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 2010  marzo 13 Sabato calendario

LAMBRUSCO E TRADIZIONI CONTRO I NUOVI MORGAN


Vi meritate Morgan se non vi piace Ligabue. Ho disdegnato anch’io il cantautore di Correggio, lo trovavo troppo villico e troppo villoso e ovviamente troppo comunista. Con quegli stivali da cow-boy emiliano, con quella camicia tamarra spalancata sul petto, per non parlare delle schitarrate copiate dagli U2, dei testi sudaticci e springsteeniani.
Negli anni Novanta, la sua età dell’oro, lo guardavo musicalmente molto dall’alto in basso: le mie orecchie snob, ultraselettive, si concedevano solo alle parole del divino Battisti panelliano e alla rarefatta chitarra di Bill Frisell. Se mi capitava di ascoltarlo per sbaglio, me lo scrollavo subito di dosso, come se bastasse un breve contatto radiofonico per cominciare a puzzare di stalla, di birreria o di altro («Non va più via l’odore del sesso/ che hai addosso» cantava con voce insopportabilmente ormonale).
Insomma un perfetto esemplare da festival dell’Unità, da evitare con cura. Poi non so come nel 2002 mi convinsi a vedere un suo film, ”Da zero a dieci”, e lo trovai girato benissimo, con talento superiore a quello di tanti artisti che passano dal microfono alla cinepresa armati soltanto di velleità (penso al triste caso di Franco Battiato). Ma soprattutto in quel film elegiaco, girato a Rimini con infinita nostalgia della giovinezza appena perduta, c’era (e c’è ancora se vi procurate il dvd) un personaggio assetato. «Dammi un bicchiere di lambrusco» chiede al barista. «Il lambrusco non ce l’ho, ma abbiamo più di quaranta tipi di birre», risponde quello. «Te la bevi te la birra, io ti ho chiesto del lambro. Perché la birra sì e il lambro no? Si parla italiano qua, si beva italiano...».
Davanti a un simile patriottismo mi sarei alzato dalla poltrona e avrei voluto abbracciare l’attore e anche il regista, se fosse stato possibile. E non c’era ancora Zaia in circolazione, eravamo in pochi fissati a esaltare i vitigni autoctoni come patrimonio culturale e piacere speciale. Intuii un Ligabue conservatore, legato a terra e tradizioni, e andai a riascoltarmi ”Lambrusco & pop corn” dove quel «gira, gira, gira, gira, gira tanto torni qua» mostrava l’avversione per i viaggi e il turismo tipica di tutti i grandi reazionari, da Pascal a GómezDávila. Com’è che non l’avevo capito prima? Accidenti ai pregiudizi! E una comune amica, la bellissima Alicia Lini (produttrice in Correggio) mi confermò l’amore di Luciano per il vino degli avi, al punto da volerlo riprodurre tale e quale nella sua cantina. Chiaro, non sto mica parlando di Beethoven ma nemmeno di Morgan, che l’estasi la preferisce esotica.
Camillo Langone, Libero 13/3/2010