Alberto Grimelli, ItaliaOggi 13/3/2010, 13 marzo 2010
ATTENTI, C’ CHI BARA SULL’OLIO D’OLIVA
Spagna, Tunisia e Marocco ci fregano. Spacciano olio lampante per extravergine e riescono a farla franca. La «sola» è per tutti: consumatori, imbottigliatori e industria. Nessuno scampa al trucco del deodorato. In pericolo non è la salute umana, gli oli artefatti sono infatti commestibili; chi rischia grosso è l’olivicoltura italiana, che si trova a competere in un mercato invaso da finti extra vergine a bassissimo prezzo. Se fino a qualche anno fa le più comuni frodi nel mondo dell’olio d’oliva erano la miscelazione di oli di nocciola con olio d’oliva o oli di semi colorati con clorofilla spacciati per extra vergine, oggi la minaccia, come detto, si chiama deodorato. Oli d’oliva di pessima qualità, spesso provenienti dalla Penisola Iberica e dal Nord Africa, vengono scaldati a temperature molto elevate e passati in correnti di vapore per togliere loro aromi sgradevoli, così da poter essere venduti come extra vergini. Il business è presto fatto. Si acquista olio lampante a prezzi molto bassi, lo si deodora e si fanno utili rivendendolo come extravergine d’oliva. Il sospetto, come rilevato nel corso del talk show sulle frodi e sofisticazioni nel mondo dell’olio d’oliva durante la manifestazione triestina Olio Capitale, è che la maggior parte degli oli «primo prezzo» o in offerta promozionale che troviamo sugli scaffali dei supermercati siano costruiti a partire da olio deodorato. Un allarme e una denuncia che scaturiscono da una ricerca del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Bologna diretto dal Giovanni Lercker che ha bocciato il 70% dei campioni di oli extravergini acquistati nei supermercati e negli hard-discount tra le bottiglie proposte al minor prezzo (2,5/3,0 /l). Il vero problema è che, ad oggi, le autorità di controllo, per l’Italia i Nas e l’Icq, non hanno a disposizione un metodo di analisi ufficiale per identificare la presenza di oli deodorati spacciati per extravergini. «Per validare un metodo d’analisi occorrono tempi lunghi», ci dice Lanfranco Conte, docente di chimica degli alimenti presso l’Università di Udine nonché membro delle commissioni tecniche sugli oli e grassi presso il Mipaaf e il Consiglio oleicolo internazionale, «perché prima di presentarli nelle sedi internazionali occorre che superino l’esame dei gruppi di lavoro nazionali». Un metodo per scoprire gli oli deodorati però esiste e sta per essere varato proprio dal Consiglio oleicolo internazionale, per poi passare all’esame dell’Unione europea. L’analisi degli alchil esteri, che ha fatto la sua comparsa nel 2008 ad opera di Carlo Mariani della Stazione sperimentale oli e grassi di Milano permette di individuare gli oli deodorati per la presenza di questi composti che si ritrovano in misura notevolmente superiore negli oli lampanti rispetto agli oli extra vergini di oliva. «Il metodo è stato oramai validato a livello internazionale», ci conferma Lanfranco Conte , «anche se i ricercatori italiani e spagnoli si sono trovati in disaccordo sui valori soglia di questi composti. In questa fase abbiamo preferito accettare i più ampi limiti proposti dai colleghi iberici perché fosse comunque varato il metodo per l’individuazione dei deodorati. Entro qualche anno speriamo di poterli rendere più restrittivi». Finché non esiste un metodo ufficiale di analisi non è possibile contestare, da parte delle autorità di vigilanza e controllo, la presenza di oli deodorati. Una volta che sarà possibile contestare la presenza di oli deodorati la questione diventa legale. «La legge comunitaria dice che l’olio extravergine d’oliva può essere ottenuto mediante processi fisici che non comportano alterazioni all’olio», afferma Giovanni Lerker, «i procedimenti di deodorazione che conosciamo si avvalgono di processi fisici». Non è dunque sufficiente aver scovato il metodo. Se l’Unione europea non chiarisce che la deodorazione è un’attività illegale ci attendono probabilmente anni di battaglie nelle aule di tribunale. Nel mentre, come già accaduto negli anni 1960 per la miscelazione dell’extravergine con l’olio di cartamo, negli anni 1980 con l’olio di nocciola, i tecnici e i chimici inventeranno nuovi sistemi truffaldini che le autorità saranno in grado di bloccare solo a distanza di qualche anno.