Andrea Brenta, ItaliaOggi 13/3/2010, 13 marzo 2010
OGNI MINUTO UNA MORTE PER PARTO
Circa 530 mila decessi all’anno, la metà dei quali nell’Africa subsahariana e un terzo nell’Asia meridionale. In pratica, ogni minuto una donna nel mondo muore a causa di complicazioni legate alla gravidanza e al parto. Un vero e proprio bollettino di guerra. Oltre che un numero ben lontano dall’obiettivo dell’Onu, che nel 2000 si era impegnata a «ridurre di tre quarti il tasso di mortalità materna» su tutto il pianeta entro il 2015 e a «rendere universale l’accesso alla medicina procreativa».
La pianificazione familiare, che potrebbe influire direttamente sul tasso di mortalità materna, è ancora un miraggio in gran parte dei paesi in via di sviluppo. Nell’Africa subsahariana, secondo le stime, il 20% delle donne che ne vorrebbero fare richiesta non hanno accesso alla contraccezione. Secondo uno studio del ministero della cooperazione britannico, «il 32% dei decessi materni potrebbe essere evitato grazie all’accesso a moderni mezzi di contraccezione», impedendo per esempio gravidanze troppo precoci o ravvicinate e contribuendo a ridurre il numero di aborti clandestini, all’origine del 13% dei decessi materni.
«Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità e la Banca mondiale occorrerebbe sbloccare 36 miliardi di dollari (oltre 26 miliardi di euro) per raggiungere gli obiettivi in materia di salute materna, mentre gli aiuti internazionali, pubblici e privati, a malapena raggiungono i 20 miliardi di dollari», spiegano da Oxfam France, che proprio ieri, insieme ad Action for global health e ad altre organizzazioni, ha lanciato una campagna «contro la mancata assistenza alle madri in pericolo».
Una situazione frutto di remore di ordine morale e politico. L’amministrazione Obama ha stanziato 12 milioni di dollari per promuovere la contraccezione in Africa e Asia, mentre con il governo Bush erano proibiti i finanziamenti alle organizzazioni che praticano o facilitano l’interruzione di gravidanza. E oggi anche il governo canadese di Stephen Harper mantiene una linea conservatrice in materia.
In Niger, dove il tasso di fecondità è il più alto al mondo (7,1 figli per donna) e dove il 60% delle donne ha un figlio prima dei 19 anni, l’approccio alla contraccezione non avviene dal punto di vista della limitazione delle nascite, un concetto vietato dall’Islam, ma da quello della distanziazione delle nascite stesse. Qui la gratuità delle cure alle donne incinte e l’accesso alla contraccezione, deciso dal governo, con il sostegno degli iman, ha permesso di ottenere risultati tangibili: il tasso di prevalenza della contraccezione è passato dall’8 al 14%.
Un risultato leggermente migliore della media dell’Africa nera, dove il tasso di accesso alla contraccezione si situa tra il 5 e il 10%, ben lontano da quello di Asia e America latina, che oscilla tra il 60 e il 90%.
Secondo il demografo Jean-Pierre Guegan (Ird), «una crescita tra il 2,5 e il 3% del tasso di fecondità, caso che oggi riguarda una quindicina di paesi dell’Africa subsahariana, è insostenibile e condanna il continente agli aiuti esterni».