chiesto di riavere il Vermeer. Una commissione pubblica sta esaminando il caso: il quadro è valutato un minimo di 150 milioni di euro. Ragione in più per non potere non volerlo. Danilo Taino «UN CAPOLAVORO CHE VA AMMIRATO IN SOLITUDINE» - «L’ arte della pittura» sarà esposta fino al 25 aprile al Kunsthistorisches «da sola, come si merita un capolavoro assoluto» dice Philippe Daverio, critico d’ arte e conduttore televisivo, «io farei solo mostre con pezzi unici per consentire alle persone, che hanno sempre poco tempo, di contemplare veramente l’ opera e godersela». Le sembra giusto che un quadro così importante torni nelle mani dei legittimi proprietari e non sia più esposto in pubblico? Non si merita un museo? «Guardi se Vienna lo vuole basta che lo paghi. Il quadro potrebbe arrivare a valere anche 250 milioni di euro, e non credo che gli eredi del conte Czernin se lo vogliano tenere, non sono così ricchi». Secondo lei come finirà la causa? «La questione giuridica è molto interessante perché è difficile sostenere che fu vendita coatta a prezzo vile, cioè a un prezzo largamente inferiore a quello di mercato. Siamo negli anni Trenta, gli eredi del conte stanno per vendere l’ opera in America alla cifra colossale di due milioni e mezzo di marchi (circa un milione di dollari) ma la legge sulla protezione delle arti austriache lo impedisce. Così se aggiudica Hitler a un milione e seicentomila marchi, 200 mila marchi in meno di quanto aveva offerto Göring. A me questa sembra una trattativa normale a parte il fatto che si può sostenere che c’ era un obbligo morale a cedere l’ opera». Monica Ricci Sargentini