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 2010  marzo 13 Sabato calendario

MODOTTI

Tina (Assunta Adelaide Luigia), Udine, 17 agosto 1896, Città del Messico, 5 gennaio 1942 • Seconda di quattro sorelle e due fratelli, famiglia poverissima. Bellissima • Nata a Udine ma cresciuta, fino ai 9 anni, in Austria, dove il padre Giuseppe, muratore con idee socialiste, trova lavoretti saltuari. Assunta Mondini, la madre, fa la sarta. Lascia la scuola dopo gli esami di terza elementare per aiutare la madre nei lavori di sartoria: «la sorella Yolanda la ricorderà fin da allora con l’espressione malinconica e lo sguardo sofferente, l’unica dei figli a non lamentarsi mai per il cibo scarso e il freddo» (Pino Cacucci, Tina) • Nel 1913 raggiunge il padre, che intanto si è stabilito in a San Francisco, in America, con la primogenita Mercedes in cerca di fortuna. Si imbarca da sola su una nave stipata di emigranti. Ha 17 anni e dopo una settimana trova lavoro come operaia in una grande azienda tessile. Ben presto lascia la fabbrica. Lavora a casa come sarta, si dedica al teatro, partecipa a dibattiti, riunioni, mostre, in un vortice crescente di iniziative e nuove conoscenze • All’esposizione internazionale Pan Pacific, nel 1915, conosce il pittore e poeta Roubaix de l’Abrie Richey, originario del Quebec ma residente a Los Angeles, che sposa due anni dopo. Robo è alto, magrissimo, viso affilato e capelli lunghi, baffi e occhi neri, sguardo smarrito in un mondo immaginario • il 1920, e Tina tenta la strada di Hollywood. Gira varie pellicole, in una delle quali compare nuda, dietro un velo di pizzo che le lascia scoperto un seno. Viene descritta «flessuosa, dalle curve soavi, l’andatura lenta e armoniosa, occhi di un nero ardente...». Nella locandina di The tiger’s coat si sottolinea «il fascino esotico di Tina Modotti». Ma l’ambizione non basterà a farle accettare altre offerte per copioni scritti sulle misure del suo fisico • Lo studio di Robo è il luogo di ritrovo per artisti e scrittori radicali, tra cui il fotografo Edward Weston, già considerato un maestro dell’immagine. Tina si appassiona alle tecniche fotografiche, posa per lui. Si innamorano. Lui ha 34 anni, una moglie e quattro figli. Lei 25 • Il 9 febbraio del 1922, Tina è su un treno diretto a Città del Messico. Sta raggiungendo Robo, che si è trasferito già da qualche mese, e lì ha ritrovato l’interesse per l’arte e la creatività. Robo però morirà proprio quella notte, dopo un improvviso attacco di febbre altissima, probabilmente dovuta al vaiolo • Il Messico è in un momento particolare: la rivoluzione si è conclusa ufficialmente da poco, anche se continuano le violenze (Emiliano Zapata viene ucciso nel 1920, Francisco Villa nel 1923). Il nuovo presidente, Alvaro Obregon, affida la segreteria del’Educazione a José Vasconcelos, tornato da un esilio di cinque anni. Vasconcelos crede nel coinvolgimento dell’artista a tutti i livelli della vita sociale e abolisce qualsiasi forma di censura o di pressione ideologica • Tina ha con sé alcune foto di Weston e organizza subito una mostra, che ha grande successo. In Messico è felice, e dopo un anno riesce a convincere Weston a trasferirsi con lei. Affittano una grande casa a Tacubaya, una hacienda di 10 stanze che danno tutte su un patio interno, alti soffitti e finestre ad arco, mura spesse e un giardino che è un’eruzione di colori. Dalla terrazza sul tetto si vedono i campanili della cattedrale dello Zocalo • Con la sua Korona, più leggera della Graflex usata da Weston, inizia a sentirsi indipendente anche nella fotografia: cerca volti, sviluppa i negativi per conto suo, affinando tecniche decisive per il risultato finale. Nel luglio del 1923 Tina ed Edward si vestono con quanto di più convenzionale trovano nel guardaroba e vanno nello studio del primo fotografo che incontrano per strada. Vogliono commemorare il loro ”matrimonio” . Sullo sfondo un telone evoca l’interno di una chiesa, posano con l’espressione seria, di circostanza, lui seduta e con una Bibbia appoggiata sulle ginocchia, lei in piedi, una mano sulla spalla dello sposo, un mazzo di rose nell’altra • Il 1924 è l’anno della prima mostra di Tina. Espone le sue foto in una collettiva nel Palacio de Mineria. Inizia a lavorare su commissione, ma l’interesse per i problemi sociali diventa passione politica. Il Messico subisce l’influenza degli Stati Uniti (il colonialismo della Dottrina Monroe) e i rivoluzionari guardano a Mosca con speranza. In lei crescono i dubbi sul rapporto tra arte e impegno militante. Conosce Vladimir Majakovskij, frequenta Diego Rivera, che è iscritto al partito comunista messicano, e Xavier Guerrero, pittore messicano conosciuto negli Stati Uniti • Weston la ritrae spesso, anche in alcuni nudi: sempre adagiata sul pavimento, gli occhi chiusi, il corpo arcuato che sembra sfiorare appena il terreno. Eseguiti sulla terrazza e in pieno giorno, quei ritratti trasmettono una sensazione di morbidezza in rilievo, di una pelle che assorbe e riflette il calore del sole • Introducendo un’intervista a Tina in occasione di una mostra sua e di Weston, le cronache locali la descrivono così: « apparsa con una camicia di seta a collo alto e una cravatta disinvoltamente maschile, indossando però una gonna strettissima di taglio nordamericano» • Alla fine del 1926 Edward Weston decide di lasciare il Messico. Lontano dall’ideologia di Tina, il loro rapporto si è mano mano deteriorato. Tina si trasferisce in un minuscolo appartamento nel cuore della metropoli. Trasforma una stanzetta in camera oscura e con la sua Graflex (acquistata vendendo la Korona) fotografa la miseria, la sofferenza, la desolazione, ma esalta anche la rabbia, la protesta organizzata. Mani di operai, di burattini. Le mani per Tina sono l’origine del mondo, creano ogni cosa. Il suo lavoro comincia a varcare il mondo e vengono pubblicate da vari giornali • Diventata l’amante di Xavier Guerrero, nel 1927 si iscrive al Partito Comunista messicano. Manifesta, organizza le iniziative e dedica gran parte del suo tempo alla redazione di El Machete, l’organo ufficiale del partito, traducendo articoli e analisi di politica estera. Tina fotografa ancora, ma anche quest’attività è subordinata alla militanza • Tina però resta nuovamente sola: Guerrero viene richiamato a Mosca e lì resterà. Nel 1927 conosce Vittorio Vidali, di Trieste, un agente operativo della Gpu bloscevica in missione • Una sera del giugno 1928, mentre sta lavorando a El Machete, entra Julio Antonio Mella, giovane rivoluzionario cubano in esilio. Julio ha 27 anni, è alto, atletico, un volto che esprime tutto l’impeto passionale con cui affronta la vita. Carattere impulsivo, irruento. I due si innamorano quella sera stessa • Tinissima, come la chiamava Mella • Vogliono vivere insieme, ma Tina è combattuta. Tutti la considerano ancora la donna di Guerrero. Lo lascerà con una lettera: «amo un altro uomo, lo amo e lui mi ama, e questo amore ha reso possibile ciò che ero convinta non potesse mai accadere, cioè sentire di non amarti più». Ma una sera del 1929, mentre passeggia a braccetto con Tina, Mella viene ferito da due colpi di pistola: il primo lo colpisce al braccio sinistro e penetra nell’intestino; il secondo gli buca un polmone. Muore in ospedale poche ore dopo. La polizia la accuserà inizialmente dell’omicidio, i giornali scandalistici frugheranno nelle sua vita • «Abbiamo preso visione di due fotografie che sono una vera rivelazione: la prima di Julio Antonio Mella, la seconda di Tina Modotti, la sua amante. Entrambe rappresentano questi individui completamente nudi, in una posa indecorosa che sarebbe plausibile se si trattasse di persone svergognate e ruffianesche, non certo di un "apostolo del comunismo", di un "redentore del popolo", e della sua ninfa Egeria, guida, ispiratrice e musa del "fulgore rivoluzionario". E questo dato - solo questo - basterebbe, tra persone decenti, a privare Mella degli onori postumi e a relegare la sua concubina alla categoria delle specie femminili che vendono l’amore e affittano il proprio corpo» (L’Excelsior, gennaio del 1929, qualche giorno dopo l’assassinio di Juan Antonio Mella) • La militanza diventa per Tina l’unico rifugio in grado di proteggerla da dubbi e lacerazioni • Il 3 ottobre del 1929 si inaugura nelle sale della Biblioteca nazionale un’esposizione interamente dedicata alla sua opera, la prima dopo le tante collettive dove Weston era la principale attrazione artistica. «Se le mie fotografie si differenziano da quelle generalmente prodotte, si deve al fatto che io cerco di realizzare non dell’arte, ma soltanto buone fotografie, senza ricorrere a manipolazioni o artefizi di sorta, mentre la maggior parte dei fotografi continua a cercare ”effetti artistici” o imita gli strumenti che appartengono all’espressione grafica» (Tina in un’introduzione alla conferenza di David Alfaro Siqueiros sulla sua mostra) • Una delle fotografie destinate a diventare forse la più celebre è quella che ritrae la macchina da scrivere di Julio Antonio Mella. Nell’angolo superiore destro, si possono leggere dei frammenti di frasi sul foglio inserito nel rullo, che inducono a pensare a un saggio di ispirazione artistica. La stessa citazione viene fatta stampare da Tina sul manifesto che annuncia la sua mostra. Ma quando dovrà spedirne una copia per la pubblicazione su Mexican Folkways, Tina cancellerà accuratamente l’intera frase. Mella stava scrivendo un passo tratto da un’opera di Trotzkij sul rapporto tra arte e tecnica moderna • Nel 1930 Tina viene accusata di aver partecipato all’attentato a Ortiz Rubio, neo presidente del Messico, ed espulsa. Neanche gli Stati Uniti la vogliono, e viene spedita a Rotterdam. I giornali olandesi la seguono in tutti gli scali per vedere «la rivoluzionaria di impressionante bellezza». Il governo le accorda il permesso di scendere a terra dopo giorni di attese e vicissitudini burocratiche a patto che esca dal paese il giorno stesso. A Udine i documenti ufficiali la segnalano come «comunista da fermare» • Con lei, in questo lungo viaggio, c’è Vittorio Vidali. lui che riesce a farla entrare a Berlino. Le propone di seguirlo a Mosca. Inizialmente rifiuta, ma poi decide di partire. Tina lascia Berlino, e la fotografia, per sempre • A Mosca vive con Vidali. Viene assegnata all’Ufficio estero del Soccorso Rosso, poi promossa al Settore Stampa e Propaganda. Traduce articoli da giornali stranieri e ne cura l’archivio, ma scrive anche relazioni e appelli, viene mandata nelle fabbriche a tenere conferenze sulla repressione nei paesi europei e latinoamericani. Fra il 1932 e il 33 si espone a pericolose missioni in Polonia, Ungheria, Romania, svolgendo incarichi per il Soccorso Rosso. Sarà controllata, come Vidali, dal Comintern. Nauseata dal clima che si respira a Mosca, nel pieno delle epurazioni staliniste, decide di partire in missione con Vidali nella Spagna dilaniata dalla guerra civile. il 1936. Resterà a combattere fino al 1939 • In Spagna combatte con il nome di Maria, scelto perché le ricordava l’usanza spagnola di chiamare così le bambine abbandonate e le piccole vagabonde di strada • Torna a Città del Messico nel 1939. Muore lì, il 5 gennaio del 1942, dopo una cena a casa dell’architetto Hannes Meyer: un attacco cardiaco la stronca mentre è sul taxi che la sta riportando a casa. Rivera accusa Vidali di averla uccisa, altri fanno notare le circostanze sospette della morte (molti comunisti epurati erano morti proprio così) • «Sul gioiello del tuo corpo addormentato / ancora protende la penna e l’anima insanguinata / come se tu potessi, sorella, risollevarti / e sorridere sopra il fango» (Pablo Neruda, indignato per le polemiche sulla morte di Tina Modotti, qualche giorno dopo i suoi funerali)