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 2010  marzo 13 Sabato calendario

SCANDALO A MONACO ALL’EPOCA DI RATZINGER

Lo scandalo pedofilia che da settimane scuote numerose diocesi in Germania e Austria finisce per investire anche Papa Benedetto XVI. Nel 1980, quando Joseph Ratzinger era arcivescovo di Monaco e Frisinga, nella sua arcidiocesi vennero affidati dei compiti religiosi a un prete che era stato già accusato di pedofilia in un’altra città e che di lì a poco abusò nuovamente di alcuni minorenni. La rivelazione arriva dalla bavarese «Süddeutsche Zeitung» ed è stata confermata in un comunicato dall’arcidiocesi di Monaco.
L’allora arcivescovo Ratzinger diede il suo assenso al trasferimento da Essen a Monaco del prete in questione, identificato solo con l’iniziale del suo cognome, H. A Essen il religioso aveva costretto un ragazzino di undici anni a fare sesso orale, scrive la «Süddeutsche Zeitung» citando la dichiarazione giurata resa dalla vittima. Ratzinger avrebbe inoltre acconsentito a che il prete vivesse in una canonica e si sottoponesse a una terapia. La decisione di assegnare al sacerdote la cura delle anime in una parrocchia di Monaco non arrivò tuttavia dall’attuale pontefice, bensì venne presa autonomamente dal vicario generale Gerhard Gruber. «Fu un grave errore e me ne assumo la piena responsabilità», ha spiegato Gruber, che ha anche chiesto scusa alle vittime.
Il prete H. arrivò a Monaco nel gennaio del 1980 e rientrò in servizio già il mese dopo. Nel settembre del 1982 venne trasferito nella vicina Grafing, dove rimase fino all’inizio del 1985. a quel periodo che risalgono le nuove denunce di pedofilia contro di lui. Nel 1986 - quando Joseph Ratzinger aveva già lasciato la guida dell’arcidiocesi da quattro anni - il sacerdote venne condannato a 18 mesi con la condizionale e a una multa di 4 mila marchi. La chiesa bavarese, comunque, non recise i legami con lui: il parroco tornò infatti a lavorare in una comunità locale già nel 1987 ed è ancora oggi attivo.
La notizia è arrivata al termine di una giornata in cui in Germania la pressione politica sulle gerarchie ecclesiastiche aveva raggiunto una nuova dimensione. Wolfgang Thierse, vicepresidente socialdemocratico del Bundestag e membro del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, aveva invitato il Papa a chiedere pubblicamente scusa alle vittime degli abusi. Il ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, insisteva per incontrare a quattr’occhi il presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, e per istituire una tavola rotonda in cui dovrebbe essere discussa anche la questione dei risarcimenti alle vittime.
Intanto, mentre l’arcivescovo di Salisburgo Alois Kothgasser si dice disposto a discutere del celibato, perché «i tempi e la società sono cambiati», e il vescovo ausiliario di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, riflette ad alta voce sull’ipotesi di consentire anche «a persone sposate» di farsi prete, la conferenza episcopale tedesca studia nuove misure anti-pedofilia. La stessa organizzazione dei vescovi, del resto, ammette che le linee guida interne sul comportamento da tenere di fronte ai preti pedofili, approvate nel 2002, sono «equivoche». E studia ora due integrazioni. Nel nuovo testo, che dovrebbe essere presentato in estate, si specificherà anzitutto che, in caso di denunce di abusi, la Chiesa vuole collaborare «sin dall’inizio» con la magistratura. E poi verrà tradotta nero su bianco una pratica seguita già oggi: la Chiesa sollecita il religioso colpevole di abusi ad autodenunciarsi; se non lo fa è lei ad informare la giustizia, a meno che la vittima non chieda il contrario.