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 2010  marzo 13 Sabato calendario

AGLI UOMINI DI GROUND ZERO RISARCIMENTO DI 657 MILIONI - A

Staten Island, isola newyorchese fitta di casette col tetto a punta, c’è un viale dedicato a Raymond W. Hauber, morto tre anni fa di cancro all’esofago.
Il sindaco Michael Bloomberg gli ha intitolato la strada perché in quella tersa mattina dell’11 settembre 2001 che stava per volgere in tragedia, Raymond, vigile del fuoco quarantenne, si godeva un giorno di permesso dal lavoro ma quando vide il primo aereo entrare dritto nella Torre si precipitò alla sua stazione di Brooklyn per unirsi ai soccorritori. Scavò tra le macerie un’intera settimana senza andare a dormire eppure la sua richiesta di risarcimento per i danni provocati dall’inalazione delle sostanze tossiche fu respinta, insieme a quelle di altre migliaia di angeli della cenere: pompieri,poliziotti, muratori che avevano affrontato l’inferno fumante di Ground Zero senza protezioni adeguate.
Il caso di Hauber sarebbe approdato a maggio davanti a una corte, quasi nove anni dopo gli attacchi terroristici che hanno mutilato lo skyline di Manhattan. Invece ieri Comune e vittime ( o loro familiari) hanno finalmente raggiunto un accordo extra- giudiziale: 657,5 milioni di dollari verranno distribuiti tra 10mila ricorrenti. Che potranno accettare il risarcimento entro 90 giorni. Ai legali andrà un terzo delle somme concordate e i soldi arriveranno dallo speciale fondo federale assicurativo di un miliardo creato nel 2003. Fondo che ha già sborsato 200 milioni in spese legali per difendere il Comune e i suoi appaltatori.
Ha suggellato l’intesa il giudice Alvin Hellerstein, del Southern District di New York, che si è solennemente impegnato a esaminare «ogni singola domanda per verificare che i termini dell’accordo siano giusti».
L’intento delle autorità è tenere lontani gli sciacalli dei disastri ma anche restituire dignità a tanti soccorritori che in questi anni di aspra contesa con la città - i ricorsi sono iniziati nel 2003 hanno visto avvocati comunali scavare nelle loro vite alla ricerca di "condizioni preesistenti" di salute per concludere che asma, disturbi gastrointestinali e malattie respiratorie non erano la conseguenza dei turni al Sito sotto il cielo plumbeo per la polvere e i fumi, con l’odore acre di bruciato che ancora mesi dopo gli attacchi impregnava, portato dal vento, la zona sud di Manhattan, a centinaia di metri dall’epicentro del dolore.
Il comune di New York ha sostenuto per anni di essere immune da responsabilità perché quei lavoratori, a Ground Zero, ci erano andati senza avere le coperture assicurative necessarie a un compito tanto pericoloso. Marc Bern, che rappresenta 9mila ricorrenti, ha riportato ieri l’attenzione sull’unicità degli eventi: «Siamo contenti che queste donne e uomini eroici, che hanno compiuto il proprio dovere incuranti delle conseguenze per la salute, ricevano il giusto compenso per le sofferenze e il dolore». Quando le Twin Towers si accasciarono a terra con i loro 110 piani, formarono un cumulo di macerie alto come un palazzo di dodici piani, del peso di un milione di tonnellate. Gli incendi continuarono a fumare per quasi tre mesi. Al World Trade Center la fuliggine si appiccicava alle persone mescolata a particelle di amianto. Il cemento sbriciolato, le fibre di vetro e tutta la gamma di materiali pericolosi strappati dal ventre dei grattacieli venivano caricati sui camion e portati nelle aeree di stoccaggio e sui moli dove, prima dello smaltimento finale, gli addetti alla ripulitura cercavano per l’ultima volta resti umani. La sequenza degli attacchi lasciò la metropoli senza fiato ma la risposta all’emergenza fu immediata e massiccia. Le procedure ordinarie non avrebbero potuto essere seguite. Ci sono voluti nove anni per capirlo.