Filippo Facci, Libero 13/3/2010, 13 marzo 2010
PERTINI PIACE AI VIOLA PERCH ERA UN DUETTO
Non sanno o non ricordano che Sandro Pertini diede l’incarico di presidente del Consiglio al demonio in persona; Bettino Craxi. Non sanno o non ricordano che Sandro Pertini contro-firmò per due volte i decreti che riaccesero le tv del vicedemonio in persona: Silvio Berlusconi. Non sanno o non ricordano che Sandro Pertini è ricordato a tutt’oggi, dagli studiosi, per una certa sua scarsa sensibilità nei confronti del dettato costituzionale.
Non sanno o non ricordano un accidente: ma intanto hanno arruolato anche Pertini, pover uomo; perché il popolo cosiddetto viola il colore delle esequie celebra e trasfigura i propri eroi trasformandoli in qualcosa che mai furono, la prassi è questa, procedono per assonanze e suggestioni e mescolano infine tutto assieme: Falcone e Borsellino, , De Magistris e Beppe Grillo, Giorgio Ambrosoli e appunto, oggi, Sandro Pertini. Come già raccontato, molti manifestanti oggi indossano una maglietta viola con l’icona dell’ex Presidente e la scritta «Pertini non l’avrebbe firmato!», e il riferimento è ovviamente al decreto che ha cercato di riammettere le liste del PdL dapprima escluse. Giorgio Napolitano ha controfirmato il decreto, mentre Sandro Pertini non l’avrebbe fatto: ne sono sicuri.
I costituzionalisti
Eppure come scrivono per esempio i costituzionalisti Antonio Baldassarre e Carlo Mezzanotte ne «Gli uomini del Quirinale», Laterza 1985 «L’esperienza Pertini è stata caratterizzata da alcuni episodi di indubbia rilevanza, rispetto ai poteri di controllo, che hanno fatto molto discutere». Per essere ancora più espliciti stiamo parlando di un testo universitario «l’uni-co grande limite della Presidenza Pertini fu una certa insensibilità per il rispetto delle procedure costituzionali. questo, del resto, un tratto coerente con la complessiva posizione di Pertini di ”socialista populista”. Che è, poi, la terribile accusa che ancora oggi viene rivolta a Bettino Craxi.
E però, lui, non avrebbe firmato. I giovani costituzionalisti del popolo viola non hanno dubbi: il partigiano Sandro non avrebbe mai permesso l’abuso e la proliferazione di uno strumento come il decreto legge, imbracciato di continuo dall’attuale presidenza del Consiglio per imporre il proprio credo golpista e antidemocratico. «Quanto ai peccati di omissione», scrivono tuttavia i costituzionalisti Baldassarre e Mezzanotte, incuranti, «occorre almeno ricordare il silenzio di Pertini di fronte al vertiginoso aumento dei decreti legge, silenzio interrotto soltanto da una lettera di contenuto generale quando il fenomeno non era ancora al suo acme».
Il testo citato, va detto, non è complessivamente ostile a Pertini: ma non per questo rinuncia a ricordare che proprio a partire dal quarto governo Andreotti (in piena solidarietà nazionale col Pci) ebbe inizio la costante e progressiva adozione di questo
strumento d’urgenza: «I principi tuttora scritti in Costituzione su questa materia», scrivono ancora i due studiosi, «sono stati di fatto stravolti o addirittura rovesciati. Nonostante ciò, non solo i Capo dello Stato si è guardato bene dal sollevare obiezioni in sede di emanazione dei decreti legge, ma, nelle sue pur numerose interviste e nei suoi non rari interventi informali presso il governo, non ha toccato l’argomento anche quando il fenomeno ha raggiunto una dimensione intollerabile».
Si parla si Sandro Pertini: possibile? Come se fosse stato un qualsiasi Giorgio Napolitano? E con tutte le magliette viola già stampate, oltretutto?
Meglio non saperle, queste cose. Nel caso del popolo viola, per queste e moltissime altre, è un pericolo che non c’è. Non sanno certo che nel marzo 1989, per dire, Pertini diede incaricò a Giulio Andreotti con l’indicazione che scegliesse Giuseppe Saragat e Ugo La Malfa come vicepresidenti: persino la segreteria generale del Quirinale dovette far notare che secondo l’articolo 92 della Costituzione la scelta dei ministri (e i vicepresidenti del Consiglio lo erano) spetta esclusivamente al capo del governo: ma Pertini non se ne curò. Tirò dritto.
Meglio non sapere
Della «grave rottura della Costituzione» che fu consumata, come la definiscono Baldassarre e Mezzanotte, esiste ovvia testimonianza sulla stampa dell’epoca. Di «governo del presidente», non a caso, si parlò per la prima volta proprio in occasione del settennato di Pertini, e fu un altro costituzionalista di un certo spessore, Andrea Manzella, a parlare in più occasioni di «governo del presidente da manuale». Parlò dell’anticamera, cioè, di quel presidenzialismo o semipresidenzialismo in cui gli antenati politici del popolo viola vedevano ombre golpiste a loro volta.
Meglio non sapere. L’uomo forte di Sandro Pertini in Liguria, colui cioè che gli dava i voti quando ancora ne aveva bisogno, era un socialista di nome Alberto Teardo: e molti ricorderanno diversamente dal popolo viola, naturalmente che si parla di uno dei più celebri antesignani di Tangentopoli.
Fu arrestato nel 1983, da presidente della Liguria, per un elenco di reati più lungo di un libro di Marco Travaglio. Pertini non c’entrava nulla, ma oggi ne sarebbe uscito triturato e stampato non solo sulle magliette.
Filippo Facci, Libero 13/3/2010