Antonio Selvatici, il Giornale 13/3/2010, pagina 14, 13 marzo 2010
LA LOBBY CHE OSTACOLA L’INCHIESTA SULLA MITRAGLIETTA CHE UCCISE MORO
Inchiesta sul caso Moro e sulla permanenza di terroristi italiani nella Repubblica Ceca (ex Cecoslovacchia): è da tre anni che gli investigatori della Polizia criminale di Praga stanno attendendo risposte dai colleghi italiani. Da quando, mezzo Interpol, la rogatoria internazionale è partita, non si sa più nulla. Non è dato neppure sapere in quale cassetto di quale ufficio giace la richiesta. A oggi l’unica cosa certa è che nessuno ha risposto.
L’argomento dell’inchiesta partita da Praga è di quelli che scottano: l’Ufficio per la documentazione e le indagini dei crimini del comunismo sta indagando sull’omicidio di Aldo Moro, ma non solo. Due sembrano essere i filoni dell’inchiesta che riguardano l’Italia. L’arma utilizzata per ammazzare il presidente della Democrazia Cristiana, una pistola mitragliatrice Skorpion costruita in Cecoslovacchia in una fabbrica a pochi chilometri da Brno, e i campi d’addestramento dove alcuni membri delle Brigate rosse si sarebbero addestrati negli anni Settanta.
Partiamo dalla mitraglietta Skorpion Vz61. una pistola mitragliatrice con un’altissima capacità di tiro, provvista di calcio pieghevole, maneggevole e quindi facilmente trasportabile. L’arma è stata utilizzata il 9 maggio 1978 per crivellare il corpo di Aldo Moro. Non solo. Lo stesso modello d’arma è stato utilizzato dagli uomini delle Brigate rosse per uccidere il senatore democristiano Roberto Ruffilli. Sempre una Skorpion è stata usata sia per ammazzare l’ex sindaco di Firenze Lando Conti che l’economista Ezio Tarantelli. Anche il terrorista Ilich Ramirez Sanchez («Carlos») poteva contare sull’affidabilità dell’arma prodotta in Cecoslovacchia. Insomma, è evidente che il filone investigativo della produzione e distribuzione d’armi ai terroristi è molto interessante.
L’altro argomento scomodo di cui l’Urad («rad dokumentace a vyšetrování zlocinu komunismu» - Ufficio per la documentazione e le indagini dei crimini del comunismo, creato nel 1995 per decisione del ministro dell’Interno cecoslovacco) si sta occupando è la possibilità che un gruppo di brigatisti rossi sia stato addestrato nel campo d’addestramento di Karlovy Vary. Ma non è la prima volta che dagli uffici di Praga parte una richiesta d’investigazione diretta all’Italia: era stata richiesta documentazione riguardante l’attentato di cui fu vittima nel 1975 l’esule e dissidente cecoslovacco, promotore della «Primavera di Praga», Jiri Pelikan. L’informativa e la richiesta tornarono al mittente con un cordiale il «reato è prescritto», ovvero: tenetevi le vostre carte. Un vero peccato perché oggi che gli archivi incominciano a rivelare nomi d’informatori o collaboratori, di cui alcuni al di sopra di ogni sospetto, sapere quali connessioni vi sono state durante gli anni del terrorismo tra Italia e Cecoslovacchia sarebbe stato sicuramente molto interessante. Ma sicuramente anche scomodo. Ed è proprio questo il nocciolo della questione: i segreti dell’Ovest sono custoditi negli archivi dei Paesi dell’Est. Ed è quindi comprensibile che in Italia molti abbiano interesse a zittire o far tenere un basso profilo: verità consolidate non vanno messe in discussione. Non dimentichiamo che a Praga le richieste sono formulate dall’ufficio che indaga sui crimini del comunismo, ufficio evidentemente scomodo.